Appello per aeroporto genova


jack london

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4 Novembre 2008
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Un aiuto per decollare: Lettera del Colombo alle imprese genovesi
Il direttore dell'aeroporto per contrastare la crisi: "I dati dei vostri voli per convincere le compagnie"


È Un po' una chiamata alle armi, un ultimo tentativo di assalto ai traffici del cielo, quello che i vertici dell'aeroporto Cristoforo Colombo di Genova rivolgono alle aziende ed imprese genovesi.
Di fronte ad una situazione quanto mai difficile dovuta al mancato riconoscimento di scalo strategico da parte del governo, e al continuo taglio del numero dei voli — ultimo caso quello della Turkish Airlines — il direttore del Colombo Paolo Sirigu, ha preso carta e penna per scrivere a tutte le aziende genovesi. Obiettivo raccogliere un bagaglio di dati e informazioni con i quali convincere le compagnie a non abbandonare le piste di Sestri Ponente ma piuttosto aumentare la loro rpesenza magari ottimizzandola in termini di orari, destinazioni, periodi.
«Per questo — scrive il direttore Sirigu — vi chiediamo di fornirci i vostri dati di traffico, il numero di biglietti acquistati nell'ultimo anno possibilmente diviso per destinazione indipendentemente dall'aeroporto di partenza, e di esprimere le vostre esigenze di viaggio, che raccoglieremo e sottoporremo alle compagnie aeree unitamente ai dati di traffico già in nostro possesso agendo di concerto con gli Enti locali per integrare queste informazioni con le cifre relative all'incoming e alle potenzialità del settore turistico e crocieristico».
Certo restano i dubbi che questa ricerca della clientela legata al business possa essere riduttiva considerato due fattori: la crisi e la riduzione delle risorse; il fatto che anche le grandi aziende chiedano oggi per i propri manager e dipendenti a voli low coast.
Altro discorso gli orizzonti sul fronte turistico.
Ma in questo momento il Colombo deve cercare di raccogliere le forze.
Infatti, scrive Sirigu: «Nell'ultimo periodo stiamo assistendo ad una graduale riduzione del servizio proprio da parte di queste compagnie aeree. L'ultimo segnale in ordine di tempo è la riduzione della frequenza del collegamento con Istanbul di Turkish Airlines, che passerà da 5 a 4 voli alla settimana a partire dalla fine di ottobre, per poi tornare a 5 voli alla settimana dalla prossima primavera». E in inverno passeranno da tre a due anche i collegamenti Air France per Parigi senza contare le defezioni recenti «dei voli verso altri hub come Zurigo e Madrid ma anche la diminuzione dell'attività del volo Genova-Mosca da parte di Siberia Airlines».
Lo scopo dell'appello rivolto agli imprenditori è quello di «aumentare le frequenze del volo per Parigi Charles de Gaulle, lo spostamento del volo British Airways per Londra da Gatwick a Heathrow, l'apertura di un collegamento Lufthansa con Francoforte, l'apertura da parte di Alitalia di un collegamento con Abu Dhabi, la riattivazione del collegamento con Madrid e quindi con Iberia per puntare al Sudamerica».Perché non resti solo un libro dei sogni il Colombo chiede aiuto alle imprese.
 
Io la lettera l'ho letta per intero ed è purtroppo la riprova dell'inadeguatezza del management del Cristoforo Colombo: lunga (due pagine), burocratica, non fa che lamentare gli insuccessi dell'aeroporto (strategia di marketing alquanto discutibile) addebitandoli però o alla crisi o alle compagnie aeree (sui giornali, aveva aggiunto l'asfittica realtà economica locale.
Quel che balza agli occhi è il fatto di considerare le major non solo come gli unici vettori che servono Genova, ma anche le uniche aviolinee di cui si avvale il mercato business (una visione delle cose rimasta ferma nel tempo).
Ci si chiede come l'aeroporto di Genova possa ritenere fattibile una linea per Abu Dhabi, quando si fatica a riempire un volo per Istanbul, scalo che garantisce un ben maggior numero di prosecuzioni, non solo long range.
 
Mi viene da ridere.
Serve un reset completo ed iniziare a lavorare a testa bassa.

Semi OT buona notizia il ripristino del night stop del MUC per la winter, che in un primo momento sembrava svanito.
 
A proposito del Colombo, segnalo anche quest'ottimo articolo uscito sul Secolo XIX di ieri in cui si mettono in luce con chiarezza ed evidenza i corcocircuiti all'interno della società di gestione (e non solo)

Genova - Negli ultimi 15 anni il traffico dei 38 aeroporti italiani è salito da 92,4 milioni a oltre 150 milioni di passeggeri. Una crescita robusta e quasi costante, segnata da alcune battute d’arresto - 2008 e 2009, 2012 e 2013 - quando la crisi ha provocato qualche passo indietro. L’anno scorso il dato dei passeggeri aveva già sfondato quota 150 milioni e gli 88,7 milioni registrati sino a luglio di quest’anno (+4,7% rispetto ai primi 7 mesi del 2014) lasciano intendere che anche il 2015 sarà archiviato alla grande. A trainare l’evoluzione del sistema non sono stati solo i grandi aeroporti. Un ruolo determinante è stato giocato dagli scali medio piccoli, molti dei quali in questi 15 anni hanno cambiato volto e numeri. Il Galileo Galilei di Pisa è quadruplicato: contava 1,2 milioni di passeggeri nel 2000 e ha chiuso il 2014 sfiorando i 4,7 milioni. Bari è balzata da 1,2 milioni a 3,6 milioni. Tre milioni e 600mila sono anche i passeggeri dell’aeroporto di Cagliari, che 15 anni fa superava appena i 2 milioni. In crescita anche Bologna (da 3,5 a 6,5 milioni di passeggeri), Torino (da 2,8 a 3,4 milioni), Brindisi (da 614 mila a 2,1 milioni) e Firenze (da 1,5 a 2,2 milioni).

A Genova sembra essersi fermato il tempo. Il Colombo contava 1 milione e 63mila passeggeri nel 2000 e ha chiuso il 2014 a quota 1,2 milioni: 200 mila passeggeri in più in 15 anni. Mentre gli aeroporti italiani crescevano, Genova ha trascorso gli ultimi 15 anni a discutere di una privatizzazione mai arrivata. Il primo a provarci fu Giuliano Gallanti, allora presidente dell’Autorità portuale. Era il 2001 e gli azionisti della società di gestione del “Colombo” erano quelli di oggi: l’Authority col 60% delle quote, la Camera di commercio al 25% e Adr con il 15%. Il numero uno dell’ente camerale già allora era Paolo Odone e anche il presidente di Aeroporto di Genova Spa era lo stesso di oggi, Marco Arato. Gallanti avviò la ricerca dell’advisor, ma la gara non fu mai bandita. Con l’arrivo di Giovanni Novi in porto il dossier si inabissò. A riportare a galla la questione fu Luigi Merlo nel 2008, prima azzerando il cda della società di gestione, dimezzandone i componenti e poi rinominando i vertici. L’obiettivo era scardinare un sistema più votato al consociativismo di bottega che all’internazionalizzazione, ma il rinnovo fu parziale e Arato venne confermato al vertice. Quello fu il primo errore di Merlo.

Di errori, come dimostrano il tempo e i numeri, ne sono stati commessi altri. Da molti. Della vendita si torna a parlare nel 2008, la gara arriva nel 2011. Tre anni assorbiti da un lungo braccio di ferro tra Authority e Camera di commercio. Paolo Odone è sempre stato a dir poco scettico sulla possibilità di coinvolgere un partner di mestiere. E con lui Giovanni Berneschi, presidente di banca Carige prima di essere travolto dall’inchiesta giudiziaria. Odone sosteneva di essere pronto a esercitare il diritto di opzione, garantito agli azionisti dallo Statuto, qualora l’eventuale vincitore della gara non fosse stato, a suo avviso, il partner giusto per il “Colombo”. Tra i soggetti giudicati da Odone non raccomandabili c’era Corporación América, gruppo controllato da Eduardo Eurnekian. L’imprenditore argentino è stato tra i manifestanti interesse insieme a F2i, alla francese Vinci, ai turchi di Limak Yatirim. Nel 2011 il 60% dell’Authority è stato messo all’asta a un prezzo base di 30 milioni, ai quali l’acquirente avrebbe dovuto aggiungere i 43 milioni di investimenti imposti dall’Enac in cambio di una concessione sino al 2027. Nessun potenziale acquirente ha presentato offerta vincolante, ma non per ragioni di prezzo, che pure era giudicato al limite.

Corporación América e F2i hanno spiegato perché: bando gravato da troppi vincoli, condizioni fuori mercato, “data room” (cioè la possibilità di conoscere i bilanci) opaca. Arrivata dopo 10 anni di gestazione, violentemente contestata dai sindacati e zovarrata dalla politica locale, la prima e unica gara bandita per trovare un socio per il “Colombo” è stata un fallimento. Ed Eurnekian è volato altrove. L’uomo che secondo Odone non avrebbe garantito sviluppo al “Colombo” ha investito 130 milioni per acquistare le quote di Pisa e Firenze e si prepara a investire in quegli scali altri 300 milioni, con l’obiettivo di raddoppiare i passeggeri. L’aeroporto di Firenze è destinato a passare da 32 a 53 destinazioni e da 18 a 28 compagnie aeree entro il 2029. Al fallimento della gara del 2011 hanno concorso in molti. La prima versione del bando che Merlo portò all’approvazione del Comitato portuale fu discussa mentre fuori da palazzo San Giorgio i lavoratori protestavano contro la privatizzazione.

Per il rappresentante più radicale e intransigente del sindacato interno, Antonio Merlino, quella fu l’ultima battaglia: l’anno dopo fu promosso da addetto alla movimentazione bagagli a responsabile di rampa. Marta Vincenzi, allora sindaco di Genova, con l’appoggio della Camera di commercio e del sindacato volle inserire una serie di vincoli e penali per il privato in arrivo, compreso il fatto che il piano industriale dovesse essere sottoposto a un controllo da parte degli enti locali. La richiesta di imbrigliare in quel modo la gara fu accolta da Merlo, che chinò il capo non avendo i numeri in Comitato portuale. La società di gestione fece il resto. Non fornì tutte le informazioni richieste ai manifestanti interesse che ebbero accesso alla “data room”. L’azionista Autorità portuale sollecitò la messa a disposizione di tutti i numeri richiesti, ma Arato e il consiglio, come attestano i verbali, si rifiutarono. Morale: F2i e Corporación América oltre a non presentare offerta denunciarono le storture.

Tanto che, al termine delle polemiche, Merlo annunciò: faremo un altro bando e sarà diverso.Il resto è storia recente. Con l’uscita di scena di Berneschi, il presidente della Camera di commercio ha scelto di accodarsi alla scelta di Autorità portuale e Adr, che nel frattempo hanno deciso di cedere insieme il 75%. In vendita questa volta dovrebbe finire l’80% di Aeroporto di Genova Spa (agli enti resterebbe un 10% ciascuno), se solo il nuovo advisor non avesse alzato un velo su quanto è accaduto: tra il 2011 e oggi il valore della società di gestione si è dimezzato. Dopo aver toccato il record nel 2011 - con 1,4 milioni di passeggeri portati grazie ai voli low cost sui quali Regione e Camera di commercio per un paio di anni hanno investito - nel 2013 e 2014 il traffico è tornato a calare. L’ebitda della società si è dimezzato e la scadenza della concessione si è avvicinata. Aeroporto di Genova Spa oggi vale 20 milioni circa, meno della metà rispetto ai 50 milioni valutati da Kpmg nel 2011. Per rimediare al danno, a marzo i soci hanno deciso di chiedere al ministero dei Trasporti la proroga della concessione e all’Enac un netto ridimensionamento del piano di investimenti da 43 milioni. Enac ha risposto imponendo al “Colombo” di provvedere almeno al rifacimento dell’aerostazione entro il 2019 (12,9 milioni l’investimento richiesto). Sulla concessione, invece, il ministero non si è ancora espresso. Perché? Semplice: a dispetto di quanto indicato dagli azionisti, la società di gestione non ha mai formalizzato la richiesta a Roma.

Qui l'articolo: http://www.themeditelegraph.com/it/...-tempo-caso-Di3alWOxHy0OjFlTT08DKJ/index.html
 
nel caso si arrivi al punto di fare una colletta, verso Crotone possono darvi qualche consiglio..

Hai colto lo spirito della lettera inviata alle imprese locali: non sappiamo più che pesci pigliare per cui aiutateci voi

Ovviamente penso che un messaggio del genere sortisca l'effetto opposto: ho parlato con un po' di amici che l'hanno ricevuta ed erano tra l'indignato e il compassionevole
 
Ma che dovrebbe fare Sirigu che è lì da solo, senza Direttore Comm.le; senza appoggio dai Soci che vorrebbero uscire (privatizzazione si, no, forse..) e quindi assenti ?
 
Ma che dovrebbe fare Sirigu che è lì da solo, senza Direttore Comm.le; senza appoggio dai Soci che vorrebbero uscire (privatizzazione si, no, forse..) e quindi assenti ?
Magari dare le dimissioni? Piuttosto che umiliarsi in questa maniera.
 
Francamente non capisco questa iniziativa di Sirigu, o perlomeno non ne capisco le modalità.
Un sondaggio presso le aziende con sedi a Genova poteva aver senso, ma non nelle modalità che traspaiono dall'articolo di Repubblica, bensì in forma di questionario redatto con criteri statistici, e con poche righe di commento, del tipo “nei primi 8 mesi il traffico passeggeri nell'aeroporto di Genova è cresciuto del 12%, contro una media nazionale del 4.4%. Importanti lavori di ampliamento sono in corso. Al fine di offrire un servizio sempre migliore alle aziende liguri e del basso Piemonte, vi invitiamo a compilare il seguente questionario”. Ovviamente, con più cura nella forma. Che sia rimasto shoccato dalla notizia pubblicata domenica scorsa da Il Secolo XIX, secondo cui ADR vorrebbe esercitare la prelazione sulle quote in vendita ed esportare a Genova la disorganizzazione di Fiumicino?
Io penso che, una volta messa l'aerostazione in grado di accogliere i passeggeri delle crociere di Genova e Savona, se alcuni dei relativi voli saranno solo parzialmente charterizzati si potrà avere un incremento delle destinazioni, delle possibilità di connessione intercontinentale e quindi anche dei servizi alle aziende. Vedo invece come il fumo negli occhi un incremento delle low cost, sia perché buona parte dei volo sperimentati sono miseramente falliti (Roma, Madrid e Francoforte Hahn con Ryanair, Oslo con Norvegian, Amsterdam e Rotterdam con Transavia), sia perché le low cost fanno perdere passeggeri alla major che così cancellano i voli (prima dell'arrivo di Ryanair a Genova c'erano 2 voli quotidiani BA, ora uno solo, ma per qualche tempo non ce n'è stato nessuno). Le aziende genovesi operano su tutto il mondo, per cui voli da qui a lì non servono, i feeder con gli hub sì. In altre realtà non sarà così, e magari a qualche portamazzette che periodicamente vola a Roma ad ungere qualche potente servirebbero anche a Genova, ma a noi tecnici (che oltretutto voliamo quando nei cantieri ci sono le condizioni per iniziare il nostro tipo di lavoro e a lavoro terminato, quindi con prenotazioni sotto data, ossia quando le low cost non sono più low fare) non servirebbero minimamente. Ovviamente il discorso non vale per i voli verso il Meridione, che non sono in concorrenza con i feeder, ma quelli ci sono, tuttavia, ad eccezione di Napoli e Catania, non sono in grado di fornire un servizio quotidiano. Manca all'appello la Calabria, dopo la chiusura del collegamento con Reggio Calabria per la disaffezione dei viaggiatori per i disagi patiti lo scorso anno, ma non sarebbe questo a rilanciare lo scalo. Carnival, che ha sperimentato il servizio volo + crociera con la P&O ma che controlla anche la Costa, e Royal Caribbean, che ha dichiarato di essere pronta a tornare a Genova quando l'aeroporto potrà accogliere la massa dei croceristi, potranno esserlo. Ripeto, quindi: non capisco una iniziativa del genere in questi termini.
 
L'analisi del Secolo XIX dimentica un dettaglio: MXP. TRN e GOA hanno tassi di crescita modesti -- intorno al 20% su 15 anni, mentre altri aeroporti usano dei moltiplicatori (ad eccezione di FLR che ha limiti strutturali) -- perchè la cattedrale nella baraggia risucchia dove e come può, e non potendo eliminare LIN, si prende i passeggeri dai più piccini.

A questo punto, sarebbe davvero meglio avere buoni collegamenti da Torino centro e Genova centro verso MXP che insistere con questo ibrido che per non scontentare nessuno non fornisce servizi soddisfacenti. Alla fine, ne perde la connettività del nord-ovest ed il sistema-paese.
 
Spinelli “pilota” il fondo Icon in Italia primo obiettivo, l’aeroporto di Genova

L’IMPRENDITORE HA CEDUTO AL FONDO IL 45% DEL SUO GRUPPO E NE È AL TEMPO STESSO DIVENTATO L’ADVISOR PER 800 MILIONI DI INVESTIMENTI. SI PENSA PURE ALLA DARSENA EUROPA Massimo Minella Genova D all’Italia, finora, si era tenuto distante. Ma a conquistare il fondo inglese iCon Infrastructure, una delle realtà finanziarie più dinamiche sulla scena globale della logistica e delle infrastrutture, è stato il gruppo Spinelli, azienda familiare da 150 milioni l’anno di fatturato, ormai attiva a largo raggio sulla rotta del business, dalla portualità ai trasporti, fino alla finanza, all’immobiliare e al calcio. Sono stati proprio loro, Aldo Spinelli e il figlio Roberto, presidente e amministratore delegato del gruppo genovese, a convincere il fondo basato a Londra a investire in Italia e nel Mediterraneo. E dopo un anno di corteggiamento hanno centrato l’obiettivo, non so-lo cedendo a iCon Infrastructure il 45% del loro gruppo riunito nella Spinelli Srl, ma anche garantendosi una “dote” di 800 milioni che il fondo si è reso disponibile a investire in caso di business. Insieme, Spinelli e iCon hanno già messo gli occhi sull’aeroporto di Genova, ma anche sulla Darsena Europa, un grande progetto da 300 milioni di euro per il rilancio del porto storico di Livorno. Nel frattempo, padre e figlio sono volati in Nord Europa, per vedere di persona le mosse già centrate da iCon sul fronte della portualità. «Abbiamo visitato il Verbugge Terminal spiega Aldo Spinelli

- che fa capo appunto al fondo nostro alleato e che fra l’estuario dello Schelda e Zeebrugge opera su un’area immensa, oltre tre milioni di metri quadrati, con attività particolarmente redditizie come la movimentazione di allumino, cellulosa, tabacco ». Dopo il Belgio e l’Olanda, altra terra regina della portualità mondiale, potrebbe arrivare la Tunisia, per aggiungersi a un ventaglio di iniziative che ha già portato iCon in Irlanda del Nord (Firmus energy), Scozia (Rothes Corde) Norvegia (Oslofjord), Olanda (Service Terminal Rotterdam), Portogallo (Manicargas) e Stati Uniti, West Virginia (Mountaineer Gas). Chiaro però che l’obiettivo resta quello di portare iCon a investire in Italia, dopo aver puntato sulle infrastrutture nordeuropee oltre 2 miliardi e mezzo di dollari. La famiglia genovese funzionerà come una sorta di consulente, di advisor di iCon, cercando di cogliere le migliori opportunità. L’operazione appena conclusa nel porto di Genova potrebbe così rappresentare una sorta di caso-pilota per aprire i capitali delle aziende italiane a colossi internazionali, compagnie armatoriali, gruppi terminalistici e di logistica. L’operazione, si diceva prima, arriva dopo un anno di trattative riservate, mentre il gruppo genovese andava riorganizzando le proprie attività. In sostanza, Spinelli ha riunito sotto il cappello della “srl” tutte le sue controllate della logistica (Industrie Rebora, Erzelli, Centro Servizi Derna, Consorzio Genova Distripark) e le partecipate (Saimare, Voltri Terminal Riparazioni), cedendo alla holding di famiglia, la Spininvest srl, le altre società del gruppo (Livorno calcio, Punta dell’Olmo) oggi esterne all’accordo. Fuori dal perimetro dell’alleanza c’è anche la sostanziosa partecipazione azionaria in Banca Carige (circa il 2%), anche se in futuro non è detto che non si possano individuare con i nuovi partner anche iniziative in campo finanziario. «Di certo, d’ora in avanti valuteremo insieme le opportunità, anche perché nel consiglio di amministrazione ci sono due manager rappresentanti del fondo, Iain Ross Macleod e Ivana Semeraro — spiega il presidente Aldo Spinelli — Vedremo di far fruttare nel migliore dei modi questa dotazione che il fondo mette a disposizione fino a un tetto massimo di 800 milioni». La prima occasione potrebbe anche essere appunto quella dell’aeroporto di Genova. I tre azionisti, infatti, (autorità portuale, Camera di Commercio e Aeroporti di Roma) stanno valutando di cedere le proprie quote, riservando solo un 20% di garanzia pubblica (10 all’authority, 10 alla Camera). Sul mercato, insomma, finirebbe l’80 per cento del “Cristoforo Colombo”, per un investimento stimabile fra i 20 e i 30 milioni. «Siamo interessati — risponde Aldo Spinelli — L’aeroporto dev’essere rilanciato non solo dal punto di vista dei passeggeri, ma anche da quello delle merci e sarebbe fondamentale legarsi all’area milanese. Valuteremo l’operazione insieme ai nostri soci». Qui sopra, Aldo Spinelli, presidente del gruppo familiare che ha riorganizzato in una Srl tutte le sue controllate della logistica e nella terminalistica, cedendone il 45% al fondo Icon.


http://www.repubblica.it/economia/a...imo_obiettivo_laeroporto_di_genova-123898700/