L'ultima volta è stato a Capodanno, a Surgut, la cit*tà più antica della Siberia, pe*trolio e gas, -21 gradi centi*gradi la temperatura media a gennaio. Ma a Dio piacen*do sarà l'ultima. Il Tupolev 154, anno di nascita 1971, il killer dei cieli già bandito dall'Europa occidentale, esce definitivamente di sce*na. Perfino i russi, che si so*no mostrati di vedute piutto*sto larghe per quel che ri*guarda la sicurezza, hanno deciso che quell'affare è di*ventato troppo imbarazzan*te ed è venuto il momento di dire niet , basta, chiuso, ka*putt. L'Aeroflot, la compa*gnia di bandiera, ci aveva già pensato da sola l'anno scor*so, provvedendo a sgonfiare i pneumatici di quei gallino*ni che quando ti allacciavi le cinture di sicurezza, e le ho*stess servivano con un sorri*so tirato aranciata e chinotto - mettendosi subito dopo an*che loro sedute, con le orec*chie tra le mani - sapevi che era partita la ruota della for*tuna.
L'Aeroflot però ha un no*me da difendere. Le compa*gnie più piccole, quelle che operano su tratte interne, avevano continuato invece a spedire avanti e indietro que*sta ignobile carretta che sa*bato, a Surgut, come si dice*va, ha ammazzato altre tre persone (quaranta i feriti). Erano 124 in tutto, equipag*gio compreso, su quella bara volante della compagnia «Kolavia» che sfrecciava sul*la pista bianca di neve, diret*ta a Mosca. Da principio so*no state, hanno raccontato i sopravvissuti, scintille e fu*mo nero. Infine, un gran cre*pitare di fiamme. Così, come una vecchia strega inghiotti*ta da un falò, si è chiusa sim*bolicamente anche l'era del cinghiale bianco, come mol*ti, tra Mosca e Vladivostok, avevano preso a chiamare il killer dei cieli.
Che il vaso fosse già colmo, per così dire, e si aspettasse solo un pretesto per rottama*re il Tupolev 154 (ma anche certi Boeing americani, vedi il 727 e il 373, hanno sulla co*scienza un sacco di gente) si era capito abbondantemen*te già il 10 aprile dello scorso anno, quando uno di questi disgraziati trireattori si era polverizzato dalle parti di Smolensk, mandando al cre*atore il presidente polacco Lech Kaczynski, sua moglie Maria e il suo nutrito seguito (96 il bilancio dei morti). Ma a seminare lungo le autostra*de dei cieli mazzi di crisante*mi, il Tupolev 154 aveva co*minciato presto, nel 1975, d'estate. Giù a palla dalle par*ti di Omsk, con 174 morti. Dieci anni dopo eccone un altro andare in stallo sull'Uz*bekistan, schiantando le vite di 200 persone. Nel '94, in giu*gno, cadde un Tupolev della China Northwest sulla pro*vincia di Xian, 160 morti, mentre alla fine del '96 ecco un'altra catastrofe alle isole Svalbard. Mehrabad, Irku*tsk, Khorramabad, San Pie*troburgo, Qazvin. Ogni no*me, centinaia di lapidi tra la Russia e l'Iran, Paese alle cui autorità il Tupolev aveva fat*to molta simpatia.
Eppure, a ben vedere, dico*no le statistiche, volare è sempre più sicuro che anda*re a piedi o in motocicletta. Meglio su aviogetti di fabbri*cazione occidentale, se si de*ve proprio, visto che la proba*bilità di un incidente è pari allo 0,00000046 per cento (praticamente nulla). Men*tre su quelli russi il tasso sale a 4,47 ogni milione di ore di volo: tasso anche questo insi*gnificante, tuttavia, in termi*ni assoluti. E comunque re*sta un dato certo. Il 58 per cento degli incidenti, ovvero più della metà, sono dovuti a un errore umano. Il resto si sparpaglia tra un 4,7 per cen*to dei controllori di volo, un 3,8 per cento di cause meteo*rologiche, errori nella manu*tenzione eccetera, mentre solo il 13,7 per cento è deter*minato da avarie del velivo*lo. Merito delle leggi che so*prattutto nell'ultimo decen*nio, indipendentemente dall'«età anagrafica» dei veli*voli, costringe le compagnie a una capillare, periodica, maniacale manutenzione. É più facile lasciarci le penne andando a fare una passeg*giata o un giro in bici. Lo dico*no a Londra, al ministero dei Trasporti, dove nel 1996 sti*marono che il tasso di vitti*me tra i passeggeri dei voli commerciali nel decennio precedente (1985-1994) era stato pari allo 0,2 per ogni mi*liardo di chilometri percorsi. Mentre il tasso di vittime tra i pedoni (travolti da un'auto) è pari a 684, sale a 902 per la bicicletta e schizza a 1872 per i motociclisti. Ma que*sto, i motociclisti lo sanno. Infatti, quando salgono su un aereo, tirano un sospiro di sollievo.
(da Il Giornale.it)