Thread Alitalia - Aprile 2018


Stato
Discussione chiusa ad ulteriori risposte.
Altra domanda, magari anche banale e riguarda la livrea. Cosa c’è in programma? Riprendere i lavori e andare sul sabbia attuale, riportare tutto alla precedente, o lasciare metà e metà come adesso?

Direi una gran soluzione quella di tornare indierro riportando tutti al vecchio...ma ancor di più di lasciare metá e metâ! ....Ma dai...spero si stia scherzando!?
 
“Abbiamo consegnato un concept paper, è importante sottolineare che non è un’offerta è un concept paper di un’Alitalia molto diversa..”


Qualcuno mi spiega questo passaggio?
Mi pare di ricordare che entro il 10 Aprile andassero depositate le offerte, non dei “wannabes” su come dovrebbe essere la compagnia.
 
Direi una gran soluzione quella di tornare indierro riportando tutti al vecchio...ma ancor di più di lasciare metá e metâ! ....Ma dai...spero si stia scherzando!

Tu ridi, ma intanto col logo quello hanno fatto. A parte il font rimasto invariato, a FCO hanno cambiato tutte le insegne per levare quelle col triangolo EAP e sono tornate verde ramarro pastello come i tempi che furono, alla faccia del mantra “siamo in AS e non si possono spendere soldi”. Per cambio le insegne alle palazzine uffici si però. Per gli uffici soldi ce ne sono sempre
 
ECONOMIA E FINANZA
ALITALIA/ Il grande enigma di un'azienda in crisi in un mercato in pieno boom
Ugo Arrigo
È ormai trascorso un anno da quando Alitalia è entrata in gestione commissariale. Eppure continuano a mancare numeri importanti per capirne il reale stato di salute, dice UGO ARRIGO
ALITALIA/ Il grande enigma di un'azienda in crisi in un mercato in pieno boom Alitalia, Lapresse

Pubblicazione: venerdì 27 aprile 2018
Novecento milioni di euro di prestito ponte, zero idee su come uscire dall'impasse della crisi di Alitalia e zero trasparenza sulla procedura in corso. Questa è la sintesi di un anno di gestione commissariale a indirizzo governativo dell'azienda. Esattamente un anno fa, il 24 aprile 2017, oltre due terzi dei dipendenti di Alitalia votarono contro l'accordo sottoscritto dai sindacati principali e una settimana dopo gli amministratori dell'azienda "nazionalizzarono" la stessa consegnando le chiavi di Alitalia al governo attraverso la richiesta, immediatamente approvata, di amministrazione straordinaria.

Fecero bene i lavoratori a dire no, nonostante tutte le pressioni in senso contrario, veicolate unanimemente dagli organi di stampa ufficiali. A quella data nessuno disponeva, non perché fossero segreti, ma in quanto nessuno li aveva ancora elaborati, di dati comparativi sul peso del costo del lavoro nei bilanci delle compagnie aeree e sulle remunerazioni medie dei dipendenti, tuttavia i lavoratori di Alitalia erano ben consapevoli di non essere loro il problema dell'azienda. Infatti, nell'ultimo bilancio ufficiale al momento disponibile, quello dell'esercizio 2015, il costo del lavoro risultava pesare ormai solo per un sesto dei costi operativi totali di Alitalia, dopo una lunga serie di ridimensionamenti adottati nel tempo in piani di sedicente "ristrutturazione" aziendale. Si trattava di un valore percentuale che non era mai stato così basso nella storia settantennale del vettore.


Poche settimane dopo il commissariamento, il 28 maggio 2017, abbiamo proposto ai lettori del Sussidiario un'analisi comparativa del costo del lavoro tra le maggiori aziende europee di trasporto aereo, sia tradizionali che low cost. Da essa emergeva che:

1) Il costo del lavoro medio pro capite di Alitalia è ai livelli più bassi tra tutti i vettori esaminati, dato che solo in Ryanair e Iberia (e Tap, in quell'occasione non considerata) risulta inferiore;


2) Tuttavia se al posto del costo del lavoro si considerano le retribuzioni medie lorde, allora anche Ryanair, beneficiata dai bassi prelievi contributivi dell'Irlanda, sale sopra Alitalia. Pertanto solo Iberia e Tap hanno valori di retribuzione media più bassi. Questo fatto potrebbe tuttavia dipendere dal numeroso personale che entrambi i vettori hanno nei paesi del Sud America (Brasile per Tap e restanti maggiori per Iberia). Infatti Vueling, vettore spagnolo low cost appartenente allo stesso gruppo Iag di Iberia ma operante solo in Europa, è sopra Alitalia per retribuzione media lorda dei dipendenti.

Bisogna inoltra ricordare che i precedenti sacrifici dei lavoratori, sopportati in particolare nel 2009 e nel 2015, non sono serviti a migliorare il conto economico dell'azienda, bensì a finanziare l'aumento di altre voci di costo. Per ogni 100 euro di risparmi realizzati dal 2015 sul personale ne sono stati spesi più di 100 aggiuntivi solo per maggiori costi della flotta e tra i 200 e i 300 se si considerano tutte le voci di costo diverse dal personale.

Con l'avvio della gestione commissariale, il governo ha deliberato la concessione di un prestito ponte di 600 milioni di euro, sostenendo di fronte all'Unione europea che non si trattava di un aiuto di Stato, potenzialmente incompatibile con le norme comunitarie, bensì di un'operazione a tassi di "mercato". Successivamente il prestito è stato accresciuto a 900 milioni e la sua restituzione è stata prorogata nel tempo. Ora l'Unione europea ha aperto, su sollecitazione non certo disinteressata di operatori concorrenti quali la stessa Lufthansa e Ryanair, un'indagine tendente ad accertare la sussistenza di aiuto di Stato non compatibile col diritto comunitario, non riconoscendosi in conseguenza nell'interpretazione, che sembrava fosse stata accolta, data in origine dal governo italiano. Sul cambio di orientamento della Commissione sembrano aver pesato l'allungamento del prestito ben oltre i sei mesi originariamente previsti e l'incongruità dell'importo, aggravata dal suo incremento nel tempo. Sulla questione ci esprimemmo, in senso ostinato e contrario, in un articolo del Sussidiario del 7 maggio 2017, dunque in tempi non sospetti:

Il "'prestito ponte' … prestito in realtà non è bensì sovvenzione, dato che andrà inevitabilmente perduto nella prossima gestione commissariale. Come tale è anche un aiuto di Stato e sarebbe stato corretto avviare la procedura di autorizzazione presso la Commissione Europea. Molti sostengono l'inopportunità di mettere altri soldi pubblici in Alitalia, tuttavia l'alternativa non è dare altri soldi del contribuente ad Alitalia o non farlo, bensì metterli in Alitalia o fuori da Alitalia, per sostenere necessariamente i dipendenti che perdono il lavoro a seguito della crisi aziendale. L'obiettivo corretto deve essere pertanto di minimizzare l'esborso pubblico e di renderlo il più efficace possibile, ben sapendo che esso non è recuperabile. Al momento attuale è tuttavia ragionevole mettere soldi per garantire la continuità dei voli e dar tempo ai commissari di metter mano ai conti aziendali. Se Alitalia non smette di volare la speranza è di trovare un nuovo compratore che si comprerebbe, assieme ai pochi aerei di proprietà, soprattutto gli slot aeroportuali che Alitalia usa e i passeggeri che essa trasporta. Se invece Alitalia smette di volare gli slot decadono e altri vettori si prendono gratuitamente tanto gli slot quanto i passeggeri mentre ai creditori dell'azienda resta solo un enorme passivo patrimoniale. (…) Garantiti i fondi necessari per continuare a volare stupisce tuttavia l'elevato tasso 'di mercato' al quale sono stati concessi, prossimo al 10% annuo. Che si tratti di un'erogazione 'di mercato' è un falso clamoroso dato che nessun soggetto di mercato presterebbe a nessun tasso soldi a un'azienda insolvente. Così come è un falso clamoroso sostenere che l'azienda sarà in grado di restituire il prestito e di pagarci sopra interessi così elevati. Era molto meglio allora richiedere l'autorizzazione comunitaria a un aiuto di Stato, giustificato dalle esigenze di continuità del servizio pubblico nazionale, e applicarvi un tasso agevolato, considerando che comunque il Tesoro è in grado di finanziarsi a breve termine a tassi prossimi allo zero".

Mi sembra che il tempo e gli eventi abbiano dato ragione a questa posizione. Ma i commissari straordinari hanno almeno usato il tempo così guadagnato, pari ormai a un anno, per "mettere mano ai conti aziendali"? Purtroppo non si sa. Sicuramente lo hanno fatto ancora una volta sul costo del lavoro, dato che la messa in cassa integrazione per un numero equivalente a oltre 1.600 dipendenti a tempo pieno comporta un risparmio per i conti aziendali, e un equivalente maggior esborso per i conti pubblici, per almeno 80 milioni di euro all'anno. Ma su tutte le altre, e queste davvero esuberanti, voci di costo?

Purtroppo dall'inizio della gestione commissariale non è uscito un dato ufficiale che sia uno. Gli ultimi dati attendibili sul vettore risalgono infatti al bilancio del 2015, pubblicato nella primavera dell'anno seguente. In seguito non è più uscito alcun numero. Il bilancio 2016, che avrebbe dovuto fotografare la crisi dell'azienda e identificarne le cause, non è stato presentato come previsto dalle norme ad aprile 2017, né allegato alla domanda di amministrazione straordinaria del 2 maggio 2017, come richiesto dalla legge Marzano. Pertanto si può ben dire che Alitalia sia stata la prima impresa di cui si ha notizia a portare i libri in tribunale senza tuttavia portarli.

Nel frattempo è trascorso l'anno 2017 e tutto il primo trimestre del 2018 e tra pochi giorni sarà passato un anno dal commissariamento. Com'è andata Alitalia negli ultimi nove trimestri? Quanto ha prodotto, quanto ha speso, quanto ha incassato e quanto ha perso? E per quali ragioni ha perso? Perché l'azienda è andata così male in un periodo estremamente favorevole per il mercato aereo e per tutti i restanti vettori? Nessuno lo sa anche perché i pochi che eventualmente lo sanno non lo dicono. I commissari hanno da poco pubblicato la loro “Relazione sulle cause d’insolvenza”, ma le cause non sono riportate, non almeno nelle 112 delle presumibilmente circa 400 pagine totali che non sono state oscurate dagli omissis. Si spera che siano almeno indicate nell'arco delle restanti 300. Altrettanto dicasi, in relazione sia alle cause che ai numeri della gestione, riguardo alla parte non censurata della relazione gemella, il “Programma dei commissari”. Almeno i numeri avrebbero dovuto essere riportati periodicamente nelle "Relazioni trimestrali" dei commissari, ma alla data attuale, nonostante i trimestri già trascorsi siano tra pochi giorni quattro, la pagina del sito dei commissari che dovrebbe contenerle permane una schermata immacolata.

Il mistero resta fitto e per descriverlo bisogna prendere a prestito una famosa affermazione di W. Churchill: "È un rebus avvolto in un mistero all'interno di un enigma". Non è l'unico, ve ne è un altro ancora più rilevante. Il mercato del trasporto aereo cresce da anni a tassi di sviluppo dell'economia cinese. Ma le fonti ufficiali, governo uscente in primo luogo, sostengono che Alitalia sia irrimediabilmente perduta, che vada drasticamente ridimensionata e che le casse pubbliche debbano farsi carico della protezione di migliaia di esuberi. Qualcuno può portarmi almeno un esempio di azienda di grandi dimensioni con esuberi, operante tuttavia in mercati che crescono del 7-8% all'anno per parecchi anni consecutivi? Se il mercato cresce così tanto non vi possono essere esuberi, tutt'al più prese per i fondelli.
 
Tu ridi, ma intanto col logo quello hanno fatto. A parte il font rimasto invariato, a FCO hanno cambiato tutte le insegne per levare quelle col triangolo EAP e sono tornate verde ramarro pastello come i tempi che furono, alla faccia del mantra “siamo in AS e non si possono spendere soldi”. Per cambio le insegne alle palazzine uffici si però. Per gli uffici soldi ce ne sono sempre

Hanno trovato i soldi anche per le case Alitalia ??
 
Tu ridi, ma intanto col logo quello hanno fatto. A parte il font rimasto invariato, a FCO hanno cambiato tutte le insegne per levare quelle col triangolo EAP e sono tornate verde ramarro pastello come i tempi che furono, alla faccia del mantra “siamo in AS e non si possono spendere soldi”. Per cambio le insegne alle palazzine uffici si però. Per gli uffici soldi ce ne sono sempre
Se finisce la partnership il logo lo devi togliere, non è opzionale.
 
Se finisce la partnership il logo lo devi togliere, non è opzionale.

Allo stesso modo dovrebbero anche modificare il messaggio registrato quando chiami il call center ... Alitalia risulta ancora EAP.
Inoltre se scegli l'opzione Customer Service Mllemiglia, il calendario sembra essersi fermato al primo trimestre, dal momento che si fa ancora riferimento ai 4 voli prenotati ed effettuati fra il 1° gennaio 2018 e il 31 marzo 2018 per non perdere le miglia del programma scaduto il 31 dicembre 2017.
 
Coprire semplicemente il logo EAP era troppo economico?

Anche perché sui loghi in apt o a contatto col pubblico posso capirlo, ma in area tecnica AZ dove girano solo dipendenti anche chissenefrega, non vedo come possa essere una priorità visti i tempi.
 
Alitalia, gli sprechi non finiscono mai: 2 milioni di euro di divise finiranno nella pattumiera

L’azienda in amministrazione straordinaria ha rifatto le divise dopo soli 18 mesi. Ora restano oltre 2 milioni di magazzino. Di cui 1 milione della Egv1, l’azienda produttrice che così ha visto andare in fumo i suoi investimenti
di Lidia Baratta

28 Aprile 2018 - 07:45

Scatole su scatole, accatastate una sull’altra. E dentro gonne, giacche, collant, foulard, camicie, guanti, berretti e pantaloni delle (ormai ex) divise rosse e verdi di Alitalia, quelle tanto criticate scelte dagli emiri di Etihad. Capi per un valore di oltre 1 milione di euro, ammassati nel magazzino della Egv1, l’azienda di Gallarate, nel varesotto, a cui era stata appaltata la produzione. E altrettanti capi si trovano nell’hub romano della ex compagnia di bandiera. «Per un totale di circa 2,2 milioni di euro in diviseche, con molta probabilità, finiranno nella pattumiera», spiega Valerio Fumagalli, amministratore delegato della Egv1. Visto che Alitalia, in pieno commissariamento, con i lavoratori in cassa integrazione straordinaria (quella pagata dai contribuenti, per intenderci) e un prestito statale da 900 milioni, nel novembre 2017 – a soli 18 mesi dal precedente restyling – ha deciso di cambiare ancora le divise per i suoi 7mila dipendenti. Un total look nuovo di zecca disegnato da Alberta Ferretti, per un costo che ai aggira intorno ai 6-7 milioni di euro. Il tutto avvenuto stralciando il contratto con la Egv1, che ora si ritrova 1 milione di investimenti andati in fumo e 15 dipendenti che, con una perdita del genere, rischiano di restare a casa.
L’azienda a pochi passi dall’aeroporto di Malpensa, con un fatturato di 7-8milioni, da vent’anni confeziona divise per le aziende. Uffici e sale riunioni sono affollate di prototipi di uniformi di hostess e steward e divise sportive. La commessa di Alitalia arriva a febbraio 2016. Valore totale: 15 milioni di euro per circa 220mila capi, e una durata di cinque anni (fino al 2021). A una condizione: che l’azienda mantenga sempre un magazzino da 1 milione di euro circa, per sostituire anche di fretta i capi usurati e sgualciti di chi sale e scende dagli aerei (esiste una durata prevista per ogni capo: le camicie, ad esempio, hanno per contratto una vita di 2-3 mesi). Cosa che Fumagalli ha garantito, fornendo anche delle macchinette distributrici di collant per le hostess che ne abbiano bisogno all’ultimo momento. Alla scadenza del contratto, l’azienda avrebbe assorbito il magazzino restante della Egv1. Tutto firmato e sottoscritto. «In azienda sono passati tutti i dipendenti di Alitalia con base a Milano per provare le taglie delle divise. Parliamo di circa 2mila persone», racconta Fumagalli.
Fino alla primavera del 2017, un anno fa. Il 24 aprile i lavoratori di Alitalia respingono con unreferendum il pre-accordo sul nuovo piano industriale (che prevedeva un investimento di 2 miliardi di euro), l’azienda presenta istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e nello stesso giorno (2 maggio) in tempi record arriva il decreto legge che concede il prestito ponte pubblico e nomina i tre commissari. Soltanto l’11 maggio il Tribunale di Civitavecchia dichiarerà poi ufficialmente lo stato di insolvenza della compagnia.
A questo punto tutti gli impegni con i fornitori svaniscono nel nulla. Dalle fatture ai contratti, quello che è precedente all’istanza fallimentare viene congelato, a discrezione dei commissari. I fornitori, dalla pulizia al catering, restano così scoperti per un totale di 1,4 miliardi di euro. Alla Egv1 rimane una fattura non pagata da 247mila euro. Ma l’azienda di Gallarate all’inizio viene “salvata” dai commissari. «A metà maggio del 2017 ci hanno confermato il contratto alle stesse condizioni, senza richiesta di sconti. E così abbiamo continuato a produrre», racconta Fumagalli, che tira un sospiro di sollievo e prosegue con l’emissione delle fatture. Nel 2017 da Alitalia arrivano ordini per 850mila euro. Di cui quasi il 70% di produzione ex novo.
Nel frattempo, la Alitalia commissariata, per venire incontro alle richieste del personale, a maggio 2017 prende anche un’altra decisione “campale”: le hostess devono cambiare il colore delle calze per la stagione estiva, da verdi e bordeaux a color “daino”. Dalla Egv1 si adattano subito e rinnovano il parco collant. Costo: 43.961 euro. Tutto, è bene ricordarlo, mentre l’azienda – come documentato da Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano – perdeva e perde 2 milioni di euro al giorno. Mentre i contribuenti italiani pagano la cassa integrazione per i suoi dipendenti.
Passa qualche mese e a novembre 2017 Alitalia comunica che i dipendenti vestiranno una nuova divisa firmata Ferretti. A Gallarate lo apprendono da un comunicat stampa. La scelta, si legge nel comunicato, «è stata presa anche per venire incontro alle numerose richieste provenienti dal personale operativo, con il proposito di migliorare il benessere e la qualità del lavoro di chi le indossa tutti i giorni». Le divise rosse e verdi firmate da Ettore Bilotta erano state più volte criticate dai dipendenti perché troppo scomode e calde. «Bastava anche solo sistemare qualcosa, allegerire i tessuti», spiega Fumagalli. «E invece un’azienda fallimentare sceglie di spendere altri 6,5 milioni per una nuova divisa dopo che erano passati solo 18 mesi dall’introduzione dell’ultima».
Il 29 gennaio 2018 si fa la nuova gara. La Egv1 viene invitata, prepara i prototipi in meno di un mese. Si fanno incontri a Roma, ne fissano altri con la stilista, che però saltano. Non si sa nulla per un po’ di tempo. Fino al 22 marzo scorso, quando tramite posta certificata arriva da Alitalia la disdetta del contratto con la Egv1. E a seguire un’altra lettera in cui si dice che la gara per produrre le nuove divise non è stata vinta dall’azienda di Gallarate. «E ora cosa ne faccio del magazzino con le vecchie divise?», si chiede Fumagalli. «Così come è scritto nel contratto, loro dovrebbero acquistare tutto quello che resta. Parliamo di 1 milione di euro di merce. Qui giù io ho vent’anni d’azienda, ci pago le tasse su quella roba lì. Non sono giacche qualsiasi che vendi a chi vuoi: cosa ci posso fare? Ho chiesto più volte delucidazioni all’azienda, senza ricevere risposta. Tutti fanno i ragionamenti sui dipendenti di Alitalia, ma quante aziende dell’indotto hanno chiuso in questi anni a causa degli ultimi due fallimenti della compagnia?».
Dalla Egv1 intenteranno di certo una causa, assicurano i legali. Le nuove divise Alitalia sarebbero dovute arrivare negli armadi dei dipendenti entro l’estate. L’accordo per il nuovo look in effetti pare rientrasse nei negoziati con Lufthansa. Ma poi non si è concluso nulla. E senza un governo a Roma, è tutto rinviato: chiesta la proroga della cassa integrazione e anche della restituzione del prestito ponte. Con i costi pubblici del commissariamento che continuano a lievitare. Nel frattempo, però, la stessa azienda in crisi sta anche pensando al rifacimento delle lounge con le poltrone blu firmate Frau. Tanto da fare ipotizzare che un tocco di blu ci sarà anche nelle nuove uniformi del personale.
Se tutto va bene, le nuove divise da 6,5 milioni di euro dovrebbero arrivare in autunno. Per andare avanti nei prossimi mesi estivi, i dipendenti di Alitalia adatteranno le taglie rimaste nel loro magazzino, quello da 1 milione di euro detsinato a essere carta straccia. Se quindi quest’estate vedrete uno steward con una giacca troppo larga o troppo stretta, ora sapete perché.

http://www.linkiesta.it/it/article/2018/04/28/alitalia-gli-sprechi-non-finiscono-mai-2-milioni-di-euro-di-divise-fin/37900/




 
Alitalia, gli sprechi non finiscono mai: 2 milioni di euro di divise finiranno nella pattumiera

L’azienda in amministrazione straordinaria ha rifatto le divise dopo soli 18 mesi. Ora restano oltre 2 milioni di magazzino. Di cui 1 milione della Egv1, l’azienda produttrice che così ha visto andare in fumo i suoi investimenti
di Lidia Baratta



Facile che sia tutto 'costo zero', come si diceva ai tempi della discussione, quando a rimetterci è il fornitore...

Fossi in un fornitore AZ ci penserei ben due volte prima di firmare un altro contratto.
 
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Alitalia, gli sprechi non finiscono mai: 2 milioni di euro di divise finiranno nella pattumiera

L’azienda in amministrazione straordinaria ha rifatto le divise dopo soli 18 mesi. Ora restano oltre 2 milioni di magazzino. Di cui 1 milione della Egv1, l’azienda produttrice che così ha visto andare in fumo i suoi investimenti
di Lidia Baratta

28 Aprile 2018 - 07:45

Scatole su scatole, accatastate una sull’altra. E dentro gonne, giacche, collant, foulard, camicie, guanti, berretti e pantaloni delle (ormai ex) divise rosse e verdi di Alitalia, quelle tanto criticate scelte dagli emiri di Etihad. Capi per un valore di oltre 1 milione di euro, ammassati nel magazzino della Egv1, l’azienda di Gallarate, nel varesotto, a cui era stata appaltata la produzione. E altrettanti capi si trovano nell’hub romano della ex compagnia di bandiera. «Per un totale di circa 2,2 milioni di euro in diviseche, con molta probabilità, finiranno nella pattumiera», spiega Valerio Fumagalli, amministratore delegato della Egv1. Visto che Alitalia, in pieno commissariamento, con i lavoratori in cassa integrazione straordinaria (quella pagata dai contribuenti, per intenderci) e un prestito statale da 900 milioni, nel novembre 2017 – a soli 18 mesi dal precedente restyling – ha deciso di cambiare ancora le divise per i suoi 7mila dipendenti. Un total look nuovo di zecca disegnato da Alberta Ferretti, per un costo che ai aggira intorno ai 6-7 milioni di euro. Il tutto avvenuto stralciando il contratto con la Egv1, che ora si ritrova 1 milione di investimenti andati in fumo e 15 dipendenti che, con una perdita del genere, rischiano di restare a casa.
L’azienda a pochi passi dall’aeroporto di Malpensa, con un fatturato di 7-8milioni, da vent’anni confeziona divise per le aziende. Uffici e sale riunioni sono affollate di prototipi di uniformi di hostess e steward e divise sportive. La commessa di Alitalia arriva a febbraio 2016. Valore totale: 15 milioni di euro per circa 220mila capi, e una durata di cinque anni (fino al 2021). A una condizione: che l’azienda mantenga sempre un magazzino da 1 milione di euro circa, per sostituire anche di fretta i capi usurati e sgualciti di chi sale e scende dagli aerei (esiste una durata prevista per ogni capo: le camicie, ad esempio, hanno per contratto una vita di 2-3 mesi). Cosa che Fumagalli ha garantito, fornendo anche delle macchinette distributrici di collant per le hostess che ne abbiano bisogno all’ultimo momento. Alla scadenza del contratto, l’azienda avrebbe assorbito il magazzino restante della Egv1. Tutto firmato e sottoscritto. «In azienda sono passati tutti i dipendenti di Alitalia con base a Milano per provare le taglie delle divise. Parliamo di circa 2mila persone», racconta Fumagalli.
Fino alla primavera del 2017, un anno fa. Il 24 aprile i lavoratori di Alitalia respingono con unreferendum il pre-accordo sul nuovo piano industriale (che prevedeva un investimento di 2 miliardi di euro), l’azienda presenta istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e nello stesso giorno (2 maggio) in tempi record arriva il decreto legge che concede il prestito ponte pubblico e nomina i tre commissari. Soltanto l’11 maggio il Tribunale di Civitavecchia dichiarerà poi ufficialmente lo stato di insolvenza della compagnia.
A questo punto tutti gli impegni con i fornitori svaniscono nel nulla. Dalle fatture ai contratti, quello che è precedente all’istanza fallimentare viene congelato, a discrezione dei commissari. I fornitori, dalla pulizia al catering, restano così scoperti per un totale di 1,4 miliardi di euro. Alla Egv1 rimane una fattura non pagata da 247mila euro. Ma l’azienda di Gallarate all’inizio viene “salvata” dai commissari. «A metà maggio del 2017 ci hanno confermato il contratto alle stesse condizioni, senza richiesta di sconti. E così abbiamo continuato a produrre», racconta Fumagalli, che tira un sospiro di sollievo e prosegue con l’emissione delle fatture. Nel 2017 da Alitalia arrivano ordini per 850mila euro. Di cui quasi il 70% di produzione ex novo.
Nel frattempo, la Alitalia commissariata, per venire incontro alle richieste del personale, a maggio 2017 prende anche un’altra decisione “campale”: le hostess devono cambiare il colore delle calze per la stagione estiva, da verdi e bordeaux a color “daino”. Dalla Egv1 si adattano subito e rinnovano il parco collant. Costo: 43.961 euro. Tutto, è bene ricordarlo, mentre l’azienda – come documentato da Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano – perdeva e perde 2 milioni di euro al giorno. Mentre i contribuenti italiani pagano la cassa integrazione per i suoi dipendenti.
Passa qualche mese e a novembre 2017 Alitalia comunica che i dipendenti vestiranno una nuova divisa firmata Ferretti. A Gallarate lo apprendono da un comunicat stampa. La scelta, si legge nel comunicato, «è stata presa anche per venire incontro alle numerose richieste provenienti dal personale operativo, con il proposito di migliorare il benessere e la qualità del lavoro di chi le indossa tutti i giorni». Le divise rosse e verdi firmate da Ettore Bilotta erano state più volte criticate dai dipendenti perché troppo scomode e calde. «Bastava anche solo sistemare qualcosa, allegerire i tessuti», spiega Fumagalli. «E invece un’azienda fallimentare sceglie di spendere altri 6,5 milioni per una nuova divisa dopo che erano passati solo 18 mesi dall’introduzione dell’ultima».
Il 29 gennaio 2018 si fa la nuova gara. La Egv1 viene invitata, prepara i prototipi in meno di un mese. Si fanno incontri a Roma, ne fissano altri con la stilista, che però saltano. Non si sa nulla per un po’ di tempo. Fino al 22 marzo scorso, quando tramite posta certificata arriva da Alitalia la disdetta del contratto con la Egv1. E a seguire un’altra lettera in cui si dice che la gara per produrre le nuove divise non è stata vinta dall’azienda di Gallarate. «E ora cosa ne faccio del magazzino con le vecchie divise?», si chiede Fumagalli. «Così come è scritto nel contratto, loro dovrebbero acquistare tutto quello che resta. Parliamo di 1 milione di euro di merce. Qui giù io ho vent’anni d’azienda, ci pago le tasse su quella roba lì. Non sono giacche qualsiasi che vendi a chi vuoi: cosa ci posso fare? Ho chiesto più volte delucidazioni all’azienda, senza ricevere risposta. Tutti fanno i ragionamenti sui dipendenti di Alitalia, ma quante aziende dell’indotto hanno chiuso in questi anni a causa degli ultimi due fallimenti della compagnia?».
Dalla Egv1 intenteranno di certo una causa, assicurano i legali. Le nuove divise Alitalia sarebbero dovute arrivare negli armadi dei dipendenti entro l’estate. L’accordo per il nuovo look in effetti pare rientrasse nei negoziati con Lufthansa. Ma poi non si è concluso nulla. E senza un governo a Roma, è tutto rinviato: chiesta la proroga della cassa integrazione e anche della restituzione del prestito ponte. Con i costi pubblici del commissariamento che continuano a lievitare. Nel frattempo, però, la stessa azienda in crisi sta anche pensando al rifacimento delle lounge con le poltrone blu firmate Frau. Tanto da fare ipotizzare che un tocco di blu ci sarà anche nelle nuove uniformi del personale.
Se tutto va bene, le nuove divise da 6,5 milioni di euro dovrebbero arrivare in autunno. Per andare avanti nei prossimi mesi estivi, i dipendenti di Alitalia adatteranno le taglie rimaste nel loro magazzino, quello da 1 milione di euro detsinato a essere carta straccia. Se quindi quest’estate vedrete uno steward con una giacca troppo larga o troppo stretta, ora sapete perché.

http://www.linkiesta.it/it/article/2018/04/28/alitalia-gli-sprechi-non-finiscono-mai-2-milioni-di-euro-di-divise-fin/37900/




Interessante il passaggio dove attribuirebbe a LH la richiesta di nuove divise...
 
Facile che sia tutto 'costo zero', come si diceva ai tempi della discussione, quando a rimetterci è il fornitore...

Fossi in un fornitore AZ ci penserei ben due volte prima di firmare un altro contratto.
I fallimenti sono sempre così e te lo dice lui stesso che ha partecipato alla gara per la nuova fornitura non vincendola.
 
Interessante il passaggio dove attribuirebbe a LH la richiesta di nuove divise...
Mi sembra fuori dal mondo adottare una nuova divisa come parte di una trattativa.
Ma come abbiamo imparato fin troppo bene, quando si parla di AZ tutto è possibile.
 
Alitalia, gli sprechi non finiscono mai: 2 milioni di euro di divise finiranno nella pattumiera

L’azienda in amministrazione straordinaria ha rifatto le divise dopo soli 18 mesi. Ora restano oltre 2 milioni di magazzino. Di cui 1 milione della Egv1, l’azienda produttrice che così ha visto andare in fumo i suoi investimenti
di Lidia Baratta

28 Aprile 2018 - 07:45

Scatole su scatole, accatastate una sull’altra. E dentro gonne, giacche, collant, foulard, camicie, guanti, berretti e pantaloni delle (ormai ex) divise rosse e verdi di Alitalia, quelle tanto criticate scelte dagli emiri di Etihad. Capi per un valore di oltre 1 milione di euro, ammassati nel magazzino della Egv1, l’azienda di Gallarate, nel varesotto, a cui era stata appaltata la produzione. E altrettanti capi si trovano nell’hub romano della ex compagnia di bandiera. «Per un totale di circa 2,2 milioni di euro in diviseche, con molta probabilità, finiranno nella pattumiera», spiega Valerio Fumagalli, amministratore delegato della Egv1. Visto che Alitalia, in pieno commissariamento, con i lavoratori in cassa integrazione straordinaria (quella pagata dai contribuenti, per intenderci) e un prestito statale da 900 milioni, nel novembre 2017 – a soli 18 mesi dal precedente restyling – ha deciso di cambiare ancora le divise per i suoi 7mila dipendenti. Un total look nuovo di zecca disegnato da Alberta Ferretti, per un costo che ai aggira intorno ai 6-7 milioni di euro. Il tutto avvenuto stralciando il contratto con la Egv1, che ora si ritrova 1 milione di investimenti andati in fumo e 15 dipendenti che, con una perdita del genere, rischiano di restare a casa.
L’azienda a pochi passi dall’aeroporto di Malpensa, con un fatturato di 7-8milioni, da vent’anni confeziona divise per le aziende. Uffici e sale riunioni sono affollate di prototipi di uniformi di hostess e steward e divise sportive. La commessa di Alitalia arriva a febbraio 2016. Valore totale: 15 milioni di euro per circa 220mila capi, e una durata di cinque anni (fino al 2021). A una condizione: che l’azienda mantenga sempre un magazzino da 1 milione di euro circa, per sostituire anche di fretta i capi usurati e sgualciti di chi sale e scende dagli aerei (esiste una durata prevista per ogni capo: le camicie, ad esempio, hanno per contratto una vita di 2-3 mesi). Cosa che Fumagalli ha garantito, fornendo anche delle macchinette distributrici di collant per le hostess che ne abbiano bisogno all’ultimo momento. Alla scadenza del contratto, l’azienda avrebbe assorbito il magazzino restante della Egv1. Tutto firmato e sottoscritto. «In azienda sono passati tutti i dipendenti di Alitalia con base a Milano per provare le taglie delle divise. Parliamo di circa 2mila persone», racconta Fumagalli.
Fino alla primavera del 2017, un anno fa. Il 24 aprile i lavoratori di Alitalia respingono con unreferendum il pre-accordo sul nuovo piano industriale (che prevedeva un investimento di 2 miliardi di euro), l’azienda presenta istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e nello stesso giorno (2 maggio) in tempi record arriva il decreto legge che concede il prestito ponte pubblico e nomina i tre commissari. Soltanto l’11 maggio il Tribunale di Civitavecchia dichiarerà poi ufficialmente lo stato di insolvenza della compagnia.
A questo punto tutti gli impegni con i fornitori svaniscono nel nulla. Dalle fatture ai contratti, quello che è precedente all’istanza fallimentare viene congelato, a discrezione dei commissari. I fornitori, dalla pulizia al catering, restano così scoperti per un totale di 1,4 miliardi di euro. Alla Egv1 rimane una fattura non pagata da 247mila euro. Ma l’azienda di Gallarate all’inizio viene “salvata” dai commissari. «A metà maggio del 2017 ci hanno confermato il contratto alle stesse condizioni, senza richiesta di sconti. E così abbiamo continuato a produrre», racconta Fumagalli, che tira un sospiro di sollievo e prosegue con l’emissione delle fatture. Nel 2017 da Alitalia arrivano ordini per 850mila euro. Di cui quasi il 70% di produzione ex novo.
Nel frattempo, la Alitalia commissariata, per venire incontro alle richieste del personale, a maggio 2017 prende anche un’altra decisione “campale”: le hostess devono cambiare il colore delle calze per la stagione estiva, da verdi e bordeaux a color “daino”. Dalla Egv1 si adattano subito e rinnovano il parco collant. Costo: 43.961 euro. Tutto, è bene ricordarlo, mentre l’azienda – come documentato da Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano – perdeva e perde 2 milioni di euro al giorno. Mentre i contribuenti italiani pagano la cassa integrazione per i suoi dipendenti.
Passa qualche mese e a novembre 2017 Alitalia comunica che i dipendenti vestiranno una nuova divisa firmata Ferretti. A Gallarate lo apprendono da un comunicat stampa. La scelta, si legge nel comunicato, «è stata presa anche per venire incontro alle numerose richieste provenienti dal personale operativo, con il proposito di migliorare il benessere e la qualità del lavoro di chi le indossa tutti i giorni». Le divise rosse e verdi firmate da Ettore Bilotta erano state più volte criticate dai dipendenti perché troppo scomode e calde. «Bastava anche solo sistemare qualcosa, allegerire i tessuti», spiega Fumagalli. «E invece un’azienda fallimentare sceglie di spendere altri 6,5 milioni per una nuova divisa dopo che erano passati solo 18 mesi dall’introduzione dell’ultima».
Il 29 gennaio 2018 si fa la nuova gara. La Egv1 viene invitata, prepara i prototipi in meno di un mese. Si fanno incontri a Roma, ne fissano altri con la stilista, che però saltano. Non si sa nulla per un po’ di tempo. Fino al 22 marzo scorso, quando tramite posta certificata arriva da Alitalia la disdetta del contratto con la Egv1. E a seguire un’altra lettera in cui si dice che la gara per produrre le nuove divise non è stata vinta dall’azienda di Gallarate. «E ora cosa ne faccio del magazzino con le vecchie divise?», si chiede Fumagalli. «Così come è scritto nel contratto, loro dovrebbero acquistare tutto quello che resta. Parliamo di 1 milione di euro di merce. Qui giù io ho vent’anni d’azienda, ci pago le tasse su quella roba lì. Non sono giacche qualsiasi che vendi a chi vuoi: cosa ci posso fare? Ho chiesto più volte delucidazioni all’azienda, senza ricevere risposta. Tutti fanno i ragionamenti sui dipendenti di Alitalia, ma quante aziende dell’indotto hanno chiuso in questi anni a causa degli ultimi due fallimenti della compagnia?».
Dalla Egv1 intenteranno di certo una causa, assicurano i legali. Le nuove divise Alitalia sarebbero dovute arrivare negli armadi dei dipendenti entro l’estate. L’accordo per il nuovo look in effetti pare rientrasse nei negoziati con Lufthansa. Ma poi non si è concluso nulla. E senza un governo a Roma, è tutto rinviato: chiesta la proroga della cassa integrazione e anche della restituzione del prestito ponte. Con i costi pubblici del commissariamento che continuano a lievitare. Nel frattempo, però, la stessa azienda in crisi sta anche pensando al rifacimento delle lounge con le poltrone blu firmate Frau. Tanto da fare ipotizzare che un tocco di blu ci sarà anche nelle nuove uniformi del personale.
Se tutto va bene, le nuove divise da 6,5 milioni di euro dovrebbero arrivare in autunno. Per andare avanti nei prossimi mesi estivi, i dipendenti di Alitalia adatteranno le taglie rimaste nel loro magazzino, quello da 1 milione di euro detsinato a essere carta straccia. Se quindi quest’estate vedrete uno steward con una giacca troppo larga o troppo stretta, ora sapete perché.

http://www.linkiesta.it/it/article/2018/04/28/alitalia-gli-sprechi-non-finiscono-mai-2-milioni-di-euro-di-divise-fin/37900/





Le camicie non vengono più distribuite da oltre un anno
 
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