Il nubifragio ha spazzato la pista per tutto il pomeriggio. Scariche di pioggia, vento a raffica. Bufera, ed è un po’ la metafora dello stato d’animo di un aeroporto che oggi naviga nell’incertezza, mentre la trattativa per la nuova Alitalia si è arenata. E pensare che fino qualche giorno fa era in rampa di lancio per diventare una delle sei minibasi della nuova compagnia di bandiera. Un’opportunità di rilancio - avrebbe significato personale di stanza a Torino - per uno scalo che da due anni si fregia del premio «Aci Europe Best Airport Award», miglior aeroporto nella categoria tra 1 e 5 milioni di passeggeri per i servizi offerti ai passeggeri. Ora sul futuro di Caselle grava un’altra incognita. Nuovi dubbi su antichi nervi scoperti, perché non è tutto oro quel che luccica al «Sandro Pertini». La Sagat investirà trenta milioni di euro entro il 2011 per colmare una frattura che sta allontanando Torino dai suoi diretti concorrenti. Statistiche alla mano infatti, nonostante il restyling pre olimpico, l’aeroporto non decolla. E i 4 milioni e mezzo di passeggeri l’anno - obiettivo da coronare nel 2005 secondo il vecchio piano industriale - per ora restano un miraggio. Nel 2007 il numero di passeggeri arrivati e partiti da Caselle si è avvicinato ai tre milioni e mezzo, più 25,1 per cento rispetto al 2000. Tanto? Sì, a leggere solo il risultato torinese. No, se si guarda a quel che succede nel resto d’Italia. L’aeroporto di Verona ad esempio (omologabile per categoria al Sandro Pertini) nello stesso periodo ha compiuto un balzo in avanti di ben altra entità: +45,6%. E così tutti gli altri scali, a cominciare dal +52 per cento di Catania fino al +43 di Napoli. E se, anziché la crescita, si calcola il numero dei passeggeri che si trasportano Torino continua a inseguire: è dodicesima in Italia, superata da Bergamo, Bologna, Palermo, Napoli, Catania e altri ancora. E non è finita. Gli aeroporti «decollati» in questi anni sono riusciti a calamitare su di sé un numero impressionante di compagnie aeree, in grado di offrire alla clientela un ventaglio di destinazioni davvero appetibile. Ancora un dato: Verona offre 76 destinazioni contro le 36 di Torino, Napoli 60, Catania 44. Insomma: il torinese che ha bisogno di viaggiare è costretto ad andare fuori regione e scegliere altri scali. Certo, hanno ragione i portavoce Sagat quando dicono che Caselle «conta ben 234 collegamenti settimanali verso i principali hub europei», superata soltanto da Bologna che ne ha 300. Vale a dire: noi non abbiamo molte mete, ma siamo in grado di portare i nostri clienti verso gli hub (scali internazionali) da dove poi si può raggiungere ogni angolo del pianeta. E chi vuol venire in Piemonte? Stesso discorso: «triangola» su altri scali. A meno che non sia inglese e ami lo sci. D’inverno l’aeroporto è superaffollato di charter e lo sarà anche di low-cost. Grazie agli sciatori. Inglesi, ma anche russi e tedeschi, attirati dalle piste della Via Lattea o da quelle francesi a una manciata di chilometri.
Un boom stagionale che non garantisce crescita duratura. Per recuperare passeggeri bisognerebbe allora puntare dritti sul low-cost come ha fatto la concorrenza. Ma le compagnie, da Torino, vanno e vengono. Raramente mettono radici. Vedi Ryanair, che annuncia e dismette voli in continuazione. E ha eletto come sua base privilegiata l’aeroporto di Bergamo. Negli ultimi mesi altre società, tra le poche presenti, hanno battuto in ritirata: da EasyJet a Skyeurope e Blue Air. E anche AirOne, che low-cost non è, ha rinunciato a due tratte prima della vendita alla nuova Alitalia: Barcellona e Parigi. Pochi passeggeri, non rendevano abbastanza. E pensare che Caselle è una delle basi di armamento della compagnia di Carlo Toto: personale di stanza a Torino, officine per la manutenzione. Il futuro è incerto. Che ne sarà della base AirOne? Fino a qualche giorno fa si ipotizzava che potesse passare alla nuova compagnia italiana, nata dalla fusione di Alitalia ed AirOne. O essere dismessa. Certo è che molto è legato a quel che la nuova compagnia di bandiera porterà in dote al Sandro Pertini. Fino a ieri Alitalia-AirOne era concorrenza spietata: stesse rotte, orari pressoché identici. Da domani potrebbe cominciare una nuova epoca. O finire tutto.
Un boom stagionale che non garantisce crescita duratura. Per recuperare passeggeri bisognerebbe allora puntare dritti sul low-cost come ha fatto la concorrenza. Ma le compagnie, da Torino, vanno e vengono. Raramente mettono radici. Vedi Ryanair, che annuncia e dismette voli in continuazione. E ha eletto come sua base privilegiata l’aeroporto di Bergamo. Negli ultimi mesi altre società, tra le poche presenti, hanno battuto in ritirata: da EasyJet a Skyeurope e Blue Air. E anche AirOne, che low-cost non è, ha rinunciato a due tratte prima della vendita alla nuova Alitalia: Barcellona e Parigi. Pochi passeggeri, non rendevano abbastanza. E pensare che Caselle è una delle basi di armamento della compagnia di Carlo Toto: personale di stanza a Torino, officine per la manutenzione. Il futuro è incerto. Che ne sarà della base AirOne? Fino a qualche giorno fa si ipotizzava che potesse passare alla nuova compagnia italiana, nata dalla fusione di Alitalia ed AirOne. O essere dismessa. Certo è che molto è legato a quel che la nuova compagnia di bandiera porterà in dote al Sandro Pertini. Fino a ieri Alitalia-AirOne era concorrenza spietata: stesse rotte, orari pressoché identici. Da domani potrebbe cominciare una nuova epoca. O finire tutto.