[TR] Non sono più abituato a queste cose! HAM-BVC-SID e ritorno. Con sorpresa.


venexiano

Amministratore AC
Staff Forum
12 Novembre 2005
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Milano/Pavia/Berlino
È trascorso davvero molto, troppo tempo dal mio ultimo trip report. Sarà perché negli ultimi tempi il mio flight log si è riempito perlopiù di voli da Berlino a Venezia o Milano e ritorno, in varie salse, ma sempre con le solite 3-4 compagnie. Nulla che possa fornire spunti per racconti insoliti. Insomma, ormai sappiamo tutti com’è fatta l’area partenze del Marco Polo, quanto costa il Malpensa Express o quanto fanno schifo Tegel (un po’, soprattutto il Terminal C) e Schönefeld (un po’ tanto): soprattutto per quanto riguarda quest’ultimo, non credo sia il caso di infierire.

Per fortuna, però, ogni tanto si riesce a uscire da quella che pare già una routine... e un afoso pomeriggio di agosto a Friedrichshain può portare consiglio. Accasciato sul divano in salotto, osservo la morosa che lavora alacremente alla sua tesi di specialistica. Dovrei fare lo stesso anch’io, data l’imminente consegna della mia tesi, ma d’altronde perché occuparsi di queste bazzecole quando vi sono questioni ben più importanti ancora da risolvere, per esempio decidere la meta del viaggio con il quale festeggiare l’ambita fine degli studi?

In realtà è da diverse settimane che ci lanciamo proposte a vicenda. Valentina vorrebbe trovare una meta che ci permettesse di volare con l’A380 (sì, le piacciono gli aerei e mi capisce quando le parlo in codici aeroportuali. Come potrei non amarla? :D ). Pensiamo all’estremo oriente. Tokyo? Pechino? L’idea ci alletta non poco, ma poi la ragione ci dice di lasciar perdere le balene e di andare al mare in un luogo caldo, non importa né dove né come. Nel 2012 di mare ne ho visto poco, e da Berlino al massimo si arriva al Baltico: non è brutto, per carità, ma anche per un mezzo tedesco come me il mare è un’altra cosa. Quindi, idea approvata.

La domanda ora è: “dove andiamo?”. Sfogliamo l’atlante, passando in rassegna le possibili mete… finché l’occhio non casca su un arcipelago a qualche centinaio di chilometri dalle coste del Senegal. “E se andassimo a Capo Verde?”… Il tempo di fare due conti, cercare un volo e un alloggio che non sia un villaggio vacanze, e prenotiamo, non senza un sorrisetto soddisfatto all’idea di rivedere finalmente un po’ di mare senza dover aspettare la prossima estate. Optiamo infine per TUIfly: inizialmente sono un po’ scettico riguardo all’idea di salire su un volo pieno di vacanzieri tedeschi, ma poi mi dovrò ricredere. Ah, il volo parte da Amburgo alle 6 di mattina, ma avendo scelto di partire il primo gennaio ci convinciamo che non sarà poi difficile fare una tirata dalla sera del 31 dicembre. Il ritorno sarà invece l’8 gennaio, con atterraggio a HAM alle 22:00, il che significa che dovremo pernottare ad Amburgo prima di tornare a Berlino il giorno seguente. In realtà le cose non si svolgeranno esattamente così, ma questo lo vedremo a tempo debito, altrimenti si allenta la suspense e vi annoiate :D

Fast forward |>>|

31 dicembre 2012, ore 12:30


Le tesi sono state consegnate e abbiamo indossato la corona d’alloro (anzi, nel mio caso il tocco e la toga). Il 31 dicembre, finalmente, si parte! Grazie al biglietto Rail&Fly acquistato al momento della prenotazione con TUIfly, al modico prezzo di 44 euro a/r possiamo viaggiare con qualunque treno senza obbligo di prenotazione. L’ICE 1512 proveniente da Monaco riparte puntuale da Berlin Hauptbahnhof. Confesso di non averlo mai provato prima: l’impressione è ottima. Arriviamo puntuali a Hamburg-Altona, dove ci accoglie mia cugina, con la quale passeremo alcune ore prima di avventurarci per conto nostro nel capodanno amburghese.

1 gennaio 2013, ore 01:30

“Mi raccomando, evitate St. Pauli”, ci avevano detto. Detto, fatto: dopo cena finiamo più o meno intenzionalmente sulla Reeperbahn. Vorrei descrivere in qualche modo questa zona così animata in questo giorno di festa, ma non mi viene in mente nulla. Probabilmente p@##anaio è il termine che più si avvicina alla definizione che sto cercando. Ad ogni modo, una volta salutato il nuovo anno, decidiamo di avviarci verso l’aeroporto. Riusciamo miracolosamente a farci strada fino alla S-Bahn nella bolgia dantesca che affolla la Reeperbahn, con i poliziotti a far da Malebranche (per fortuna senza roncigli). Recuperiamo le valigie ad Altona, e ci rendiamo conto che a quest’ora la linea S1 non va all’aeroporto. Non vanno nemmeno i bus notturni, dato che è un giorno prefestivo, quindi siamo costretti a ripiegare sul taxi.

1 gennaio 2013, ore 04:00

Siamo abbondantemente in anticipo, quindi ci cambiamo con tutta calma e ficchiamo i cappotti in valigia. L'area check-in del Terminal 2 di HAM è la classica struttura in vetro e acciaio, così tipicamente tedesca da risultare un po’ banale, ma senz’altro ampia e ariosa.

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Abbiamo già fatto il check-in online, quindi dobbiamo solo lasciare le valigie al banco drop off. Ci mettiamo in fila davanti a quest’ultimo, poco affollato, mentre ai banchi per il check-in normale c’è parecchia gente. Come solo i tedeschi sanno fare, un gentile pensionato tedesco dall’altra fila ci fa cenno di metterci dietro di lui con aria indignata. “Cominciamo bene,” penso. Gli faccio notare con un sorriso sornione che in effetti siamo nella fila giusta per il drop off. Il signore si zittisce, dentro di sé è visibilmente seccato, la moglie invece vorrebbe solo sprofondare per la vergogna e mi guarda quasi come per chiedermi scusa. Che goduria! In fondo mi divertono un sacco i miei semicompatrioti: basta una minima risposta a tono a un loro rimprovero saccente e si calmano subito… ma scusate, sto divagando.

Non credo di essere mai arrivato in aeroporto prima dell’apertura dei varchi per i controlli di sicurezza. Alle 4:30 finalmente arrivano gli addetti e passiamo con tutta calma dall’altra parte. Il molo dell’area partenze è completamente vuoto (d’altronde siamo i primissimi passeggeri) e soprattutto è incredibilmente lungo.

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Passato il controllo passaporti, arriviamo davanti al nostro gate, il B32. Il volo è in orario, la nostra macchina, D-ATUB, è già al finger. Ah, già che ci sono, chiedo venia per la qualità pessima delle foto: questa volta la reflex è rimasta a casa e mi sono affidato al malefico melafonino.

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Poco lontano, G-EUYM sta ancora dormendo in attesa di ripartire per LHR come BA963.

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Imbarchiamo in orario e saliamo sul nostro 737-800. Constato con piacere che si tratta di una macchina abbastanza recente, dotata del nuovo Sky Interior: le nuove cappelliere, in effetti, danno la sensazione di una cabina ben più ampia di quanto non lo sia in realtà, mentre le luci LED rendono il tutto piuttosto scenografico. Mi piace.

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HAM-BVC-SID
X3 6244
06:00 LT - 12:25 LT (arr. BVC 11:05 LT, part. 11:45 LT)
Boeing 737-800 (Winglets) | LN: 3497 | Delivery date: 18/12/2010
D-ATUB
Seat 5F


Appena terminato l’imbarco il nostro vicino di sedile si sposta su un’altra fila: evvai, 3 sedili tutti per noi! Più tardi risulterà chiaro che il volo è ben lungi dall’essere pieno, quindi mi sposterò due file più avanti per potermi stendere su 3 sedili e recuperare almeno qualche ora di sonno.

Poco più di un’ora dopo il decollo, sotto un cielo stellato e completamente terso, passiamo a sud di Londra: purtroppo la foto non rende giustizia allo spettacolo offerto dalla metropoli completamente illuminata. Si distinguono perfettamente Heathrow (visibile anche nella foto), Gatwick, addirittura Bristol e la piccola Bath, dove solo poche settimane fa ho ritirato il mio diploma di laurea.

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Arriva il rancio: la scelta è fra uova strapazzate e Pfannkuchen (delle frittelline dolci). Io opto per il piatto salato, senz’altro commestibile, eccezion fatta per quella specie di tortino di patate sulla destra. I Pfannkuchen scelti dalla morosa, invece, sono proprio buoni.

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Meritano una nota le assistenti di volo: molto teutoniche e molto comiche nell’aspetto e nel linguaggio non verbale, davvero uno spasso, specie la purser Anja. Grazie al cuscino e alla coperta forniti da TUIfly, crollo sulla fila 3 e mi sveglio qualche ora dopo, quando fuori comincia già ad albeggiare.

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Ormai manca poco:
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Comincia la discesa verso Boa Vista, dove faremo scalo prima di proseguire per gli ultimi 60 chilometri che ci separano da Sal. Il paesaggio è brullo ma non brutto, mentre l’aerostazione, per quello che sono riuscito a scorgere, sembra abbastanza nuova.

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Rimaniamo a bordo durante le operazioni di sbarco e imbarco, mentre fuori si vede un 737-800 Luxair.

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Decolliamo con leggero anticipo e facciamo letteralmente un “salto” a Sal: l’aereo vola quasi lungo una linea retta, raggiungendo a malapena i 1200 metri di altitudine. In un quarto d’ora scarso siamo già all’aeroporto Amilcar Cabral.

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Fa caldo, anche la maglia di cotone è troppo pesante. Nonostante ci siano un po’ di nuvole, che peraltro spariranno nel pomeriggio, la sensazione di poter sfuggire almeno per qualche giorno al clima berlinese di gennaio è estremamente appagante.

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La fila al controllo passaporti è piuttosto lenta: ci sono solo due postazioni e oltre a noi è arrivato anche un volo Transavia da AMS. Osserviamo la maggior parte dei passeggeri venire reindirizzata da una postazione all’altra per fare il visto on arrival. Noi ne siamo già provvisti, quindi passiamo senza problemi.

La riconsegna dei bagagli ci dà un primo assaggio dell’estremo relax che pervade queste isole e i suoi abitanti: le valigie vengono buttate sul nastro ad mentulam canis, cosicché quella di Valentina cade dietro al nastro. Mi rivolgo a un’assistente di terra e faccio presente la situazione: scattante come un bradipo (credo di aver visto anche uno sbadiglio), la signorina va a sbrigare altre faccende, finché dopo una ventina di minuti entra un agente di rampa e recupera la valigia. Obrigado.

Cambiamo velocemente un po’ di soldi e prendiamo un taxi per il nostro piccolo albergo nella cittadina di Santa Maria, distante circa 15-20 chilometri, nell’estremo sud dell’isola. Il prezzo concordato è di 1200 scudi, che al cambio fisso di 110,265 scudi per un euro fanno poco meno di 11 euro, più che onesto.

Per oggi mi fermo qui. Dato che mi piace l’idea che un trip report possa essere anche un po’ interattivo, vorrei lasciare a voi il compito di decidere sulla prossima parte: OT sull’isola di Sal, o volo di ritorno?
 
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Bell'inizio, sorprendente la foto di Londra!

grazie mille, aspetto con ansia il ritorno con suspennnnnnce!
 
Boicotare il TR se non partecipa alla cena veneta. Che venexian xe uno che vive a Berlino? A Rostock devi vivere
 
Bell'inizio, attendo l'OT su Capo Verde.

Il 737 TUIfly è configurato a scatola di sardine o ha un pitch accettabile per tutte quelle ore?
 
Che dire: grazie per questi primi commenti! Mi sembra che almeno un paio di voi siano favorevoli all'OT: sarete accontentati con la prossima parte oggi pomeriggio :)

Boicotare il TR se non partecipa alla cena veneta. Che venexian xe uno che vive a Berlino? A Rostock devi vivere

Proprio Rostock? Questa è pesante :D Purtroppo la vedo dura per la cena, ma... mai dire mai!

Il 737 TUIfly è configurato a scatola di sardine o ha un pitch accettabile per tutte quelle ore?

Il 737-800 X3 è configurato a 189Y con pitch di 30', ma stranamente non mi è sembrato strettissimo (sono alto 1,85 m). Tuttavia, c'è da dire che all'andata ho potuto stendere le gambe nel posto centrale vuoto, e soprattutto ho dormito disteso su 3 sedili per la maggior parte delle 6-7 ore di volo. Al ritorno, come vedremo, è andata diversamente...
 
Se non vuoi andare a Rostock e alla cena allora vai al Panorama bar di Berlino e di che cerchi Cesare Caldi

Xe passi altri prima di ti
 
Proseguo con la prima parte di OT; ce ne sarà una seconda dedicata ad altre parti dell’isola.

1 gennaio 2013, ore 13:00

Il tassista ha il piede discretamente pesante, così dopo aver attraversato in un quarto d’ora scarso tutta l’autostrada dell’isola arriviamo a Santa Maria. Abbiamo scelto di alloggiare all’hotel Aquamarina Suites, all’inizio della centrale Rua 1 de Junho, a due passi dalla spiaggia… nonché da tutto il resto :D L’albergo è piccolo, la “suite” è senza pretese ma confortevole e abbastanza ampia, ed è inclusa pure la colazione. Quest’ultima comprende uova fresche (!), pane, burro, marmellata, caffè, formaggio, degli affettati non meglio identificati, cereali e latte. Il latte non sa di niente, mentre il caffè finiremo per berlo al bar dato che la moka in dotazione non funziona proprio benissimo. Nel complesso, però, per meno di 30 euro a notte a capoccia non c’è davvero di che lamentarsi. Piacevole anche la lounge a cielo aperto.

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Anche il personale è cordiale, seppur non sveglissimo né particolarmente propenso alle lingue straniere, ma poco male, qualche nozione di portoghese ce l’abbiamo, quindi ci si capisce :) Una nota di merito va alla pulizia dell’albergo e di tutti i locali del paese: continuano a pulire dalla mattina alla sera, mai visto niente di simile. Arrivati in camera constatiamo che alcune prese di corrente non funzionano: la signorina alla reception chiama il padrone, un portoghese molto gentile, che a sua volta fa arrivare in meno di mezz’ora il suo bizzarro “elettricista”. È un capoverdiano un po’ arruffato, armato di un cacciavite, una pinza e forse un paio di viti sfuse nella tasca dei pantaloni. Comincia ad esaminare le prese di corrente senza aver l’aria di uno che sappia davvero il fatto suo, tanto che pensiamo che forse da soli ce la saremmo cavata meglio, ma alla fine il problema viene risolto. Ringraziamo e usciamo a fare due passi dopo esserci finalmente cambiati.

Passiamo davanti a dei cartelli quantomeno equivoci…

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… e proseguiamo lungo la Rua 1 de Junho fino alla Praça Marcelo Leitão, dotata tra l’altro di wi-fi pubblico gratis. Contrariamente alle nostre attese, il wi-fi qui è molto diffuso: sono pochi i bar che non lo offrono. Avvertiamo un certo languorino, quindi decidiamo di testare subito la cucina locale al “Café Cultural”, che si trova sempre nella stessa piazza.

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Anzi, già che ci siamo, deviamo dal racconto-cronaca e parliamo un po’ di cibo e ristoranti.

La cucina capoverdiana ruota principalmente intorno al pesce, ai molluschi e ai crostacei. L’ideale per uno come me, che di pesce potrebbe viverci! Il mio primo incontro culinario è con il buzio, ovvero un bollito di molluschi. Insolito ma buono.

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Sono molto comuni anche i gamberi, perlopiù grigliati. La foto qui sotto è stata fatta al ristorante “Funana d’Vila” la prima sera, forse l’unico locale deludente dell’intera vacanza: mentre i gamberi erano buoni, il mio pesce grigliato era pessimo. Anche il servizio era lento e parecchio approssimativo: bocciato!

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La seconda sera capitiamo per caso in una viuzza laterale di Rua 1 de Junho e scopriamo il “Sapo com fome”, letteralmente “La rana affamata”, un minuscolo ristorantino a gestione familiare e interamente femminile. Dentro è tutto pieno, quindi ci accomodiamo all’unico tavolino esterno, minuscolo, come del resto minuscolo è il marciapiede.

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Le cameriere, simpaticissime e molto ospitali, ci consigliano di provare uno dei piatti davvero tipici di Capo Verde: la cachupa rica. È una zuppa di granturco, fagioli, patate, carote, altre verdure e pesce, nel nostro caso del tonno (ma la cachupa può essere fatta anche con il pollo o altre carni). A dispetto delle apparenze è davvero deliziosa. Io provo invece un trancio di tonno alla griglia con salsa di cipolle e quello che sembra essere il contorno standard di quasi ogni piatto sull’isola: patatine fritte, riso e insalata. Non è certo alta cucina, ma è piacevole e i prezzi sono onestissimi.

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Un’altra meta consigliata è il “Café Creoulo”, tanto semplice nell’ambiente quanto soddisfacente per il palato. Molto cordiale il personale e molto vario il menù: io provo l’insalata di polpo, ottima, mentre Valentina opta per un carpaccio di tonno marinato saporitissimo.

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Ma i piatti tipici da provare sono ancora tanti! Qualche giorno dopo proviamo lo spiedino di pesce e gamberi (buono) e i calamari alla capoverdiana, ovvero bolliti con pomodoro, patate e cipolle: si sciolgono in bocca, davvero buonissimi.

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La prima sera, se ricordate, al “Funana” avevo provato un pesce alla griglia che non mi era piaciuto per niente. Questa cernia tropicale del “Café Creoulo”, in portoghese garoupa, supera invece le mie aspettative facendomi dimenticare definitivamente la delusione:

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Gustosissimo, anche se leggermente duro, il polpo alla griglia:

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Al ristorante “Barracuda” provo il trancio di wahoo, una specie di tonno bianco. Ricorda un po’ lo spada, lo trovo buono. Per il resto invece il ristorante non è niente di speciale: porzioni misere in rapporto al prezzo, vini scadenti.

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L’apice del godimento, però, è la lagosta, ovvero l’aragosta. La terza sera ceniamo al “Café Leonardo”, forse l’unico ristorante di un certo livello di tutta Santa Maria (ci avviciniamo al club level), dove io divoro un gigantesco piatto di tagliatelle con un’intera aragosta per 15 euro scarsi: mi sembra un prezzo davvero buono, finché pochi giorni dopo Valentina mi straccia mangiando lo stesso piatto per l’equivalente di 6,50 euro nel paesino di Palmeira. Pazienza, a me è piaciuto comunque moltissimo :D Pare inoltre che siamo stati fortunati a trovare l’aragosta, perché in questa stagione ce ne sono poche.

Prima…

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… e dopo!
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Ah, il “Café Leonardo” eccelle anche in tutto il resto, come per esempio questi ravioli di pesce con gamberi, zucchine e salsa allo zafferano. Divini.

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Avrete capito che il cibo locale non è per niente male. Ma cosa si beve? Mentre i vini che ho trovato non meritano menzione, la birra locale Strela non è malaccio e costa pure poco. Ne provo subito una al “Café Cultural”.

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Dopo aver pranzato a buzio e Strela chiediamo informazioni in un paio di agenzie di viaggio sugli orari dei voli interni operati da TACV e Halcyon Air. La nostra idea, o meglio la nostra speranza, è quella di fare una gita in aereo in giornata: un po’ per l’effettivo interesse nel vedere un’altra isola, un po’ (tanto) per il semplice gusto di volare :D Purtroppo gli orari non ci permettono di tornare in giornata, e i costi sono un pelo proibitivi, quindi rimandiamo al prossimo viaggio.
Per consolarci facciamo una passeggiata sulla sterminata spiaggia di Santa Maria, spingendoci fino alla estremità sudoccidentale dell’isola. C’è poca gente, qualche bagnante e molti (kite-)surfisti. Passiamo davanti a dei villaggi-vacanza e constatiamo che, pur trovandosi questi a soli 5-10 minuti a piedi dal paesino, sembrano essere due mondi diversi. L’impressione è che solo pochi di questi vacanzieri si spostino dal loro resort, anche la sera. Tanto meglio per noi!

Continuiamo a passeggiare, osservando la spiaggia pulitissima e gli strani reperti, come per esempio un vecchio faro, il relitto di una barca, o un copertone solitario sul bagnasciuga.



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Ovviamente la nostra attività principale nei giorni seguenti è abbrustolirci al sole :D Il vento è abbastanza forte, tanto da non far sentire il calore del sole nonostante le temperature di 27-28 gradi: è importante usare abbondanti quantità di crema solare per evitare colpi di calore, come succederà al sottoscritto l’ultimo giorno… ops!

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Per fortuna il cielo grigio del primo giorno sparisce, lasciando il posto a un cielo terso nel quale le nuvole tropicali creano bellissimi effetti cromatici al tramonto. L’ideale è goderseli sorseggiando una caipirinha, che qui costa in media 300 scudi (2,70 euro), o 150 scudi durante l’happy hour, ovvero quasi tutta la sera dalle 18 in poi :D

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Sono moltissimi anche i cani e i gatti che si crogiolano al sole e scorrazzano liberi per la spiaggia. Quando si dice una vita da cani…

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La settimana trascorre nel relax più totale seguendo il motto degli isolani: no stress! Però siamo ancora un po’ amareggiati per la mancata escursione in aereo, quindi decidiamo di noleggiare un’automobile per visitare almeno tutto il resto di Sal. Inizialmente trovare un’auto per il weekend sembra quasi impossibile: ci viene spiegato che in tutta l’isola vi sono appena una cinquantina di automobili a noleggio, tutte prenotate. Decidiamo allora di andare all’ufficio TUI, che si trova poco fuori la cittadina.

Qui avviene anche l’unico incontro sgradevole con un ambulante fin troppo insistente, peraltro non capoverdiano, bensì senegalese. I nativi, al contrario, sono estremamente cordiali e mai insistenti, anche quando si mette piede nei loro negozi di souvenir. Si ha l’impressione che la maggior parte di essi siano contenti anche solo di fare due chiacchiere. Una cosa curiosa che merita un ulteriore excursus è il diverso atteggiamento mostrato a seconda della nazionalità del turista. L’italiano sembra essere trattato con molta più confidenza, per non dire che si viene seguiti in modo un po’ più persistente nella speranza che vengano lasciati un po’ di soldi. Dopo uno o due giorni decidiamo di metterli alla prova presentandoci come tedeschi: la differenza è nettissima, gli ambulanti rimangono cordiali ma non cercano di trascinarci per forza nei loro mercati o alla loro bancarella.

Dicevamo, con notevole fatica ci leviamo di torno l’ambulante e arriviamo all’ufficio TUI. Ci viene detto che sono disponibili dei fuoristrada per 60 euro al giorno: grazie, ci penseremo e ripasseremo più tardi. Consultiamo tutte le altre agenzie di Santa Maria e cominciamo a perdere le speranze: nessuno ha auto disponibili prima di lunedì o addirittura martedì, quando dovremo già partire. All’ultimo, tuttavia, con un colpo di fortuna rimediamo una Panda per una quarantina di euro: evviva! Non è 4x4, ma non prevediamo di affrontare degli sterrati particolarmente disagevoli. O almeno così pensiamo.

Continua…
 
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bello venexiano!!!Certo che mettermi a guardare questo TR un lunedi pom di febbraio mi manda in depressione!!!
Su su forza col resto ;)

Mio caro padre, oggi a Londra e' comparsa una cosa strana gialla e luminosa... mi dicono si chiami sole. :-)! Senza quella mi sarei buttato dal marciapiede senza paracadute dopo aver guaradato questo TR e quell'altro dei Caraibi. Ma non saremo un po' masochisti ? :-)