Air New Zealand: SYD-AKL + 75 years, impressioni di viaggio

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17 Ottobre 2014
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Air New Zealand: SYD-ACK + 75 YEARS, IMPRESSIONI DI VIAGGIO

Faccio seguito al recente TR di Venexiano sulla Nuova Zelanda per raccontare o meglio descrivere brevemente la mostra allestita all’Auckland Museum da Air New Zealand per celebrare i 75 anni di attività.
Le poche foto che corredano il post non sono esaustive, non avendo scattato con intento cronachistico.


Premessa: ho raggiunto Auckland lo scorso 12 aprile volando con Air New Zealand da Sydney a bordo di un 767-300ER winglettato.
La prenotazione risale allo scorso 6 gennaio, quando grazie ai New Year Sale, sono riuscito ad accaparrarmi andata e ritorno per circa 400 AUD. Come alternativa, per soli 10 dollari in più, avrei potuto volare Jetstar che opera la stessa tratta in orario serale con il Dreamliner, ad un orario oltretutto decisamente più accettabile di ANZ che decollando alle 7.30 pm, atterra ad Auckland oltre la mezzanotte.
Avendo però già testato il nuovissimo di casa Boeing, decido di non lasciarmi invece sfuggire la prima e probabilmente ultima occasione di volare il 767, destinato a rapida sparizione dal traffico passeggeri.

Tentativo di fare il ceck-in online fallito in quanto il personale della compagnia dovrà verificare il possesso di un biglietto di uscita dal paese per potermi permettere l’imbarco.
La Nuova Zelanda consente ai cittadini di numerosi paesi la permanenza per fini turistici fino a 3 mesi senza necessità di richiedere un visto, a patto di possedere un biglietto di ritorno che viene controllato ancora prima di imbarcare sul volo di andata.

Arrivo al Kingsford Smith e vengo letteralmente preso in consegna da una gentilissima impiegata di Air New Zealand: alla sua richiesta di vedere il biglietto d’uscita inizio a sudare; mi devo loggare al wi-fi aeroportuale, aprire la casella di posta, ritrovare la mail di due mesi prima e mostrare il pnr. Il tempo impiegato sarebbe stato sufficiente a far spazientire chiunque, mentre lei si offre addirittura di aiutarmi, scusandosi sinceramente del disagio <<immigration policies, I’m very sorry about that>>.
Finito di armeggiare mi rimette in mano passaporto, e bar code da applicare al bagaglio: mi sento imbranato ad armeggiare con le parti adesive dell’etichetta al punto che un paio di secondo dopo, con uno sguardo divertito è lei stessa a compiere l’operazione. Butto il macigno sul nastro e il display segna spietato un 27, contro un allowance di 23.
<<If you manage to take something out…>>, mi metto in disparte ed inizio a svuotare la borsetta del duty free, fino a quando la stessa impiegata mi richiama per nome e chiedendomi di tornare al banco: il peso è sceso a 24, dentro la tolleranza; mi assegna il posto finestra e, dopo aver stampato la boarding pass, mi permette gentilmente di rimettere tutto il surplus in valigia prima di mollarla sul nastro.
Passo i controlli e vengo selezionato per il body-scanner dove, sudato fradicio come sono, l’aggeggio dà falso positivo: mi tocca una perquisizione manuale per mano di uno spazientito agente indiano che mi abbaia ordini in un inglese incomprensibile e che dopo aver saggiato la mia canottiera fradicia, ritira la mano schifato e corre a sciacquarsela.
Faccio un passo verso i gate e vengo fermato di nuovo per l’anti-esplosivo; l’agente questa volta più cordiale passa un tampone un po’ dovunque e nel mio zaino e sui miei abiti, infila nell’analizzatore e dopo un paio di secondi mi da il via libera, ringraziandomi per la pazienza.
Tempo di raggiungere il gate, mangiare un frutto ed è ora di imbarcarsi: a scansionare la mia carta d’imbarco mi ritrovo la stessa gentile impiegata che mi chiama per nome e mi augura sorridente un piacevole volo.

Salgo a bordo, prendo posto e inizio a guardarmi attorno, lo spazio è notevole sia come volumetria di cabina che come pitch tra i sedili di economy, tutti dotati di IFE.

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Cado addormentato per i 20 minuti successivi fino a quando non iniziamo il rullaggio infinito che ci porterà a decollare per la 16L, attraversando praticamente tutto il sedime aeroportuale.
Subito dopo la salita, acqua per tutti, mentre il meal è a pagamento. Profumo di cibo e la vista del vassoio della mia vicina mi mettono fame ma sfogliando il servizio f&b sull’IFE mi rendo conto che il pasto è prenotabile soltanto a terra, mentre una volta in volo si possono richiedere soltanto tramezzini, hot dog e meat pie dal servizio bar, oltre naturalmente alle bevande e tutto il junk che di solito trova posto nei menu di bordo.
Il volo scorre uneventful, fuori è buio pesto (è tutta oceanica!)

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In cabina passa un secondo giro gratuito di the o caffe e smanetto tutto il tempo con l’IFE: provo giochi e docu televisivi, mentre la visione dei film richiede un sovrapprezzo di 10 dollari, pagabili strisciando la CC direttamente sul remote.
Ciò che mi sorprende guardando fuori dal finestrino è la corda alare del 767 una superficie enormemente estesa in larghezza, rispetto ai più recenti wide-body le cui ali sono state assottigliate e allungate per guadagnare in consumi ed efficienza aerodinamica nelle lunghe crociere.
Buono il livello acustico e sorprendente l’ottimo stato degli interni, che per avere oltre 20 anni sono in condizioni tecniche ed estetiche pressoché ottime.
Atterraggio soffice e rullaggio veloce verso il gate.
Reso euforico forse dalla rarefazione dell’aria in quota, decido di vincere la mia proverbiale timidezza; attraversando la cabina di economy lascio passare gli ultimi passeggeri in coda dietro di me, e armato di sorrisone chiedo alla purser di poter dare un occhiata in cockpit. Ottenuto l’assenso del flight crew, mi fa strada.
CPT sulla cinquantina passata e FO molto più giovane mi salutano con la stessa cordialità di un fratello <<Hi, how are you mate?, all good? Have you enjoyed the flight?>> .
Gli parlo brevemente della mia passione per il volo, della prima volta sul 767 e senza esitazioni mi confermano di come si tratti di un ottima macchina <<easy to fly>>.
Tornando a far paragoni mi ha sorpreso l’ampia cubatura del cockpit, la sensazione di respiro e spazio esattamente opposta a quella che ho Sorprendente pure l’ottimo stato di manutenzione della strumentazione di volo che per essere una macchina al termine della sua vita operativa pare semplicemente eccellente. Nessun segno di usura sulla vernice dei pannelli, su knob e interruttori, semplicemente perfetto.
provato quando ebbi modo di sbirciare il cockpit di un 787, dove qualunque movimento richiedeva attenzione per non urtare pareti o pannelli.

Il giorno successivo, decido di iniziare la mia esplorazione della città proprio dall’Auckland Museum, che oltre all’exhibition temporanea su ANZ ospita in forma permanente un imponente collezione che illustra la storia geologica dell’isola e della sua colonizzazione prima da parte delle etnie maori e poi dagli europei.

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La mostra in oggetto è stata allestita da dicembre del 2014 sino al giugno del 2015 presso il Te Papa Museum di Wellington e riallestita ad Auckland dallo scorso dicembre. Pezzo forte dell’exhibition è senz’altro la sezione cockpit di un 737-300, visitabile sul piazzale retrostante

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(Fonte immagine:Website Auckland War Memorial Museum - Tāmaki Paenga Hira. )

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Il corridoio d’ingresso è dedicata all’evoluzione delle uniformi del personale di cabina, dai tempi in cui la compagnia di bandiera era divisa tra Tasman Empire Airways Limited (TEAL) e National Airways Corporation (NAC), fino all’ultimo design di Trelise Cooper’s lanciato nel 2010, in occasione dell’ingresso in flotta dei 777.
Un primo spazio è quindi dedicato ai pionieri del volo neozelandesi, mostrando i primi modelli autocostruiti, mentre una sostanziosa raccolta di foto d’epoca e documenti cartacei, illustra la nascita dei primi servizi di posta aerea e passeggeri.
Il mock up di un S45 Solent permette ai visitatori di farsi un idea della cabina passeggeri della flying Boat che negli anni ’50 aprì la Coral Route, che da Auckland portava a Papeete attraverso le Fijii, CookIslands e Samoa; una crociera volante per persone abbienti che permetteva di raggiungere Tahiti in sole 30 ore.
Un secondo mock-up racconta l’avvento dell’era del jet, ricostruendo l’interno di un DC-8 con tanto di sedili di first e galley fedelmente riempito di vasellame, gadget e riproduzioni in calco del lussuoso catering servito ai passeggeri di first.
Sempre nella sezione jet, si poteva ammirare da vicino un CFM 56 recuperato dallo storage del Christchurch Engine Centre.

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Non manca in una vetrina, un breve accenno al più tragico incidente aereo nella storia della compagnia; il volo 901 del novembre del 1979, quando un DC-10 in volo panoramico sopra l’Antartide si schiantò per un errore di rotta contro il Monte Erebus causando la morte delle 257 persone a bordo.

La ricostruzione di una piccola lounge d’aeroporto degli anni sessanta permette di accomodarsi su poltroncine e tramite schermi touch di prendere visione dei vari spot pubblicitari che hanno caratterizzato la storia della compagnia dagli anni cinquanta ad oggi.

Altri schermi corredati da pannelli illustrativi mostrano l’evoluzione storica dei safety video, alla cui produzione hanno preso parte personaggi neozelandesi famosi, un intera formazione degli All Blacks, e le creature di The Hobbit.
Una serie di pannelli fotografici racconta quindi la transizione tra DC-8 e DC-10, Boeing 707, 767, 747 e da ultimo il passaggio ai 777 e il lancio della versione -900 del 787.

Proprio su quest’ultimo si concentra l’ultima parte dell’esposizione, che fa ampio uso di tecnologie digitali e interattive: tre ampi schermi LCD corredati di cuffie permettono al visitatore di assistere rispettivamente alle manovre di atterraggio dall’interno di una cabina del 787 esaustivamente illustrata in tutta le sue fasi attraverso sottotitoli; ad un time lapse di 3 minuti che riprende dall’esterno i 90 minuti di tournaround del Dreamliner; ad interviste a diversi “volti” della compagnia, dal pilota, al tecnico di rampa al meccanico.
Altri tre schermi interattivi permettono di costruire una personale livrea virtuale del Dreamliner e condividerla tramite social network, mentre un wall-board consente ai visitatori di scrivere i propri desideri su come migliorare l’esperienza di bordo.

Tra presente e futuro l’area Design Lab con un mock-up delle famose Economy Sky-couch, che permettono alle coppie o ad un adulto con bambino, pagando al 50% il terzo posto, di trasformare l’intera fila di sedili in flat-lie bed, ottenendo oltretutto una discreta privacy.

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Personalmente ritengo l’idea estremamente utile e rivoluzionaria, che va contro quel trend di mercato che vuole il comfort pagato a carissimo prezzo. Mentre la maggioranza delle compagnie si concentra a creare mini suite di business e mini lodge di first a prezzi assolutamente inarrivabili per la maggior parte delle persone comuni, relegando le famiglie in configurazioni economy da carro bestiame, Air New Zelaand, ha creato nel limite del possibile una soluzione accessibile a tutti e ai bambini in particolare, che sono poi i soggetti meno avvezzi a stare costretti in spazi ristretti per decine di ore.


L’ultimo ambiente è dedicato al futuro dell’aviazione. Un mock up futuristico permette al visitatore di sedersi in sedili dotati di Oculus Rift e, nel corso di una proiezione di circa 5 minuti, farsi un idea di come potrà evolvere la cabina passeggeri dei prossimo decenni, con ceiling trasparente per ammirare l’esterno e tecnologie IFE immersive (come appunto lo stesso Oculus Rift) che permetteranno allo spettatore di ricostruire ambienti virtuali e immergersi in essi, e farsi ad esempio un’idea estremamente realistica della destinazione mentre ancora in volo.
Personalmente ho decisamente apprezzato quest’ultima sezione e sono rimasto positivamente impressionato della qualità raggiunta dagli Oculus Rift. Ne avevo avuto un piccolo assaggio in alcuni padiglioni di Expo lo scorso anno ma la qualità delle ambientazioni era alquanto scarna e di scarsa qualità.
Il rendering 3d a 360 gradi delle ambientazioni di cabina del futuro appariva estremamente dettagliato e veritiero, al punto che più di una volta ho allungato le mani verso il nulla cercando di toccare oggetti e animali virtuali.



Tirando le somme, ho trovato l’esposizione alquanto curata, destinata naturalmente ad un pubblico generalista che, all’interno di un museo molto più grande, dedica alla mostra un massimo di 30 minuti. L’appassionato di aviazione probabilmente si potrebbe aspettare qualcosa di più e rimanere un tantino deluso.

A titolo di completezza, l'Auckland War memorial ospita in forma permanente

uno Spitfire Mark XVI

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e un Mitsubishi A6M3 Zero-sen 22 , destinato ad una missione kamikaze, fu salvato dai tecnici di terra, che per salvare la vita al giovane pilota, ritardò le riparazioni necessarie, nascondendo le parti di ricambio.


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Re: Air New Zealand: SYD-ACK + 75 YEARS, IMPRESSIONI DI VIAGGIO

Bellissimo!! Ottimo racconto, e ottime foto!
 
Re: Air New Zealand: SYD-ACK + 75 YEARS, IMPRESSIONI DI VIAGGIO

Bellissimo!! Ottimo racconto, e ottime foto!

Una mostra stupenda che ho avuto anche io l'occasione di visitare oggi. Non so se proporre un TR però Haha qua fioccano :)
 
Grazie del report. Peccato solo per la mancanza di qualche foto in più.

Interessantissima la descrizione dello Skycouch, che mi aveva molto incuriosito la prima volta che ne sentii parlare.