«Perché non privatizziamo l’aeroporto? Io non sono contrario. Magari si potrebbe pensare a un socio che opera nel settore». Parola di Marco Arato, presidente del Cristoforo Colombo. Che aggiunge: «Bisogna trovare soci privati e occorre soprattutto essere determinati. Una volta imboccata una strada si deve percorrerla fino in fondo, non come qualche anno fa quando prima si decise di privatizzare e poi si fece retromarcia. Con un unico risultato: centinaia di migliaia di euro pagati all’advisor e cacciati al vento». Basta parlare qualche minuto con Arato, che è tornato al vertice del Colombo pochi mesi fa (aveva già ricoperto l’incarico tra il 1999 e il 2001) per accorgersi di quanto sia diversa l’aria che si respira nello scalo di Genova, rispetto a quella, per esempio, di Pisa dove i passeggeri nel 2007 arriveranno a 3,7 milioni. Arato racconta: un «presidente senza deleghe», «collegamenti cancellati ancora prima di partire», «passeggeri che non ci sono» e sullo «sfondo una città in crisi». Ma soprattutto: «I nostri soci continuano a litigare», ammette Arato.
D’accordo, Genova è in difficoltà. Ma non potrebbe essere anche un alibi per giustificare i problemi dell’aeroporto?
«L’aeroporto riflette le difficoltà della comunità. È#8194;innegabile. Ma io non voglio trovare scuse».
Allora parliamo soltanto del Cristoforo Colombo...
«Bé, l’inchiesta del Secolo XIX non ha evidenziato gli elementi positivi».
Quali, per esempio?
«Per cominciare il nostro aeroporto è in attivo. Abbiamo 200 dipendenti e altri 600 lavoratori nell’indotto».
Non c’è dubbio, ma perché Pisa che ha 87mila abitanti ha un aeroporto con il triplo di passeggeri?
«Pisa è l’aeroporto della Toscana, una delle regioni turistiche più importanti del mondo».
Veramente c’è anche lo scalo di Firenze che da solo è più grande di Genova. Ma prendiamo Verona e Treviso: città piccole con aeroporti che vanno a gonfie vele. Perché?
«Verona e Treviso hanno alle spalle regioni con un’economia fortissima, con migliaia di imprese».
Pisa dimostra che i collegamenti si possono lanciare e sviluppare. Perché Genova non ci riesce?
«Noi i voli li avevamo anche messi, ma poi le compagnie li cancellano per mancanza di passeggeri. L’anno scorso abbiamo perso i collegamenti con Colonia, Monaco, Amsterdam e Francoforte. Altri voli, come quelli per Zurigo e per London City, non sono nemmeno stati inaugurati per mancanza di prenotazioni. Noi offriamo 1,7 milioni di sedili l’anno, alla fine però i passeggeri sono poco più di un milione».
Altrove la politica commerciale dell’aeroporto è molto più aggressiva. E con i soldi ricavati dalle attività commerciali nello scalo si pagano le compagnie low cost...
«Noi ogni anno paghiamo 600mila euro (450mila della Regione e 150mila nostri) per sviluppare i collegamenti delle compagnie low cost. In tutto fanno 3 milioni di euro in cinque anni. A Torino spendono 20 milioni, ma all’investimento partecipa anche la Camera di Commercio. Ecco, io non mi offendo se qualcun altro vuole partecipare, non vedo perché debba pagare sempre l’aeroporto...».
Siamo forse al nodo della questione, mancano le strategie e quindi le risorse, non crede?
«No, non manca una strategia. Non adesso, noi stiamo lavorando con grande impegno».
Facciamo esempi concreti: Pisa ha la stazione dentro l’aeroporto. Genova ha una stazione vicina, eppure mal collegata.
«Con la stazione c’è il problema che l’ingresso è sull’altro lato. Poi occorre realizzare un buon servizio navetta. Ma bisogna lavorarci tutti insieme. Purtroppo però ognuno tende a pensare al proprio particolare...».
E i bus? A Pisa ci sono decine di collegamenti, a Genova il servizio Volabus è sempre meno frequente e taglia fuori il Levante cittadino...
«È una scelta dell’Amt».
L’aeroporto di Pisa si è sviluppato anche perché è diventato un polo per la città, con negozi, centri commerciali, palestre. Perché a Genova no?
«Non so se i commercianti sarebbero d’accordo...».
Il quadro è piuttosto sconfortante, non le pare?
«Noi facciamo la nostra parte. E ci sono prospettive di sviluppo. Puntiamo sul traffico privato (abbiamo avuto un incremento del 35 per cento), per esempio. Genova è uno dei pochissimi aeroporti al mondo ad avere un porticciolo attaccato alla pista. Questo potrebbe attirare il traffico executive».
Una prospettiva interessante, ma non proprio alla portata del cittadino medio...
«A fine ottobre partirà un collegamento per Madrid. Poi c’è un nuovo volo per Parigi, il quarto. E dopo il ritorno del Genova-Londra puntiamo su Vienna, l’aeroporto snodo per i voli verso l’Est europeo. Siamo poi stati contattati da operatori marocchini, ma i voli intercontinentali sono più complessi da organizzare. Ci stiamo provando... io ce la metto tutta. E con un altro lavoro non è facile».
Appunto: c’è chi le contesta di non essere un esperto del settore e di avere già un’importante attività di avvocato. Pensa di avere tempo e competenze sufficienti per gestire uno scalo che ha bisogno di rilancio?
«Se ho accettato l’incarico vuole dire che credo di poter fare il mio lavoro con il massimo impegno. E poi, comunque, io non ho deleghe operative».
D’accordo, Genova è in difficoltà. Ma non potrebbe essere anche un alibi per giustificare i problemi dell’aeroporto?
«L’aeroporto riflette le difficoltà della comunità. È#8194;innegabile. Ma io non voglio trovare scuse».
Allora parliamo soltanto del Cristoforo Colombo...
«Bé, l’inchiesta del Secolo XIX non ha evidenziato gli elementi positivi».
Quali, per esempio?
«Per cominciare il nostro aeroporto è in attivo. Abbiamo 200 dipendenti e altri 600 lavoratori nell’indotto».
Non c’è dubbio, ma perché Pisa che ha 87mila abitanti ha un aeroporto con il triplo di passeggeri?
«Pisa è l’aeroporto della Toscana, una delle regioni turistiche più importanti del mondo».
Veramente c’è anche lo scalo di Firenze che da solo è più grande di Genova. Ma prendiamo Verona e Treviso: città piccole con aeroporti che vanno a gonfie vele. Perché?
«Verona e Treviso hanno alle spalle regioni con un’economia fortissima, con migliaia di imprese».
Pisa dimostra che i collegamenti si possono lanciare e sviluppare. Perché Genova non ci riesce?
«Noi i voli li avevamo anche messi, ma poi le compagnie li cancellano per mancanza di passeggeri. L’anno scorso abbiamo perso i collegamenti con Colonia, Monaco, Amsterdam e Francoforte. Altri voli, come quelli per Zurigo e per London City, non sono nemmeno stati inaugurati per mancanza di prenotazioni. Noi offriamo 1,7 milioni di sedili l’anno, alla fine però i passeggeri sono poco più di un milione».
Altrove la politica commerciale dell’aeroporto è molto più aggressiva. E con i soldi ricavati dalle attività commerciali nello scalo si pagano le compagnie low cost...
«Noi ogni anno paghiamo 600mila euro (450mila della Regione e 150mila nostri) per sviluppare i collegamenti delle compagnie low cost. In tutto fanno 3 milioni di euro in cinque anni. A Torino spendono 20 milioni, ma all’investimento partecipa anche la Camera di Commercio. Ecco, io non mi offendo se qualcun altro vuole partecipare, non vedo perché debba pagare sempre l’aeroporto...».
Siamo forse al nodo della questione, mancano le strategie e quindi le risorse, non crede?
«No, non manca una strategia. Non adesso, noi stiamo lavorando con grande impegno».
Facciamo esempi concreti: Pisa ha la stazione dentro l’aeroporto. Genova ha una stazione vicina, eppure mal collegata.
«Con la stazione c’è il problema che l’ingresso è sull’altro lato. Poi occorre realizzare un buon servizio navetta. Ma bisogna lavorarci tutti insieme. Purtroppo però ognuno tende a pensare al proprio particolare...».
E i bus? A Pisa ci sono decine di collegamenti, a Genova il servizio Volabus è sempre meno frequente e taglia fuori il Levante cittadino...
«È una scelta dell’Amt».
L’aeroporto di Pisa si è sviluppato anche perché è diventato un polo per la città, con negozi, centri commerciali, palestre. Perché a Genova no?
«Non so se i commercianti sarebbero d’accordo...».
Il quadro è piuttosto sconfortante, non le pare?
«Noi facciamo la nostra parte. E ci sono prospettive di sviluppo. Puntiamo sul traffico privato (abbiamo avuto un incremento del 35 per cento), per esempio. Genova è uno dei pochissimi aeroporti al mondo ad avere un porticciolo attaccato alla pista. Questo potrebbe attirare il traffico executive».
Una prospettiva interessante, ma non proprio alla portata del cittadino medio...
«A fine ottobre partirà un collegamento per Madrid. Poi c’è un nuovo volo per Parigi, il quarto. E dopo il ritorno del Genova-Londra puntiamo su Vienna, l’aeroporto snodo per i voli verso l’Est europeo. Siamo poi stati contattati da operatori marocchini, ma i voli intercontinentali sono più complessi da organizzare. Ci stiamo provando... io ce la metto tutta. E con un altro lavoro non è facile».
Appunto: c’è chi le contesta di non essere un esperto del settore e di avere già un’importante attività di avvocato. Pensa di avere tempo e competenze sufficienti per gestire uno scalo che ha bisogno di rilancio?
«Se ho accettato l’incarico vuole dire che credo di poter fare il mio lavoro con il massimo impegno. E poi, comunque, io non ho deleghe operative».