DC-7C Alitalia


Veramente splendido! [:304]


Vedere questa foto mi fa pensare ai libri del mitico Adalberto Pellegrino e delle sue prime traversate atlantiche su questo fantastico quadrimotore, che spesso faceva brutti scherzetti.



Grazie! [:306]
 
certop che era proprio piccolo per doverci attraversare l'oceano... e chissà in quanto tempo poi.... a me un pò di agitazione me l'avrebbe messa. E poi con quelle eliche chissà che rintontimento all'arrivo...
Però che bei tempi che erano...
 
Riporto un pezzo del fantastico libro "Benvenuti a bordo" di Adalberto Pellegrino che ci aiuta a saperne di più su questo splendido quadrimotore:


"L'Alitalia, dopo l'assorbimento della LAI avvenuto nel novembre 1957, ne eredità anche le linee per il Nord America (all'epoca gli scali serviti erano soltatnto quelli di Boston e di New York) iniziando a esercirle con i fiammanti DC 7/C Seven Seas dotati di quattro motori alternativi a iniezione diretta in grado di sviluppare ciascuno una potenza al decollo di 3.400 BHP (al livello del mare e con temperatura standard). Strabilianti gioielli tecnologici ma di conduzione assai delicata. Per ridurre il consumo di carburante in crociera era infatti necessario applicare la tecnica del "drop" - un impoverimento del rapporto stechiometrico intorno al 10% - che esasperava le prestazioni del motore, ma ne causava - non di rado - l'arresto. Circostanza poco esaltante per un aeroplano solido e confortevole: il meglio di quanto, sino allora, era stato prodotto da casa Douglas.

Nella versione adottata dall'Alitalia, quel DC7 trasportava 82 passeggeri, aveva bar e salottino e nella prima classe - ricavata nella sezione di coda - erano disponibili anche quattro bei letti spaziosi che si allestivano per la notte abbassandoli dalle paratie laterali dentro cui stavano normalmente incassati.

Dato il tipo d'impiego previsto, il Seven Seas era ovviamente ed efficacemente equipaggiato per affrontare condizioni metereologiche avverse e certificato per operazioni "ogni tempo". Oltre al riscaldamento elettrico delle prese dell'aria statica e dei tubi di Pitot, un sistema antighiaccio ad aria calda proteggeva ali e timoni di profondità; uno elettrico le pale delle eliche; uno ad alcool preveniva il blocco dei carburatori, entre tutti i finestrini anteriori erano dotati di sistemi sghiaccianti sia ad alcool che elettrici. Un complesso di apparati che serviva - e come! - non soltanto sugli scali di destinazione finale, ma anche per quelli tecnici (ancora possibili specialmente durante la stagione invernale quando l'abbassamento della tropopausa rendeva più forte la componente di vento avversa) di Shannon in Irlanda, di Gander a Terranova, o di Goose Bay nel Labrador, dove ci psavamo per fare rifornimento di carburante.

Sistemi antighiaccio poi che non era raro dover usare anche in crociera, durante i martorianti viaggi di 14/15 ore - spesso dentro le nubi - che servivano per andare dall'altra parte dell'Atlantico ai regimi di massima autonomia chilometrica."


E siccome la foto in oggetto ritrae un DC7 a New York...

"Il collegamento tipico effettuato allora dall'Alitalia sul Nord Atlantico era quello che univa Roma con Milano, Parigi e New York (rispettivamente 1,40, 1,40, e 15 ore di volo) anche se non erano infrequenti - come già ricordato - atterraggi tecnici a Shannon o nel Canada Orientale o - per motivi commerciali - extrascali a Boston e Montréal.

Dal mio libretto di volo salta fuori perà anche una Roma-New York diretta, fatta l'11 febbraio 1960 con I-DUVA, che il comandante Vittorio Gobbi volle condurre su latitudini molto basse (uscita in Atlantico su Gibilterra e ingresso negli USA a Nantucket) impiegando 16 ore e 51 minuti filati di volo, gran parte del quale faticato dal sottoscritto sul tavolino oscillante del navigatore."



Tutto un altro modo di volare...