Quelli che l'aeroporto... lo fanno strano
di Flaminia Festuccia
Piste costruite sul mare o sul permafrost, atterraggi tra le case o tra i bagnanti. Da Osaka a San Paolo, dalla Savoia all'Antartide, i 18 scali più insoliti
Isole artificiali, autostrade che tagliano a metà la pista, un campo da golf da 18 buche, atterraggi sul ghiaccio. Sono solo alcune delle sfide che i piloti di tutto il mondo devono affrontare atterrando o decollando dagli aeroporti più strani - e a volte pericolosi - del pianeta. Il sito americano Popular Mechanic's ha preparato la sua lista, e gli scenari che descrive sono tali da far rabbrividire anche il comandante più esperto. Eppure da queste piste si parte ogni giorno, dal Brasile all'Antartide, passando per Bangkok e il Giappone. Ma ci sono anche aeroporti da brivido in Europa e negli Usa.
Da Gibilterra passano quotidianamente voli di linea. E gli abitanti hanno iniziato a dover fare i conti con il fatto che la Winston Churchill Avenue, la strada più trafficata del paese, viene ogni volta interrotta con l'abbassamento dei passaggi a livello per permettere agli aerei di atterrare in sicurezza: la pista, infatti, taglia esattamente a metà la strada. Pericolo attraversamento anche a Bangkok, all'aeroporto internazionale di Dong Mueang, dove un campo da golf - ad accesso limitato, proprio per problemi di sicurezza - si stende tra una pista e l'altra.
I piloti in arrivo e in partenza da San Paolo, in Brasile, si scontrano invece con un'altra difficoltà: la città si è espansa, arrivando quasi a inglobare le piste. E così tutte le manovre devono essere calibrate al massimo per non scontrarsi con gli edifici più alti sorti intorno all'aeroporto. Come succede anche a Tegucicalpa, capitale dell'Honduras, dove oltre agli edifici c'è l'aggravante delle montagne che circondano una pista di appena due chilometri di lunghezza, già teatro di incidenti, alcuni anche mortali.
Brividi anche ai Caraibi, a Saint Maarten. Gli aerei arrivano dall'oceano, e sorvolano bassissimi una spiaggia sempre affollata di turisti prima di atterrare. I bagnanti non sono realmente in pericolo, ma di certo vedere un jet rombante pochi metri sopra la propria testa non è l'ideale di vacanza relax al sole dei Caraibi.
Dove manca la terra, spesso si ricorre a isole artificiali o ad altrettanto artificiali prolungamenti di territori già esistenti. Questo è il caso di Macao, dove le piste si trovano su un'isola lunga e stretta, unita alla terraferma (e quindi ai terminal e alle torri di controllo) da due lingue di terra. A Madeira, isola portoghese, fino a qualche tempo fa gli atterraggi erano davvero da mozzare il fiato: la pista era lunga appena cinquemila piedi (poco più di un chilometro e mezzo).
Con una massiccia opera di ingegneria, la sua lunghezza è stata quasi raddoppiata grazie a un ponte con 200 pilastri, rendendo finalmente più sicure partenze e arrivi. Questo non è stato possibile nelle Antille Olandesi, a Saba: la pista lunga soli 400 metri, probabilmente la più corta al mondo, mette alla prova anche i piloti più esperti. Ma la sfida è necessaria per far arrivare velocemente agli abitanti posta e altri generi di prima necessità.
A Hong Kong, invece, due isolotti sono stati uniti per dar vita a un aeroporto dotato anche di un campo da golf da 9 buche e un polo fieristico internazionale. Visti i moltissimi voli d'affari che passano di qui, l'ideale per rilassarsi tra un viaggio e l'altro. Un'opera ancora più grandiosa quella che ha dato vita al Kansai International Airport, in Giappone: l'isola artificiale è talmente grande da essere visibile dallo spazio.
Qui però i problemi potrebbero venire dai cambiamenti climatici. Con l'innalzamento del livello dei mari, infatti, l'isola potrebbe essere sommersa. Anche alle Svalbard bisogna tenersi pronti al global warming. L'aeroporto che serve queste isole dell'oceano artico è stato costruito infatti sfruttando lo strato di durissimo permafrost, il terreno ghiacciato che non si scongela mai. Se le temperature continueranno ad aumentare ci sarà bisogno di continui lavori di manutenzione per non farlo sprofondare.
In altre zone si atterra direttamente sulla spiaggia: alla foce del fiume Copalis, nello stato di Washington, i piloti dei piccoli Cessna devono tenere d'occhio il colore della sabbia; dove è più scura, e quindi bagnata e compatta, l'atterraggio è più sicuro che sulla soffice sabbia asciutta. Stesso destino per l'isola scozzese di Barra. Oltre al problema di sabbia e detriti che possono danneggiare i motori o far inceppare ruote e ingranaggi, qui ci si scontra anche con le maree che puntualmente sommergono la spiaggia. E così i voli devono essere programmati seguendo i movimenti del mare.
In Antartide, invece, la pista è tutta di ghiaccio e neve battuta. Qui la difficoltà, oltre e individuare esattamente dove atterrare, è calibrare bene le manovre per non finire impantanati nella neve fresca. In Francia, nella località sciistica di Courchevel, sempre di neve si tratta, ma con una sfida in più: la pista non è in piano, ma ha una collina nel mezzo. Proprio per questo ai piloti è richiesta una particolare preparazione per ottenere il permesso di usufruire di questo rischioso aeroporto.