WORKSHOP "Aeroporti: minori chi?" - UNIONCAMERE 18-04-2013


asessa

Partecipante Attivo
Utente Registrato
6 Novembre 2005
11,920
320
131
Unioncamere, Piazza Sallustio 21, ROMA - SALA LONGHI

L’evento si pone l’obiettivo di evidenziare il tema della funzione economica, sociale e territoriale dei piccoli e medi
aeroporti. In particolare, i riflettori si accendono sul ruolo degli aeroporti minori e sulle ipotesi di emarginazione degli
stessi, sia attraverso una opzione di regionalizzazione, sia attraverso un piano di vero e proprio ridimensionamento della
rete aeroportuale. E’ quindi arrivata l’occasione per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media sulla
funzione dei piccoli aeroporti in un paese che ha connotati ed esigenze profondamente differenti e diversificate rispetto
agli altri paesi europei.

Programma :
10.00 Registrazione partecipanti

10.30 Introduzione ai lavori

  • Antonio Paoletti, Presidente Uniontrasporti

Relazione introduttiva

  • Dal piano degli aeroporti alle scelte sul ruolo, Stefano Paleari, Rettore Università di Bergamo e Direttore Iccsai - International Center for Competitiveness Studies in the Aviation Industry

Ne discutono

  • Fulvio Cavalleri, Vice Presidente vicario Assaeroporti
  • Pierluigi Di Palma, Presidente Centro Studi DEMETRA
  • Mario Fagotti, Presidente aeroporto di Perugia e Presidente Commissione aeroporti minori in Assaeroporti
  • Alessio Quaranta, Direttore generale Enac
  • Sergio Vetrella, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

13.00 Conclusioni

  • Ferruccio Dardanello, Presidente Unioncamere
  • Mario Ciaccia, Vice Ministro Sviluppo economico e Infrastrutture

Modera e coordina i lavori Oscar Giannino


http://www.unioncamere.gov.it/P42A1529C542S123/18-04-2013---Workshop--Aeroporti--minori-chi-.htm
 
Ultima modifica da un moderatore:

Prevedo barricate contro la ventilata chiusura di qualsiasi aeroporto.
Anzi, richiesta a gran voce di ulteriori fondi per lo sviluppo di rotte e vettori fantasiosi basati in loco.
Il tutto condito da fantasiosi studi sulle potenzialità inespresse di codesti scali, che secondo spettacolari presentazioni powerpoint potrebbero tranquillamente fare più pax di Atlanta.

Ma magari domani mi smentiranno e al workshop assisteremo ad una stucchevole litania di mea culpa dei gestori locali che riconosceranno tutti all'unisono di aver solo mangiato fino ad oggi.
 
Ciaccia è sempre in giro per conferenze. Mi chiedo quando trovi il tempo di lavorare
 
Prevedo barricate contro la ventilata chiusura di qualsiasi aeroporto.
Anzi, richiesta a gran voce di ulteriori fondi per lo sviluppo di rotte e vettori fantasiosi basati in loco.

Si può chiedere quello che si vuole. Tanto, soldi non ce ne sono, e nessuno ripianerà i debiti del Forlì o Rimini di turno, usando fondi pubblici.

Vetrella farebbe bene ad occuparsi, a tempo pieno, di altri e ben più pressanti problemi.
 
Si può chiedere quello che si vuole. Tanto, soldi non ce ne sono, e nessuno ripianerà i debiti del Forlì o Rimini di turno, usando fondi pubblici.

Vetrella farebbe bene ad occuparsi, a tempo pieno, di altri e ben più pressanti problemi.

Non sono cosi sicuro. La storia recente italica insegna che vi e' stata abbondanza di esempi di regioni ed enti locali in disperata crisi di ossigeno che nel frattempo hanno continuato a elargire fondi a vari enti di gestione (mentre magari venivano tagliati gli ospedali, alzati i ticket, tagliate le mense scolastiche e ridotti gli investimenti per raccolta rifiuti e differenziata). L'Italia e' (e gli Italiani ancora di piu') sempre capace di sorprenderci! :)
 
Però! Ben 2h30m di Workshop... sembra proprio che abbiano tanti argomenti ed idee su cui lavorare...
 
Non mi pronuncio perchè altrimenti rischierei di certo il ban. Ad ogni modo è l'ennesima riprova (se ce ne fosse ancora bisogno) che questo paese è morto e che bisogna fuggire al più presto. In Zimbabwe stanno più avanti di noi.
 
Non sono cosi sicuro. La storia recente italica insegna che vi e' stata abbondanza di esempi di regioni ed enti locali in disperata crisi di ossigeno che nel frattempo hanno continuato a elargire fondi a vari enti di gestione (mentre magari venivano tagliati gli ospedali, alzati i ticket, tagliate le mense scolastiche e ridotti gli investimenti per raccolta rifiuti e differenziata). L'Italia e' (e gli Italiani ancora di piu') sempre capace di sorprenderci! :)

Non so, ora come ora l'Italia (e i suoi enti pubblici) è veramente alla canna del gas, in termini di liquidità. In un certo perverso senso, verrebbe da dire "meglio così". :)
 
Conclusioni affidate a Dardanello, grande promotore nonchè azionista di GEAC, la società di gestione di CUF, detto dai suoi sostenitori "il cigno della granda" a causa delle enormi potenzialità inespresse e dagli altri "il kiwiporto" a causa delle floride colture che lo circondano ovvero "il pozzo di San Patrizio" in ragione dei continui contributi soci in conto capitale per ripianare le perdite.

Direi che non c'è da temere, si può essere certi del contenuto delle discussioni. Mi sembra un po' come invitare Bin Laden ad un dibattito sulla tolleranza interconfessionale, non è che le posizioni espresse saranno una sorpresa totale, salvo conversioni sulla via di Damasco...
 
L’intero settore dell’aviazione (considerando compagnie aeree, aeroporti, industria aeronautica e fornitori di servizi) dà un apporto al Pil nazionale di 15 miliardi di euro, offre lavoro a 500mila persone e movimenta un traffico di 149 milioni di passeggeri.
Ma, dopo l’Atto di indirizzo emanato dal Ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture nel gennaio scorso, premessa fondamentale per il nuovo Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale, rischia di andare incontro a una severa contrazione. A fare le spese di un riassetto del sistema degli aeroporti italiani potrebbero essere 15 dei 46 aeroporti aperti ai voli commerciali, definiti dall’Atto di indirizzo “non di interesse nazionale”. Se la scelta di questi siti “minori” verrà confermata in sede di Conferenza Stato-Regioni, essi saranno destinati alle Regioni e per queste realtà si apriranno due scenari diversi: la possibilità di operare con una concessione regionale oppure di essere indirizzati ad altre destinazioni o alla chiusura.
In pratica, dovranno cavarsela da soli e gli enti locali e le Camere di commercio che ne sono soci dovranno decidere se ricapitalizzarli, ripianando le perdite d’esercizio cumulate, a fronte di un piano di riassetto e rilancio, cederne la partecipazione a privati, oppure chiuderli, con tutte le implicazioni del caso. Di questo scenario si è discusso ieri a Roma, nell’ambito di un convegno organizzato da Unioncamere e Capo Horn con il supporto di Uniontrasporti.
“Non vogliamo certo affermare l’inutilità di un riassetto complessivo del sistema”, ha ribadito il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Molte società di gestione degli aeroporti registrano risultati d’esercizio anche fortemente negativi, unitamente allo squilibrato rapporto tra costi e ricavi per passeggero che non possono certo essere ignorati. Ma per qualsiasi azione di riassetto sono necessarie politiche di accompagnamento per individuare soluzioni alternative e/o di rimodulazione del quadro dei costi, e politiche di sistema, che non tengano conto esclusivamente dei risultati di bilancio ma anche dei benefici per il territorio. La stessa logica europea – pur sottolineando che i comportamenti degli azionisti pubblici devono essere improntati al principio dell’investitore privato in un’economia di mercato – sembra offrire la possibilità, in alcuni casi particolari e circoscritti, di costruire politiche di sostegno agli aeroporti e alle compagnie aeree”. “L’incontro di oggi – ha detto Antonio Paoletti, presidente di Uniontrasporti - rappresenta l’avvio di un’indispensabile riflessione dell’intero sistema camerale sulla situazione della realtà aeroportuale italiana, con particolare attenzione agli aeroporti minori - dopo l’adozione dell’atto di indirizzo per la definizione del Piano nazionale degli aeroporti - che possa portare all’adozione di una strategia condivisa. Le Camere di commercio sono fortemente impegnate nelle infrastrutture aeroportuali (35 dei 46 aeroporti commerciali considerati dal Piano sono gestiti da società partecipate dalle Camere) e le drastiche previsioni del Piano impatteranno su territori, sistemi produttivi locali ed enti camerali”.
I 15 aeroporti che l’Atto del Ministero identifica come “non di interesse nazionale” sono in ordine geografico quelli di Cuneo, Aosta, Brescia, Bolzano, Albenga, Forlì, Parma, Grosseto, Marina di Campo (Elba), Perugia, Foggia, Taranto, Crotone, Comiso, Tortolì. Nel loro complesso, nel 2012, hanno registrato un traffico passeggeri di 1.106.230 persone, nel 40,5% dei casi con voli nazionali, nel 59,5% con tratte internazionali. Il 73,1% di questi passeggeri ha utilizzato, in tali strutture, voli low cost. La quota rimanente ha interessato invece voli di tipo tradizionale.
La riduzione di queste realtà cosiddette minori potrebbe avere un sensibile contraccolpo sulle imprese del settore e sui cittadini, ma anche sui territori da esse serviti. Si stima infatti che se in Italia venissero meno i voli di linea dagli aeroporti minori, oltre 500 mila persone subirebbero un allungamento dei tempi di viaggio superiore ai 60 minuti, con un aggravio medio di 100 minuti per singolo viaggio di sola andata ed una stima del costo complessivo del maggior tempo impiegato (prudenzialmente valutato in 10 euro ora) valutabile in circa 52 milioni di euro, considerando gli aeroporti con traffico fino a due milioni di passeggeri annui. Questo scenario vedrebbe penalizzate aree già oggi svantaggiate quanto a collegamenti ed infrastrutture ed azzererebbe gli sforzi fatti nel corso di più decenni con risorse anche ingenti ed investimenti di natura sia pubblica che privata, per offrire a questi territori opportunità di sviluppare e qualificare i flussi economico-produttivi, innovando ed allargando la rete dei modelli relazionali. Si andrebbe inevitabilmente ad uno spostamento di ricchezza da queste aree, dinamiche ed economicamente assai vivaci ma certo generalmente meno sviluppate e talvolta marginali, verso quelle più ricche e congestionate, non solo con una perdita di addetti direttamente o indirettamente coinvolti nell’economia aeroportuale (mediamente 400-500 addetti per milione di passeggeri), ma anche con una perdita pressoché certa della spesa turistica generata dai flussi turistici inbound che in questi anni, grazie anche all’esplosione del low cost, sta generando interessanti processi di crescita e redistribuzione delle presenze turistiche rispetto alle storiche tradizionali destinazioni.
Dei 46 aeroporti commerciali rientranti nel Piano nazionale degli aeroporti, 35 sono gestiti da società partecipate da Camere di commercio. Tra i 10 del core network, considerati di rilevanza strategica a livello Ue, le Camere sono presenti in 6, con un investimento complessivo di 48 milioni di euro. Quindici dei 19 aeroporti del comprehensive network (quelli che hanno un traffico superiore al milione di passeggeri annui, ovvero che hanno un traffico superiore ai 500mila e siano in possesso di ulteriori specifiche caratteristiche, quali l’unicità nell’ambito regionale o il servizio ad un territorio caratterizzato da scarsa accessibilità, ovvero siano indispensabili ad assicurare continuità territoriale) vedono la presenza di almeno una Camera di commercio con una partecipazione complessiva di 49,5 milioni di euro. Infine le Camere partecipano anche alle società di due aeroporti rientranti nella categoria “altri aeroporti” (Rimini, con un trend di traffico in forte crescita, e Salerno, usato per delocalizzare il traffico di Napoli) con 2,1 milione di euro investiti. Tra i restanti 15 scali, 12 hanno le Camere di commercio nella compagine societaria per un valore complessivo di 10,9 milioni di euro. L’investimento finale di 55 enti camerali ammonta quindi a quasi 110 milioni di euro, pari al 15% del capitale complessivamente investito.
La ragione per cui il sistema camerale affronta il tema del riassetto aeroportuale, tuttavia, non è solo legata alla presenza di partecipazioni nelle società di gestione. Infatti, gli investimenti delle Camere nelle infrastrutture, non solo di trasporto ma anche di promozione dell’economia, sono sempre state fatte guardando non a una logica di redditività del singolo investimento, ma agli effetti complessivi per il territorio. La rete camerale, quindi, è consapevole del rilievo del tema sul piano dello sviluppo locale e delle opportunità che si verrebbero a perdere per il territorio, per le sue imprese, per le comunità di riferimento.
Il sistema camerale, perciò, ritiene che sarebbe utile immaginare un riassetto del settore diretto a creare una strategia aeroportuale nazionale che riesca: a collegare il Piano ad una politica europea specie per l’aeroportualità minore (tuttora assente ma sicuramente necessaria, visto che in Europa il 67% degli aeroporti con traffico di linea gestisce volumi inferiori al milione di passeggeri l’anno e la struttura proprietaria è in gran parte pubblica); riconsideri il sistema dei costi, abbattendo rigidità oggi non più giustificabili, dei servizi aeroportuali garantiti dallo Stato, tenendo conto delle diverse dimensioni e necessità degli scali; consenta alle società aeroportuali di operare in un regime di certezze normative ed autorizzatorie, almeno di medio periodo, per consentire piani di investimento e sviluppo di lungo termine; valuti con criteri oggettivi l’esistenza o meno di un impatto positivo dell’infrastruttura aeroportuale sul territorio del quale è al servizio, non solo relativamente ai collegamenti per il trasporto di passeggeri e merci, ma in particolare per il reddito che vi genera ed il contributo che apporta alla crescita del prodotto lordo territoriale.