Risarcimento e rotte sbloccate per ritirare la causa su Malpensa
Bonomi (Sea): pronti a un passo indietro, ma non gratis
Il presidente della società dello scalo lombardo apre uno spiraglio sul ricorso da 1,25 miliardi
MILANO - La Sea apre uno spiraglio al governo e pone due condizioni per rinunciare alla maxi-causa da 1,25 miliardi intentata ad Alitalia per l'addio a Malpensa. "Mettiamo le cose in chiaro - spiega il numero uno del gestore degli aeroporti milanesi Giuseppe Bonomi -. Romano Prodi mi ha chiesto di ritirare la richiesta di danni spiegandomi che il governo non è in grado di farsi carico del procedimento garantendo Parigi. Noi però non possiamo certo fare un passo indietro gratis. La causa è un atto ponderato e dovuto, a tutela dell'azienda, dei soci e dei lavoratori. Ma c'è un'altra strada per risolvere questo problema...".
E quale sarebbe? Di tempo non ce n'è molto visto che Spinetta chiede certezze entro il 31 marzo.
"Il percorso l'ha indicato Air France nella sua offerta d'acquisto: l'ipotesi di una transazione. Se ci arrivasse una proposta seria noi saremmo in grado di valutarla in tempi strettissimi, anche in via stragiudiziale e prima di fine marzo".
Cosa chiedete in cambio?
"Che Malpensa non paghi di tasca sua i conti delle inadempienze di Alitalia e che le siano garantiti gli strumenti per tornare a svilupparsi"
Detto in soldoni?
"Vogliamo in ogni caso un risarcimento. Se Alitalia ci dà una mano a ridimensionarne le conseguenze del suo addio può essere rivisto rispetto alle richieste iniziali. Il grosso delle nostre pretese, infatti, si riferisce ai danni "futuri". Poi chiediamo una cosa semplice: una rapida revisione degli accordi bilaterali che ci consenta di aprire nuovi voli intercontinentali da Malpensa e la garanzia di una parità d'accesso da Milano e Roma. Il mio timore è che Parigi pretenda di ereditare quella politica di tipo protezionistico garantita ad Alitalia negli ultimi 20 anni. Giustificata quando il governo era azionista. Ora non più. Senza diritti di traffico Malpensa non attirerà mai un nuovo vettore di riferimento".
Avete già una lista di trattati da rivedere?
"Certo. Quelli relativi ai paesi dove abbiamo già richieste in liste d'attesa. Le faccio l'elenco. Emirates vuole raddoppiare da 7 a 14 le frequenze settimanali con gli Emirati, El Al quelle per Israele, Belavia vuole andare a Minsk, Malaysia vuole aprire 7 voli per Kuala Lumpur, Cathay e Oasis altrettanti per Hong Kong, Korean e Asiana 7 per Seul, Biman per il Bangla Desh. E vuole sapere qual è il problema? Che io non posso aprire queste sette rotte perché mancano gli spazi nei trattati bilaterali. Poi ci sono richieste di vettori italiani - Air Italy, Blue Panorama, Eurofly e Neos - per Argentina, Brasile, Egitto, Giappone, Ghana, Nigeria, Russia, Venezuela. Si risolvano queste priorità e Sea valuterà che fare della sua causa ad Alitalia".
Il Governo però sostiene di aver già fatto la sua parte garantendo gli strumenti per affrontare la crisi. Non vi basta?
"La crisi non è colpa nostra. Dipende da fattori esterni. Noi abbiamo solo chiesto gli stessi strumenti che tutti, Alitalia in primis, utilizzano da anni. E non per espellere lavoratori ma per affrontare un periodo difficile che ci auguriamo di breve durata e da cui contiamo di uscire con le nostre forze".
Qualcuno vi accusa di mettere a rischio la sopravvivenza della compagnia di bandiera e il lavoro di migliaia di persone...
"È un'accusa risibile. La causa Sea è solo una delle nove condizioni imposte da Parigi. O l'hanno sottovalutata prima o non si tiene conto del fatto che Parigi ha messo sul piatto una proposta con vincoli impressionanti. Se all'inizio della procedura di vendita fossero state garantite le condizioni che si offrono oggi ad Air France, sono certo che ci sarebbero stati molti altri operatori pronti a rilevare la Magliana"
Quanto costa alla Sea l'addio di Alitalia?
"Un buco di 70 milioni l'anno nei conti, più un danno massimo occupazionale di 900 lavoratori, sulla base del vecchio piano. Il nuovo è ancora peggiore visto che è arrivata la ciliegina sulla torta della chiusura del cargo. Un danno clamoroso per il sistema produttivo italiano e per la competitività delle nostre imprese".
Malpensa tornerà ad essere un hub?
"Mi auguro di sì. Ma servono due cose: i diritti di traffico e l'ok del governo a una riorganizzazione dell'aeroporto di Linate. Anche qui ho un gran timore. Alitalia pochi mesi fa ha posto i tagli a Linate come condizione per restare a Malpensa. Adesso temo che Air France tiri in direzione opposta. Potenziare Linate per tarpare di nuovo le ali a Malpensa".
Repubblica
Bonomi (Sea): pronti a un passo indietro, ma non gratis
Il presidente della società dello scalo lombardo apre uno spiraglio sul ricorso da 1,25 miliardi
MILANO - La Sea apre uno spiraglio al governo e pone due condizioni per rinunciare alla maxi-causa da 1,25 miliardi intentata ad Alitalia per l'addio a Malpensa. "Mettiamo le cose in chiaro - spiega il numero uno del gestore degli aeroporti milanesi Giuseppe Bonomi -. Romano Prodi mi ha chiesto di ritirare la richiesta di danni spiegandomi che il governo non è in grado di farsi carico del procedimento garantendo Parigi. Noi però non possiamo certo fare un passo indietro gratis. La causa è un atto ponderato e dovuto, a tutela dell'azienda, dei soci e dei lavoratori. Ma c'è un'altra strada per risolvere questo problema...".
E quale sarebbe? Di tempo non ce n'è molto visto che Spinetta chiede certezze entro il 31 marzo.
"Il percorso l'ha indicato Air France nella sua offerta d'acquisto: l'ipotesi di una transazione. Se ci arrivasse una proposta seria noi saremmo in grado di valutarla in tempi strettissimi, anche in via stragiudiziale e prima di fine marzo".
Cosa chiedete in cambio?
"Che Malpensa non paghi di tasca sua i conti delle inadempienze di Alitalia e che le siano garantiti gli strumenti per tornare a svilupparsi"
Detto in soldoni?
"Vogliamo in ogni caso un risarcimento. Se Alitalia ci dà una mano a ridimensionarne le conseguenze del suo addio può essere rivisto rispetto alle richieste iniziali. Il grosso delle nostre pretese, infatti, si riferisce ai danni "futuri". Poi chiediamo una cosa semplice: una rapida revisione degli accordi bilaterali che ci consenta di aprire nuovi voli intercontinentali da Malpensa e la garanzia di una parità d'accesso da Milano e Roma. Il mio timore è che Parigi pretenda di ereditare quella politica di tipo protezionistico garantita ad Alitalia negli ultimi 20 anni. Giustificata quando il governo era azionista. Ora non più. Senza diritti di traffico Malpensa non attirerà mai un nuovo vettore di riferimento".
Avete già una lista di trattati da rivedere?
"Certo. Quelli relativi ai paesi dove abbiamo già richieste in liste d'attesa. Le faccio l'elenco. Emirates vuole raddoppiare da 7 a 14 le frequenze settimanali con gli Emirati, El Al quelle per Israele, Belavia vuole andare a Minsk, Malaysia vuole aprire 7 voli per Kuala Lumpur, Cathay e Oasis altrettanti per Hong Kong, Korean e Asiana 7 per Seul, Biman per il Bangla Desh. E vuole sapere qual è il problema? Che io non posso aprire queste sette rotte perché mancano gli spazi nei trattati bilaterali. Poi ci sono richieste di vettori italiani - Air Italy, Blue Panorama, Eurofly e Neos - per Argentina, Brasile, Egitto, Giappone, Ghana, Nigeria, Russia, Venezuela. Si risolvano queste priorità e Sea valuterà che fare della sua causa ad Alitalia".
Il Governo però sostiene di aver già fatto la sua parte garantendo gli strumenti per affrontare la crisi. Non vi basta?
"La crisi non è colpa nostra. Dipende da fattori esterni. Noi abbiamo solo chiesto gli stessi strumenti che tutti, Alitalia in primis, utilizzano da anni. E non per espellere lavoratori ma per affrontare un periodo difficile che ci auguriamo di breve durata e da cui contiamo di uscire con le nostre forze".
Qualcuno vi accusa di mettere a rischio la sopravvivenza della compagnia di bandiera e il lavoro di migliaia di persone...
"È un'accusa risibile. La causa Sea è solo una delle nove condizioni imposte da Parigi. O l'hanno sottovalutata prima o non si tiene conto del fatto che Parigi ha messo sul piatto una proposta con vincoli impressionanti. Se all'inizio della procedura di vendita fossero state garantite le condizioni che si offrono oggi ad Air France, sono certo che ci sarebbero stati molti altri operatori pronti a rilevare la Magliana"
Quanto costa alla Sea l'addio di Alitalia?
"Un buco di 70 milioni l'anno nei conti, più un danno massimo occupazionale di 900 lavoratori, sulla base del vecchio piano. Il nuovo è ancora peggiore visto che è arrivata la ciliegina sulla torta della chiusura del cargo. Un danno clamoroso per il sistema produttivo italiano e per la competitività delle nostre imprese".
Malpensa tornerà ad essere un hub?
"Mi auguro di sì. Ma servono due cose: i diritti di traffico e l'ok del governo a una riorganizzazione dell'aeroporto di Linate. Anche qui ho un gran timore. Alitalia pochi mesi fa ha posto i tagli a Linate come condizione per restare a Malpensa. Adesso temo che Air France tiri in direzione opposta. Potenziare Linate per tarpare di nuovo le ali a Malpensa".
Repubblica