Sugli aeroporti scoppia la guerra dei campanili
Rotte tagliate, gli scali minori si ribellano
ALESSANDRO BARBERA
ROMA
Quando c’è di mezzo il campanile e il destino di aeroporti spesso lautamente finanziati dagli enti pubblici, non c’è colore politico che tenga. Il Governatore della Puglia Nichi Vendola e il presidente della Provincia di Bari Vincenzo Divella, che di aeroporti da difendere ne hanno quattro, sono già sulle barricate: «Una truffa ai danni del sud e a favore di Malpensa!». Il sindaco forzista di Palermo Diego Cammarata, insufflato dal Pd cittadino, è preoccupato della concorrenza di Catania, preferita alla storica capitale della Trinacria. Il numero uno dei deputati leghisti Roberto Cota e il presidente della Provincia di Milano Filippo Penati temono la reazione dei milanesi più pigri e si ergono a difesa di Linate, che nel piano dovrebbe diventare un «city Airport» per la sola navetta Roma-Milano.
«Chiediamo subito un incontro al governo per bloccare il ridimensionamento», tuonava ieri l’esponente Pd. Insomma, la nuova Alitalia non è ancora decollata eppure le indiscrezioni sul nuovo piano di voli della futura compagnia ha scatenato l’ira degli amministratori locali. Per riportare Alitalia alla redditività il piano industriale messo a punto da Boston Consulting prevede tagli severi: meno aerei (all’inizio saranno 136 contro i quasi 200 della somma Alitalia-Air One per salire gradualmente a 158) e di conseguenza meno rotte. Ma a subire il maggiore ridimensionamento non saranno i voli intercontinentali ed europei, bensì quelli nazionali. Nelle proiezioni fatte proprie dal piano Fenice sono previsti due scenari: nel primo l’alleanza con Parigi, l’altro con Lufthansa. I numeri sono più o meno gli stessi, salvo prevedere la concentrazione dei voli intercontinentali a Fiumicino (16 a 3 nel piano pro-Air France) o Malpensa (14 a 4). Comunque vada (lo scenario Air France-Klm al momento è il più probabile), il numero complessivo delle rotte a regime sarà quello previsto oggi dalla somma delle 14 di Alitalia e due di Air One.
Anche sulle destinazioni europee i numeri potrebbero avvicinarsi a quelli di oggi: sono complessivamente 56, saranno 34 o 22 da Roma, 30 o 41 da Malpensa. I tagli più forti sarannno invece su alcune rotte e nelle frequenze dei voli interni, quelli con un coefficiente di riempimento più basso (ovvero quelli che decollano semivuoti) e oggi operate sia da Alitalia che da Air One. Gli aeroporti «base» italiani saranno solo sei, gli stessi indicati dal vecchio piano Air One ai tempi della gara con i franco-olandesi: Fiumicino, Malpensa, Napoli, Catania, Torino e Venezia. Le 28 destinazioni interne diventeranno al massimo 24. Di Linate si è detto: non ci saranno più i 12 voli nazionali di Air One (più quello per il London City Airport) e i dieci di Alitalia. La reazione dei vertici pugliesi e siciliani è per il ridimensionamento delle frequenze su Palermo, Bari e Brindisi.
Entrambi dovranno rinunciare al volo per Linate, Palermo anche a quello per le isole minori (Pantelleria e Lampedusa). In compenso potrebbero nascere due voli da Trapani verso Bari e Bologna. Non ci saranno più i voli Alitalia da Pisa e Parma per Olbia. Lamezia Terme dovrà rinunciare al doppio collegamento con Roma di Air One ed Alitalia. Fatto salvo il problema tutto milanese di Linate, che - Comune permettendo - dovrebbe essere lentamente ridimensionato per far spazio a Malpensa, in alcune di queste città il traffico potrà essere recuperato dall’arrivo di nuove compagnie. Le low cost come EasyJet o Ryanair potrebbero recuperare gli slot ai quali la nuova Alitalia rinuncerà anche per agevolare la riapertura di un mercato che diversamente sarà quasi-monopolistico. Gli aeroporti nati solo per ragioni di campanile, come Parma o i pugliesi Grottaglie e Foggia, saranno costretti a chiudere. Nel Paese dei cento e più scali in perdita, forse sarà un bene.
La Stampa
CIAO
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