Oggi sul Corriere Bergamo, editoriale del direttore del dorso.
Il dibattito si fa caldo, dopo la bocciatura da parte del TAR del piano acustico.
Personalmente, sarei per tenerle le partecipazioni, sia quelle del Comune che della Provincia. Meglio immobilizzati quei soldi che nelle mani del politico di turno. Tutto sommato, assicurano una piccola rendita e consentono di avere un piedino nella stanza delle decisioni, seppure solo per ascoltare quel che si decide. E' anche vero, però, che questo principio del contemperamento tra i sviluppo e sostenibilità di cui tutti parlano, fino a che qualcuno non si prende la briga di calarlo nella realtà con ipotesi concrete, rimane aria fritta.
Tanto per fare un esempio, per quali compagnie e per quali voli (linea, charter stagionali...) si dovrebbe incrementare il numero dei voli e l'attività della struttura? Nemmeno in SACBO hanno una risposta precisa.... ma sono sicuri di incrementare. E' forse solo una speranza? Ma se non ci sono reali aspettative, a che serve tutto questo baccano sullo sviluppo ulteriore?
Altra riflessione è che SACBO fa finta di dispiacersi della bocciatura del piano acustico, ma in realtà ha colto la balla al balzo per fermare tutti gli investimenti di insonorizzazione e climatizzazione che nel piano erano previsti..... della serie a pagare e morire c'è sempre tempo.
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Orio, il Comune non può rimanere
in mezzo al guado
C'è da chiedersi se, e fino a che punto, i consiglieri comunali di Bergamo che lunedì scorso hanno approvato un ordine del giorno per impegnare «il sindaco e la Giunta a contrastare ogni ipotesi di ulteriore sviluppo dell'aeroporto» siano consapevoli della portata di ciò che chiedono. Sul piano meramente economico anche uno studente del primo anno della più scalcinata università può obiettare che mettere un freno ad una società per azioni è un non senso. Meglio, una contraddizione in termini. Essendo il fine dell'impresa il profitto (anche nella versione meno speculativa possibile), rinunciare a priori a possibili margini di crescita è un modo per autoconfinarsi in una condizione di sopravvivenza che non può reggere a fronte di competitori che certo non stanno a guardare. Figuriamoci in un settore ad altissima concorrenza come quello del traffico aereo.
Ma si sconfina addirittura nel paradosso quando si osserva che il Comune di Bergamo non è un soggetto qualsiasi, ma il terzo azionista (con quasi il 14 per cento) della Sacbo. Qui il problema diventa più complesso. Se la propria strategia non è allineata, o addirittura si pone in netta distonìa rispetto a quella degli altri soci, c'è una sola strada: si esce dalla compagine azionaria. Così si fa in economia. In politica, dove vigono ragioni che la ragione non sempre conosce, ci si avventura su strade poco chiare. Come quella che auspicano i consiglieri comunali: rimanere in mezzo al guado, stare in società per controllare e mettere un freno e non, come si dovrebbe, per contribuire a sviluppare un'impresa che, insieme ad innegabili e forse (diciamocelo chiaramente) irrisolvibili problemi di compatibilità ambientale, è un motore di sviluppo per il territorio, offre lavoro a migliaia di persone, genera profitti che, attraverso gli utili, vengono poi reinvestiti.
A nessuno sfugge la delicatezza del ruolo di un aeroporto cresciuto in un'area densamente antropizzata. E non sta scritto da nessuna parte che lo scalo debba crescere in maniera incontrollata. I diritti di chi vive nei dintorni dello scalo non valgono meno di quelli di chi ci lavora. Ed è giusto, anzi doveroso, cercare di tutelare entrambi. Ma anche la logica, non solo economica, richiede di essere rispettata.
Con il pacchetto azionario a disposizione è illusorio pensare che il Comune di Bergamo possa condizionare le strategie della società. Non è avvenuto fino ad oggi, perché dovrebbe succedere in futuro? E allora, per evitare di tenere inutilmente bloccato un patrimonio quanto mai prezioso di questi tempi, tanto vale mettere sul mercato le proprie azioni. Secondo una stima tecnica, valgono all'incirca 30 milioni. Avete presente quante opere si potrebbero realizzare, anche o soprattutto a beneficio dei quartieri che pagano il prezzo più alto all'attività dello scalo?
Non è un caso che l'ipotesi abbia iniziato a circolare negli ambienti della politica. Il tema è destinato a diventare centrale nella campagna elettorale del prossimo anno. Sarà bene che chi si candida alla guida della città dica chiaramente cosa vuole fare. In un senso o nell'altro. Ogni opzione è legittima. Tranne, forse, quella di fermarsi in mezzo al guado
Il dibattito si fa caldo, dopo la bocciatura da parte del TAR del piano acustico.
Personalmente, sarei per tenerle le partecipazioni, sia quelle del Comune che della Provincia. Meglio immobilizzati quei soldi che nelle mani del politico di turno. Tutto sommato, assicurano una piccola rendita e consentono di avere un piedino nella stanza delle decisioni, seppure solo per ascoltare quel che si decide. E' anche vero, però, che questo principio del contemperamento tra i sviluppo e sostenibilità di cui tutti parlano, fino a che qualcuno non si prende la briga di calarlo nella realtà con ipotesi concrete, rimane aria fritta.
Tanto per fare un esempio, per quali compagnie e per quali voli (linea, charter stagionali...) si dovrebbe incrementare il numero dei voli e l'attività della struttura? Nemmeno in SACBO hanno una risposta precisa.... ma sono sicuri di incrementare. E' forse solo una speranza? Ma se non ci sono reali aspettative, a che serve tutto questo baccano sullo sviluppo ulteriore?
Altra riflessione è che SACBO fa finta di dispiacersi della bocciatura del piano acustico, ma in realtà ha colto la balla al balzo per fermare tutti gli investimenti di insonorizzazione e climatizzazione che nel piano erano previsti..... della serie a pagare e morire c'è sempre tempo.
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Orio, il Comune non può rimanere
in mezzo al guado
C'è da chiedersi se, e fino a che punto, i consiglieri comunali di Bergamo che lunedì scorso hanno approvato un ordine del giorno per impegnare «il sindaco e la Giunta a contrastare ogni ipotesi di ulteriore sviluppo dell'aeroporto» siano consapevoli della portata di ciò che chiedono. Sul piano meramente economico anche uno studente del primo anno della più scalcinata università può obiettare che mettere un freno ad una società per azioni è un non senso. Meglio, una contraddizione in termini. Essendo il fine dell'impresa il profitto (anche nella versione meno speculativa possibile), rinunciare a priori a possibili margini di crescita è un modo per autoconfinarsi in una condizione di sopravvivenza che non può reggere a fronte di competitori che certo non stanno a guardare. Figuriamoci in un settore ad altissima concorrenza come quello del traffico aereo.
Ma si sconfina addirittura nel paradosso quando si osserva che il Comune di Bergamo non è un soggetto qualsiasi, ma il terzo azionista (con quasi il 14 per cento) della Sacbo. Qui il problema diventa più complesso. Se la propria strategia non è allineata, o addirittura si pone in netta distonìa rispetto a quella degli altri soci, c'è una sola strada: si esce dalla compagine azionaria. Così si fa in economia. In politica, dove vigono ragioni che la ragione non sempre conosce, ci si avventura su strade poco chiare. Come quella che auspicano i consiglieri comunali: rimanere in mezzo al guado, stare in società per controllare e mettere un freno e non, come si dovrebbe, per contribuire a sviluppare un'impresa che, insieme ad innegabili e forse (diciamocelo chiaramente) irrisolvibili problemi di compatibilità ambientale, è un motore di sviluppo per il territorio, offre lavoro a migliaia di persone, genera profitti che, attraverso gli utili, vengono poi reinvestiti.
A nessuno sfugge la delicatezza del ruolo di un aeroporto cresciuto in un'area densamente antropizzata. E non sta scritto da nessuna parte che lo scalo debba crescere in maniera incontrollata. I diritti di chi vive nei dintorni dello scalo non valgono meno di quelli di chi ci lavora. Ed è giusto, anzi doveroso, cercare di tutelare entrambi. Ma anche la logica, non solo economica, richiede di essere rispettata.
Con il pacchetto azionario a disposizione è illusorio pensare che il Comune di Bergamo possa condizionare le strategie della società. Non è avvenuto fino ad oggi, perché dovrebbe succedere in futuro? E allora, per evitare di tenere inutilmente bloccato un patrimonio quanto mai prezioso di questi tempi, tanto vale mettere sul mercato le proprie azioni. Secondo una stima tecnica, valgono all'incirca 30 milioni. Avete presente quante opere si potrebbero realizzare, anche o soprattutto a beneficio dei quartieri che pagano il prezzo più alto all'attività dello scalo?
Non è un caso che l'ipotesi abbia iniziato a circolare negli ambienti della politica. Il tema è destinato a diventare centrale nella campagna elettorale del prossimo anno. Sarà bene che chi si candida alla guida della città dica chiaramente cosa vuole fare. In un senso o nell'altro. Ogni opzione è legittima. Tranne, forse, quella di fermarsi in mezzo al guado