Ci eravamo lasciati qualche giorno fa in Florida, avevamo appena lasciato la cabina di pilotaggio di un B757 della American Airlines, diretti ad arbitrare alcune partite di calcio di un importante torneo internazionale di calcio.
La prima foto è “simbolica” e rappresenta il nostro “impegno” durante il torneo, in collaborazione con alcuni arbitri Americani. Non vogliamo annoiarvi con l’OT del torneo, questa foto è abbastanza HEHE
Passiamo una settimana molto intensa e divertente ad Orlando, il 4 Gennaio è ora di ripartire e ci rechiamo in aeroporto dove ci attende un volo della AirTran Airways per Dallas Fort Worth. Questo volo è diventato quasi “uno spauracchio” dato che, da quando lo avevamo prenotato ad Agosto, ha cambiato orario e combinazioni almeno 5 o 6 volte, passando dall’essere un diretto ad avere uno scalo nell’hub di Atlanta. Poco male,la nostra paura dopo 6 cambi di orari e aeromobili è quella di una cancellazione, ma fortunatamente non sarà così.
L’ala dell’Aeroporto di Orlando usata dalla AirTran presenta pochi “esemplari” interessanti, giusto qualche aereo della AirTran stessa e i due “bestioni” 747 della Virgin Atlantic diretti a Londra Gatwick e Manchester.
Avevamo già parlato della nostra esperienza su AirTran, nulla di particolarmente esaltante ma comunque un servizio molto simile a quello di altre compagnie e, fatta eccezione per Southwest e JetBlue, una tassa bagaglio ancora accettabile (15 dollari). Sull’aereo e la rivista di bordo è ampiamente pubblicizzato il takeover della compagnia da parte di Southwest, notizia per me ottima, vedremo come si evolverà la situazione.
Il primo volo (MCO-ATL) è operato da un 737 ed è completamente full, tanto che la compagnia sarà costretta ad imbarcare (gratis) alcuni dei bagagli a mano dei passeggeri. Il legroom nel 737 AirTran è soddisfacente e il servizio si limita ad un pacchetto di peanuts ed una bibita.
Arriviamo in una Atlanta come sempre “caotica” con tante persone che corrono da una parte all’altra per via dei transiti, non c’è giorno che questo aeroporto non sia così frenetico. Nella tasca del 737 che ci ha accompagnato da MCO troviamo anche un Ipod Touch evidentemente dimenticato da qualcuno in precedenza che però provvediamo a restituire immediatamente al legittimo proprietario che, si scoprirà, sarà proprio assieme a noi sul volo per DFW. Manco un mezzo grazie, vabbè.
Ci imbarchiamo sul volo per DFW, anche questo full, operato da B717. E’ bello vedere ancora questi aerei volare anche se so benissimo che hanno i giorni contanti. Se il takeover da parte di Southwest andrà a buon fine difatti la flotta verrà resa omogenea con tutti 737, e AirTran dismetterà il buon numero di 717 ancora in flotta. Il legroom sul vecchio 717 è inferiore a quello del 737 ma comunque soddisfacente per un volo di sole due ore. Anche su questo volo il servizio si limita a peanuts e bibita anche se stavolta, con occhio attento, leggo bene la confezione dei peanuts dove sul retro trovo questa simpatica “storiella”.
Come sempre poi, anche i “napkins” di AirTran riportano frasi molto simpatiche. Ecco quella che ci tocca stavolta.
Provo un po’ a dormire ma un rumore assordante non me lo rende possibile, apro il “blind” del finestrino e mi rendo conto del perché. Bel posto mi hanno assegnato al check in ….
Arriviamo in Texas la sera tardi, e ci rechiamo subito in hotel. Il giorno dopo passa in gran parte in hotel causa “tirchiaggine” dei compagni di viaggio che, non volendo spendere soldi per una auto a noleggio, si rendono conto a loro spese di come il Texas non sia esattamente uno stato “friendly” nei confronti dei pedoni. Meno male che cambieranno idea per il secondo giorno ….
La sera abbiamo un appuntamento con un carissimo amico “yankee” trapiantato da 20 anni in Texas col quale andiamo fuori a cena. E dove si va a mangiare in Texas se non in una steakhouse? Optiamo per l’ottima Saltgrass.
Qua anche i bagni sono “in tema”.
Ma cosa si mangia da Saltgrass? Ovviamente carne. Quando si è in Texas tuttavia l’intero menu deve essere texano, dall’antipasto al dolce. Si comincia quindi dal tè freddo, rigorosamente DOLCE !!! (non ho mai capito come facciano in yankeeland - e mi riferisco alle due coste, east and west – a bere tè freddo non dolce, cosa semplicemente obbrobriosa) e si prosegue con un paio di antipasti, le cheese fries e i jalapenos fritti con contorno di anelli di cipolla.
Si continua con il vero “must” della serata, la bisteccona texana “medium coke” con contorno di “baked potato All-The-Way”.
Ed infine il dolce, rigorosamente “Pecan Pie” con contorno di gelato alla crema. Anche questo in stile puramente texano. Anche se i miei amici non si fidano e optano per un meno fantasioso gelato con brownies.
Il giorno successivo si rechiamo al famoso “western shop” Cavender’s, ai miei amici serve un cappello texano.
E subito dopo a Fort Worth, in visita agli Stockyards dove, per la prima volta in quattro anni, riesco ad arrivare in tempo per vedere dal vivo la Cattle Herd.
La giornata finisce in fretta e il mattino dopo, ore 4.30, è già ora di recarsi in aeroporto per partire in direzione Boston. Questa volta ad ospitarci non sarà DFW ma il più vecchio e centrale Dallas Love Field dove fervono i lavori di ammodernamento “Love Evolution”.
L’Aeroporto è un monopolio assoluto di Southwest Airlines, di cui è anche base principale. Tale “dominio” è talmente chiaro che addirittura i sedili hanno il logo della compagnia.
Il nostro autobus (ergh, pardon… aereo) è in partenza alle 07.15
Vi chiederete perché lo chiamo autobus … molti voli della Southwest hanno la stessa filosofia di un autobus della Greyhound: per arrivare a destinazione compiono una o più fermate dove chi deve scendere scende, e chi prosegue rimane sull’aereo in attesa per almeno una mezzoretta. Il nostro volo per Boston si fermerà una sola volta, a St Louis. Va peggio ai passeggeri del gate accanto che per raggiungere Raleigh/Durham dovranno fermarsi prima a Birmingham e poi a Nashville.
Appena partiti sorvoliamo sopra a DFW, maestoso.
L’aereo è quasi completamente vuoto fino a St Louis, tanto che mi permetto un sonnellino in posizione “comoda”.
Il servizio di bordo è come sempre molto cordiale e simpatico, oltre che in ottime porzioni; il bis non è mai un problema su un Southwest ma stavolta, forse complice il sonno, mi accontento di poco.
Arrivati a Southwest attendiamo una buona mezzora l’imbarco dei passeggeri per Boston oltre che lo sbarco di quelli che avevano la città del Missouri come destinazione finale. L’aeroporto di St Louis è praticamente “deserto” fatta eccezione per un altro Southwest e un American. Strano, me lo attendevo più trafficato.
Nell’attesa scorgo su un aereo vicino un modo simpatico col quale Southwest Airlines ha deciso di comunicare ai clienti di altre compagnie il fatto che le borse su Southwest viaggiano gratis, poco plateale che ne dite?
Si riparte, si ridorme e dopo poco siamo in fase di “approach” a Logan.
Ci accoglie una Boston sotto la neve.
So che un vecchio TR vi aveva mostrato la Boston estiva, vi propongo qualche foto OT della versione invernale della capitale del Massachusetts. L’attrazione turistica principale della città è sicuramente il “Freedom Trail”, un percorso pedonale che collega tutte i luoghi storici della città.
Cominciando dai famosissimi Quincy Market e Faneuiall Hall ora diventati un piccolo centro commerciale nel centro della città vecchia con una food court a dir poco fantastica.
Il percorso prosegue poi toccando la Old State House, dove si riuniva il primo Parlamento statale, ora museo oltre che stazione della metropolitana.
Si arriva poi alla Old City Hall e al cimitero dove sono seppelliti i più grandi personaggi del periodo rivoluzionario fra i quali l’indimenticato John Hancock.
Non tutti sapranno che John Hancock, rivoluzionario e firmatario della dichiarazione di Indipendenza, ha dato origine ad un modo di dire tutto Americano “put your John Hancock here” che letteralmente significa “firma qui”. Il modo di dire deriva dal fatto che, firmando la dichiarazione di Indipendenza, il signor Hancock decise di apporre una firma “enorme” per far sì che il Re d’Inghilterra la potesse leggere senza occhiali.
Proseguendo a piedi per le vie della città si raggiunge la nuova State House con la sua cupola dorata da dove governa l’unico Governatore afroamericano degli Stati Uniti, Deval Patrick.
Ed infine il Boston Common, parco pubblico nel cuore di Boston, bellissimo in qualsiasi stagione dell’anno.
Attraversato il parco si raggiunge Newbury Street, chiamata la “Rodeo Drive di Boston” a causa dell’alta concentrazione di botteghe di alta moda.
Una delle cose che più amo di Boston è tuttavia il confronto fra moderno ed antico, visibile ad ogni angolo della città. Capita che a pochi metri di distanza si possano trovare edifici maestosi come la Hancock Tower o il Prudential Center.
Così come angoli “da film” come questo.
Bellissima anche la “Boston Public Library”.
E’ quasi ora di pranzo e da bravo “cacciatore” di locali tipici mi reco nel quartiere di South End dove, non tutti lo sapranno, non si possono solo ammirare bellissime case vecchio stile, ma anche pranzare in alcuni piccoli diner, conosciuti solo ai bostoniani. La mia scelta cade sul celeberrimo (fra i bostoniani) “Charlie’s Sandwich Shoppe”.
Essendo da solo, mi siedo al bancone, stile vero diner dove si vede cucinare oltre che si ha la possibilità (come faccio) di parlare con alcuni abitanti del quartiere, molto cordiali. Per quanto riguarda il pranzo, la mia scelta ricade sul “Turkey Hash”, piatto più famoso di questo piccolo locale, premiato da numerosi critici culinari proprio per questa ricetta. Ovviamente a corredo dell’Hash ci vuole sempre un po’ di brown bread.
Terminato il pranzo mi reco a Cambridge, cittadina universitaria a poca distanza da Boston. Hanno sede qui sia il MIT che Harvard. Passo brevemente davanti al MIT.
E proseguo per Harvard dove, varcato il cancello, mi trovo davanti ad un paesaggio quasi surreale, il famoso Harvard Yard coperto di neve.
E’ poi d’obbligo la foto “portafortuna” mentre tocco il piede sinistro del fondatore dell’Università. Il povero John Harvard ha ormai il piede tutto consumato, e subito dopo di me c’era una fila di una ottantina di giapponesi pronti ad imitarmi nel gesto ….
E’ ora di cena e anche qua vado sul sicuro. Harvard offre una vasta scelta di locali ma uno è sicuramente più famoso d’altri. Dal 1960 Bartley’s prepara alcuni degli Hamburger più buoni del Paese, a prezzi modesti.
La particolarità di questo locale è che non si ordina semplicemente un hamburger o un cheeseburger ma si deve scegliere da una lunga lista di panini i cui nomi sono, fra gli altri: Barack Obama, Ted Kennedy, Scott Brown, Bill Clinton, The Democrat, The Republican e dove ogni nome è accompagnato da un simpatico commento. Per esempio il panino “Democrat” dice “now it’s your fault”.
Il locale è piccolo e pieno di gente, e le griglie funzionano a pieno ritmo.
Ed ecco finalmente il mio “Ted Kennedy”. Buonissimo,forse l’hamburger più buono mangiato in 1 mese d’America.
Il giorno successivo è ora di partire ma prima di recarci in aeroporto visitiamo brevemente il North End, quartiere Italiano.
E vi dirò, mai mi sarei aspettato fra le varie testimonianze “nostrane” presenti nelle varie vetrine (bandiere e foto di squadre di calcio, prodotti tipici) di trovare qualcosa proveniente anche dalla mia piccola città.
Ma una visita al North End non è completa senza pagare dazio con una visita da Mike’s Pastry.
In questo locale preparano difatti i migliori cannoli siciliani fuori dalla Sicilia, un must-try. Fortemente consigliato.
E’ ora di andare in Aeroporto, stavolta ad ospitarci sarà il Terminal C, regno di JetBlue.
Fauna rigorosamente “monocolore”.
E stand informativo sulla recente partnership fra JetBlue e i Boston RedSox.
Simpaticissimo modo di sdrammatizzare l’essenza di Las Vegas da parte della compagnia, per chi non conoscesse l’inglese il cartello del gate riporta la destinazione Las Vegas e aggiunge sotto “alias Stipendi Persi”.
Ma è già ora di imbarcarsi sul nostro volo, direzione Dulles.
Avevo già parlato in una puntata precedente di questo TR dell’ottimo servizio offerto da JetBlue. Stavolta mi limiterò a questa foto, a conferma di uno degli slogan della compagnia che sostiene di offrire il “legroom” maggiore (paragonandosi con altre compagnie) ai passeggeri di economy. Un legroom davvero generosissimo.
Anche il servizio di borso è eccellente e quando alla domanda “chips or cookies?” rispondo “I’m pretty much undecided” l’assistente di volo mi risponde “you can have both”. Ecco il risultato:
L’aereo, con due ore di ritardo,è praticamente vuoto. Il volo sarà sì e no al 40% pieno, ed è operato da un E190, precisamente da “Azul Brasileiro”.
Consegniamo il logbook e il primo ufficiale, simpaticissimo, il quale ci invita in cabina prima della partenza. Ci spiega i vari comandi e ci fa fare la solita foto in cabina, prima volta però seduti nel sedile di “comando” (le altre le avevamo fatte tutte nel sedile del copilota).
Davvero una bella esperienza vedere i vari strumenti accesi e funzionanti.
La quarta parte di ferma qui. Non pubblicherò la quinta parte in quanto inutile doppione della prima con volo Swiss da JFK a ZRH, indi per MXP. A presto con nuovi TR !!!
A presto.
La prima foto è “simbolica” e rappresenta il nostro “impegno” durante il torneo, in collaborazione con alcuni arbitri Americani. Non vogliamo annoiarvi con l’OT del torneo, questa foto è abbastanza HEHE

Passiamo una settimana molto intensa e divertente ad Orlando, il 4 Gennaio è ora di ripartire e ci rechiamo in aeroporto dove ci attende un volo della AirTran Airways per Dallas Fort Worth. Questo volo è diventato quasi “uno spauracchio” dato che, da quando lo avevamo prenotato ad Agosto, ha cambiato orario e combinazioni almeno 5 o 6 volte, passando dall’essere un diretto ad avere uno scalo nell’hub di Atlanta. Poco male,la nostra paura dopo 6 cambi di orari e aeromobili è quella di una cancellazione, ma fortunatamente non sarà così.
L’ala dell’Aeroporto di Orlando usata dalla AirTran presenta pochi “esemplari” interessanti, giusto qualche aereo della AirTran stessa e i due “bestioni” 747 della Virgin Atlantic diretti a Londra Gatwick e Manchester.


Avevamo già parlato della nostra esperienza su AirTran, nulla di particolarmente esaltante ma comunque un servizio molto simile a quello di altre compagnie e, fatta eccezione per Southwest e JetBlue, una tassa bagaglio ancora accettabile (15 dollari). Sull’aereo e la rivista di bordo è ampiamente pubblicizzato il takeover della compagnia da parte di Southwest, notizia per me ottima, vedremo come si evolverà la situazione.
Il primo volo (MCO-ATL) è operato da un 737 ed è completamente full, tanto che la compagnia sarà costretta ad imbarcare (gratis) alcuni dei bagagli a mano dei passeggeri. Il legroom nel 737 AirTran è soddisfacente e il servizio si limita ad un pacchetto di peanuts ed una bibita.


Arriviamo in una Atlanta come sempre “caotica” con tante persone che corrono da una parte all’altra per via dei transiti, non c’è giorno che questo aeroporto non sia così frenetico. Nella tasca del 737 che ci ha accompagnato da MCO troviamo anche un Ipod Touch evidentemente dimenticato da qualcuno in precedenza che però provvediamo a restituire immediatamente al legittimo proprietario che, si scoprirà, sarà proprio assieme a noi sul volo per DFW. Manco un mezzo grazie, vabbè.

Ci imbarchiamo sul volo per DFW, anche questo full, operato da B717. E’ bello vedere ancora questi aerei volare anche se so benissimo che hanno i giorni contanti. Se il takeover da parte di Southwest andrà a buon fine difatti la flotta verrà resa omogenea con tutti 737, e AirTran dismetterà il buon numero di 717 ancora in flotta. Il legroom sul vecchio 717 è inferiore a quello del 737 ma comunque soddisfacente per un volo di sole due ore. Anche su questo volo il servizio si limita a peanuts e bibita anche se stavolta, con occhio attento, leggo bene la confezione dei peanuts dove sul retro trovo questa simpatica “storiella”.



Come sempre poi, anche i “napkins” di AirTran riportano frasi molto simpatiche. Ecco quella che ci tocca stavolta.

Provo un po’ a dormire ma un rumore assordante non me lo rende possibile, apro il “blind” del finestrino e mi rendo conto del perché. Bel posto mi hanno assegnato al check in ….

Arriviamo in Texas la sera tardi, e ci rechiamo subito in hotel. Il giorno dopo passa in gran parte in hotel causa “tirchiaggine” dei compagni di viaggio che, non volendo spendere soldi per una auto a noleggio, si rendono conto a loro spese di come il Texas non sia esattamente uno stato “friendly” nei confronti dei pedoni. Meno male che cambieranno idea per il secondo giorno ….
La sera abbiamo un appuntamento con un carissimo amico “yankee” trapiantato da 20 anni in Texas col quale andiamo fuori a cena. E dove si va a mangiare in Texas se non in una steakhouse? Optiamo per l’ottima Saltgrass.

Qua anche i bagni sono “in tema”.


Ma cosa si mangia da Saltgrass? Ovviamente carne. Quando si è in Texas tuttavia l’intero menu deve essere texano, dall’antipasto al dolce. Si comincia quindi dal tè freddo, rigorosamente DOLCE !!! (non ho mai capito come facciano in yankeeland - e mi riferisco alle due coste, east and west – a bere tè freddo non dolce, cosa semplicemente obbrobriosa) e si prosegue con un paio di antipasti, le cheese fries e i jalapenos fritti con contorno di anelli di cipolla.


Si continua con il vero “must” della serata, la bisteccona texana “medium coke” con contorno di “baked potato All-The-Way”.

Ed infine il dolce, rigorosamente “Pecan Pie” con contorno di gelato alla crema. Anche questo in stile puramente texano. Anche se i miei amici non si fidano e optano per un meno fantasioso gelato con brownies.


Il giorno successivo si rechiamo al famoso “western shop” Cavender’s, ai miei amici serve un cappello texano.


E subito dopo a Fort Worth, in visita agli Stockyards dove, per la prima volta in quattro anni, riesco ad arrivare in tempo per vedere dal vivo la Cattle Herd.



La giornata finisce in fretta e il mattino dopo, ore 4.30, è già ora di recarsi in aeroporto per partire in direzione Boston. Questa volta ad ospitarci non sarà DFW ma il più vecchio e centrale Dallas Love Field dove fervono i lavori di ammodernamento “Love Evolution”.

L’Aeroporto è un monopolio assoluto di Southwest Airlines, di cui è anche base principale. Tale “dominio” è talmente chiaro che addirittura i sedili hanno il logo della compagnia.


Il nostro autobus (ergh, pardon… aereo) è in partenza alle 07.15

Vi chiederete perché lo chiamo autobus … molti voli della Southwest hanno la stessa filosofia di un autobus della Greyhound: per arrivare a destinazione compiono una o più fermate dove chi deve scendere scende, e chi prosegue rimane sull’aereo in attesa per almeno una mezzoretta. Il nostro volo per Boston si fermerà una sola volta, a St Louis. Va peggio ai passeggeri del gate accanto che per raggiungere Raleigh/Durham dovranno fermarsi prima a Birmingham e poi a Nashville.
Appena partiti sorvoliamo sopra a DFW, maestoso.

L’aereo è quasi completamente vuoto fino a St Louis, tanto che mi permetto un sonnellino in posizione “comoda”.


Il servizio di bordo è come sempre molto cordiale e simpatico, oltre che in ottime porzioni; il bis non è mai un problema su un Southwest ma stavolta, forse complice il sonno, mi accontento di poco.

Arrivati a Southwest attendiamo una buona mezzora l’imbarco dei passeggeri per Boston oltre che lo sbarco di quelli che avevano la città del Missouri come destinazione finale. L’aeroporto di St Louis è praticamente “deserto” fatta eccezione per un altro Southwest e un American. Strano, me lo attendevo più trafficato.

Nell’attesa scorgo su un aereo vicino un modo simpatico col quale Southwest Airlines ha deciso di comunicare ai clienti di altre compagnie il fatto che le borse su Southwest viaggiano gratis, poco plateale che ne dite?

Si riparte, si ridorme e dopo poco siamo in fase di “approach” a Logan.



Ci accoglie una Boston sotto la neve.

So che un vecchio TR vi aveva mostrato la Boston estiva, vi propongo qualche foto OT della versione invernale della capitale del Massachusetts. L’attrazione turistica principale della città è sicuramente il “Freedom Trail”, un percorso pedonale che collega tutte i luoghi storici della città.

Cominciando dai famosissimi Quincy Market e Faneuiall Hall ora diventati un piccolo centro commerciale nel centro della città vecchia con una food court a dir poco fantastica.


Il percorso prosegue poi toccando la Old State House, dove si riuniva il primo Parlamento statale, ora museo oltre che stazione della metropolitana.

Si arriva poi alla Old City Hall e al cimitero dove sono seppelliti i più grandi personaggi del periodo rivoluzionario fra i quali l’indimenticato John Hancock.


Non tutti sapranno che John Hancock, rivoluzionario e firmatario della dichiarazione di Indipendenza, ha dato origine ad un modo di dire tutto Americano “put your John Hancock here” che letteralmente significa “firma qui”. Il modo di dire deriva dal fatto che, firmando la dichiarazione di Indipendenza, il signor Hancock decise di apporre una firma “enorme” per far sì che il Re d’Inghilterra la potesse leggere senza occhiali.
Proseguendo a piedi per le vie della città si raggiunge la nuova State House con la sua cupola dorata da dove governa l’unico Governatore afroamericano degli Stati Uniti, Deval Patrick.

Ed infine il Boston Common, parco pubblico nel cuore di Boston, bellissimo in qualsiasi stagione dell’anno.


Attraversato il parco si raggiunge Newbury Street, chiamata la “Rodeo Drive di Boston” a causa dell’alta concentrazione di botteghe di alta moda.

Una delle cose che più amo di Boston è tuttavia il confronto fra moderno ed antico, visibile ad ogni angolo della città. Capita che a pochi metri di distanza si possano trovare edifici maestosi come la Hancock Tower o il Prudential Center.


Così come angoli “da film” come questo.

Bellissima anche la “Boston Public Library”.

E’ quasi ora di pranzo e da bravo “cacciatore” di locali tipici mi reco nel quartiere di South End dove, non tutti lo sapranno, non si possono solo ammirare bellissime case vecchio stile, ma anche pranzare in alcuni piccoli diner, conosciuti solo ai bostoniani. La mia scelta cade sul celeberrimo (fra i bostoniani) “Charlie’s Sandwich Shoppe”.

Essendo da solo, mi siedo al bancone, stile vero diner dove si vede cucinare oltre che si ha la possibilità (come faccio) di parlare con alcuni abitanti del quartiere, molto cordiali. Per quanto riguarda il pranzo, la mia scelta ricade sul “Turkey Hash”, piatto più famoso di questo piccolo locale, premiato da numerosi critici culinari proprio per questa ricetta. Ovviamente a corredo dell’Hash ci vuole sempre un po’ di brown bread.


Terminato il pranzo mi reco a Cambridge, cittadina universitaria a poca distanza da Boston. Hanno sede qui sia il MIT che Harvard. Passo brevemente davanti al MIT.
E proseguo per Harvard dove, varcato il cancello, mi trovo davanti ad un paesaggio quasi surreale, il famoso Harvard Yard coperto di neve.




E’ poi d’obbligo la foto “portafortuna” mentre tocco il piede sinistro del fondatore dell’Università. Il povero John Harvard ha ormai il piede tutto consumato, e subito dopo di me c’era una fila di una ottantina di giapponesi pronti ad imitarmi nel gesto ….

E’ ora di cena e anche qua vado sul sicuro. Harvard offre una vasta scelta di locali ma uno è sicuramente più famoso d’altri. Dal 1960 Bartley’s prepara alcuni degli Hamburger più buoni del Paese, a prezzi modesti.

La particolarità di questo locale è che non si ordina semplicemente un hamburger o un cheeseburger ma si deve scegliere da una lunga lista di panini i cui nomi sono, fra gli altri: Barack Obama, Ted Kennedy, Scott Brown, Bill Clinton, The Democrat, The Republican e dove ogni nome è accompagnato da un simpatico commento. Per esempio il panino “Democrat” dice “now it’s your fault”.
Il locale è piccolo e pieno di gente, e le griglie funzionano a pieno ritmo.


Ed ecco finalmente il mio “Ted Kennedy”. Buonissimo,forse l’hamburger più buono mangiato in 1 mese d’America.

Il giorno successivo è ora di partire ma prima di recarci in aeroporto visitiamo brevemente il North End, quartiere Italiano.

E vi dirò, mai mi sarei aspettato fra le varie testimonianze “nostrane” presenti nelle varie vetrine (bandiere e foto di squadre di calcio, prodotti tipici) di trovare qualcosa proveniente anche dalla mia piccola città.

Ma una visita al North End non è completa senza pagare dazio con una visita da Mike’s Pastry.

In questo locale preparano difatti i migliori cannoli siciliani fuori dalla Sicilia, un must-try. Fortemente consigliato.

E’ ora di andare in Aeroporto, stavolta ad ospitarci sarà il Terminal C, regno di JetBlue.



Fauna rigorosamente “monocolore”.

E stand informativo sulla recente partnership fra JetBlue e i Boston RedSox.

Simpaticissimo modo di sdrammatizzare l’essenza di Las Vegas da parte della compagnia, per chi non conoscesse l’inglese il cartello del gate riporta la destinazione Las Vegas e aggiunge sotto “alias Stipendi Persi”.

Ma è già ora di imbarcarsi sul nostro volo, direzione Dulles.

Avevo già parlato in una puntata precedente di questo TR dell’ottimo servizio offerto da JetBlue. Stavolta mi limiterò a questa foto, a conferma di uno degli slogan della compagnia che sostiene di offrire il “legroom” maggiore (paragonandosi con altre compagnie) ai passeggeri di economy. Un legroom davvero generosissimo.
Anche il servizio di borso è eccellente e quando alla domanda “chips or cookies?” rispondo “I’m pretty much undecided” l’assistente di volo mi risponde “you can have both”. Ecco il risultato:

L’aereo, con due ore di ritardo,è praticamente vuoto. Il volo sarà sì e no al 40% pieno, ed è operato da un E190, precisamente da “Azul Brasileiro”.
Consegniamo il logbook e il primo ufficiale, simpaticissimo, il quale ci invita in cabina prima della partenza. Ci spiega i vari comandi e ci fa fare la solita foto in cabina, prima volta però seduti nel sedile di “comando” (le altre le avevamo fatte tutte nel sedile del copilota).


Davvero una bella esperienza vedere i vari strumenti accesi e funzionanti.
La quarta parte di ferma qui. Non pubblicherò la quinta parte in quanto inutile doppione della prima con volo Swiss da JFK a ZRH, indi per MXP. A presto con nuovi TR !!!
A presto.
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