I cieli dell'Asia non bastano più a contenere le ambizioni delle compagnie low cost locali. E se la malese AirAsia punta a diventare il più grosso vettore a basso costo al mondo, la Tiger Airway, compagnia aerea di Singapore, continua lo sviluppo in tutta la regione, ben decisa a non arretrare di un millimetro a vantaggio dell'avversario.
Dopo aver inaugurato nuovi collegamenti con Parigi, Tokyo, Seul, Teheran, Delhi e Mumbai, AirAsia ha ordinato ad Airbus (Parigi: NL0000235190 - notizie) ben 200 A320 Neo: una commessa del valore di 11,3 miliardi di euro che ne fanno una delle più grandi mai effettuate finora.
Ma il fondatore della compagnia, Tony Fernandes, va oltre: «Abbiamo realizzato uno studio che dimostra che AirAsia ha il potenziale per possedere 500 aeromobili». Come Southwest Airlines, la compagnia texana divenuta la più grande low cost del mondo.
Per non essere da meno, Tiger Airways (Other OTC: TAIRF.PK - notizie) moltiplica le partecipazioni nelle compagnie regionali. La settimana scorsa ha annunciato l'acquisizione del 33% del capitale dell'indonesiana Pt Mandala Airlines. In febbraio aveva acquisito il 32,5% del vettore low cost filippino Seair (CDNX: SDS.V - notizie) . Mentre in Thailandia ha costituito una joint venture con Thai Airways per lanciare una nuova compagnia low cost con base a Bangkok. Una strategia che si è però rivelata costosa: nello scorso trimestre l'utile di Tiger Airways è crollato del 94% a 1 milione di dollari.
E intanto un'altra compagnia, la Jetstar, filiale low cost dell'australiana Qantas con base a Singapore, intende allargare i propri orizzonti e prevede di aprire nuove destinazioni a Pechino, Shanghai, Roma e Atene.
Se i cieli dell'Asia sono teatro di una battaglia senza esclusione di colpi tra i vettori low cost, questi ultimi stentano però a decollare nel paese più promettente della regione: la Cina. Delle quattro compagnie private a basso costo che esistevano sul mercato cinese nel 2005, l'unica sopravvissuta è Spring Airlines. Le altre, che avevano annunciato piani di espansione molto ambiziosi, sono state fermate dalla incapacità di pagare i propri debiti (East Star) oppure sono state inglobate da una compagnia di stato (Eagle Airlines). Di fatto sono stati proprio i vettori pubblici, China Eastern, China Southern e Air China, a mettere i bastoni fra le ruote alle compagnie low cost.
Solo Spring Airlines è riuscita a tirarsi d'impiccio, grazie soprattutto alla tenacia del suo numero uno, Wang Zhenghua, che è riuscito a tagliare i costi per cavalcare la crisi. E oggi intende quotare la compagnia alla borsa di Shanghai e puntare sull'estero, con l'apertura di collegamenti verso il Giappone e la Corea.
Dopo aver inaugurato nuovi collegamenti con Parigi, Tokyo, Seul, Teheran, Delhi e Mumbai, AirAsia ha ordinato ad Airbus (Parigi: NL0000235190 - notizie) ben 200 A320 Neo: una commessa del valore di 11,3 miliardi di euro che ne fanno una delle più grandi mai effettuate finora.
Ma il fondatore della compagnia, Tony Fernandes, va oltre: «Abbiamo realizzato uno studio che dimostra che AirAsia ha il potenziale per possedere 500 aeromobili». Come Southwest Airlines, la compagnia texana divenuta la più grande low cost del mondo.
Per non essere da meno, Tiger Airways (Other OTC: TAIRF.PK - notizie) moltiplica le partecipazioni nelle compagnie regionali. La settimana scorsa ha annunciato l'acquisizione del 33% del capitale dell'indonesiana Pt Mandala Airlines. In febbraio aveva acquisito il 32,5% del vettore low cost filippino Seair (CDNX: SDS.V - notizie) . Mentre in Thailandia ha costituito una joint venture con Thai Airways per lanciare una nuova compagnia low cost con base a Bangkok. Una strategia che si è però rivelata costosa: nello scorso trimestre l'utile di Tiger Airways è crollato del 94% a 1 milione di dollari.
E intanto un'altra compagnia, la Jetstar, filiale low cost dell'australiana Qantas con base a Singapore, intende allargare i propri orizzonti e prevede di aprire nuove destinazioni a Pechino, Shanghai, Roma e Atene.
Se i cieli dell'Asia sono teatro di una battaglia senza esclusione di colpi tra i vettori low cost, questi ultimi stentano però a decollare nel paese più promettente della regione: la Cina. Delle quattro compagnie private a basso costo che esistevano sul mercato cinese nel 2005, l'unica sopravvissuta è Spring Airlines. Le altre, che avevano annunciato piani di espansione molto ambiziosi, sono state fermate dalla incapacità di pagare i propri debiti (East Star) oppure sono state inglobate da una compagnia di stato (Eagle Airlines). Di fatto sono stati proprio i vettori pubblici, China Eastern, China Southern e Air China, a mettere i bastoni fra le ruote alle compagnie low cost.
Solo Spring Airlines è riuscita a tirarsi d'impiccio, grazie soprattutto alla tenacia del suo numero uno, Wang Zhenghua, che è riuscito a tagliare i costi per cavalcare la crisi. E oggi intende quotare la compagnia alla borsa di Shanghai e puntare sull'estero, con l'apertura di collegamenti verso il Giappone e la Corea.