Citazione:Messaggio inserito da Alain
Caro Busato,
qualche chiarimento, prima di risponderle, per i lettori che non sono al corrente di ciò che è stato discusso alla Università Bocconi nella mattina del 15 marzo. La tavola rotonda a cui lei allude è stata organizzata dal professor Lanfranco Senn in occasione della presenza a Milano di uno studioso britannico, Peter Hall, che ha ricevuto il premio Balzan 2005 per la sua monumentale opera sulla storia delle città europee. Nella sua conferenza Hall ha parlato delle megacittà e delle grandi regioni che le circondano. Uno dei grafici più interessanti, fra quelli proiettati sullo schermo dell’aula in cui ha avuto luogo la conferenza, rappresenta una sorta di Pentagono che comprende le importanti aree produttive dell’Inghilterra meridionale, i grandi centri belgi e olandesi, una parte considerevole della Francia orientale e della Germania occidentale, la Svizzera e un pezzo di Italia settentrionale. Di questo Pentagono, che è per molti aspetti il cuore e il cervello, dell’Europa, Milano rappresenta quindi la punta meridionale, ai confini con aree molto prospere, ma non altrettanto dinamiche.
La principale caratteristica del Pentagono, se ho ben capito la spiegazione di Peter Hall, è quella di avere un raffinato sistema di comunicazioni interne ed esterne. Una città può restare nel Pentagono, in altre parole, soltanto se è in grado di offrire ai propri abitanti la possibilità di comunicare nel modo più rapido ed efficace con le altri parti del «cuore» e con il mondo. Quando il professor Senn mi ha dato la parola, ho amaramente constatato che l’Italia aveva perduto la battaglia della Malpensa. Intendevo dire che il maggiore aeroporto di Milano non è un «hub» (il fulcro da cui si staccano i raggi della ruota) e che non garantisce ai cittadini della megaregione i vantaggi di Londra, Francoforte, Parigi. Un milanese non può andare a Shanghai o a Buenos Aires se non passando da un altro aeroporto europeo. E se i cittadini della Val di Susa riusciranno a impedire la costruzione della Tav, non potrà neppure inserirsi nella grande rete di comunicazione che si sta realizzando al centro del Pentagono.
All’origine di questo handicap vi è naturalmente la crisi dell’Alitalia e il fallimento dell’intesa che la linea italiana aveva concluso qualche anno fa con la Klm. La nostra società di bandiera è stabilita a Roma, dove vive e lavora la maggior parte del suo personale di terra e di volo. Non mi sembra che abbia preso in considerazione la necessità di trasferire a Milano il centro dei suoi interessi e di adottare, per restare in gioco, la prospettiva del Pentagono disegnato da Peter Hall. E non mi sembra che il governo, nonostante le origini del presidente del Consiglio e del suo partito, abbia affrontato il problema in una prospettiva milanese. La questione Alitalia è stata trattata come una questione romana e sindacale, vale a dire, in ultima analisi, corporativa e provinciale. A Walter Veltroni non mi sentirei di muovere alcun rimprovero. Ogni uomo politico deve valorizzare la propria funzione e rispondere delle proprie decisioni a coloro che lo hanno eletto. Dal sindaco di Milano, invece, mi sarei aspettato interventi e ammonimenti più energici.