[TR] Trip Report AGGIORNATO : Cipro come forse non l’avete mai vista
Molti di voi avranno fatto un vacanza a Cipro, con maggiore probabilità nella Repubblica Greca di Cipro a sud, ed avranno potuto vedere più o meno da vicino la realtà dell’ultima nazione in Europa divisa da un muro.
Se invece non ci siete stati, mettetelo in programma. E non limitate al sud la vostra escursione. Il nord è ancora molto meno sviluppato e costruito, con la conseguente possibilità di visitare paesaggi e luoghi veramente incontaminati
Questo trip report, con una sua “aeronauticità” come vedrete, vuole invece portarvi in una zona particolare di Cipro, inaccessibile al pubblico e carica di intenso quanto drammatico fascino: la “Green Zone”.
Le Green Zone – linea verde, dal colore della matita che un ufficiale inglese utilizzò per tracciarla sulla carta di Cipro – è la linea di separazione tra Cipro nord e sud. O meglio oramai tra la Repubblica di Cipro al sud e la Repubblica Turca di Cipro a nord. Venne tracciata nel 1964 per suddividere le aree abitate dai ciprioti di etnia turca da quelle abitate dalla maggioranza di etnia greca, successivamente ai violenti fatti di sangue provocati dai nazionalisti greci dell’EOKA.
I turchi, circa un quarto rispetto ai greci, andarono in tal modo a costituire una comunità più omogenea dal punto di vista territoriale, e le Nazioni Unite si impegnarono a garantire la sicurezza delle comunità attraverso il dispiegamento di un contingente di peacekeepers.
Questa “pace sospesa” resse fino al 1974. In quell’anno, infatti, la giunta militare che all’epoca governava la Grecia (i cosiddetti “colonnelli”), decise di attuare un piano per l’annessione dell’isola alla madrepatria. L’operazione sarebbe stata condotta da forze greche con il sostegno dei nazionalisti dell’EOKA, ed avrebbe necessariamente comportato l’eliminazione di ogni resistenza della componente turca.
Quando fu evidente che le forze dell’EOKA stavano compiendo una vera e propria pulizia etnica, la Turchia decise di lanciare una ancor oggi molto discussa operazione militare – operazione Attila – per correre in soccorso della minoranza turca.
Fu così che, tra il luglio e l’agosto del 1974, una poderosa forza militare turca sbarcò sull’isola ed iniziò ad avanzare in direzione delle aree a maggioranza turca, seguita successivamente da una seconda ondata che invece perpetuò una vera e propria invasione di circa un terzo dell’isola.
Da allora la situazione non è mutata, e quello di Cipro è l’ultimo muro d’Europa.
Iniziamo il viaggio sbarcando virtualmente nell’aeroporto di Nicosia, chiuso al traffico dal luglio del 1974 e mai più riaperto.
L’area è nel bel mezzo della linea verde, ed è sotto diretto controllo delle forze dell’ONU. L’accesso è vietato al pubblico, sebbene nel tempo non sono pochi i civili che sono transitati da queste parti.
La vecchia torre di controllo della RAF, attiva sin dalla II Guerra Mondiale, è ancora al suo posto sebbene un po’ pericolante.
In lontananza, più a nord, si intravede la “nuova aerostazione”. Terminata nel 1968, era all’epoca una moderna struttura, e quello di Nicosia certamente il più importante aeroporto dell’isola.
Qui lo si vede dall’alto, ripreso da un traballante Bell 205 dell’Ejercito Argentino
Il complesso, interamente in cemento armato, è oggi chiuso e recintato. Sebbene qualche buco nella rete ci sia …
Il vecchio ingresso delle partenze è ancora caratterizzato dalla fila di banchi per il check-in, e in alcuni si trovano ancora pezzi di carte di imbarco o cartoncini con elastico per le valige.
Dietro ad ogni banco un vecchio rudimentale nastro per il trasporto delle valige nel magazzino sottostante
Un po’ dovunque cocci di vetro, detriti e soprattutto … guano!
Il salone principale dell’aerostazione, con le sue caratteristiche vetrate a mosaico, fa impressione per l’ampiezza e l’attualità del disegno architettonico.
In bella mostra alcuni cartelloni pubblicitari originali del 1974, tra cui uno della Rolex ed uno delle scarpe Bata.
È bene ricordarsi che “non è consentito dare la mancia ai facchini”!
Del bar è rimasto ben poco
Così come delle cabine del telefono
Sono evidenti i segni dei combattimenti un po’ dappertutto, ma come sempre sono i vetri a “parlare” meglio di ogni altra cosa.
“Passo” il controllo dei passaporti …
E trovo un vecchio avviso doganale
Salgo le scale e vado al vecchio duty-free
Fa impressione vedere questo oceano di sedie vuote. Ci si aspetta di vedere i passeggeri da un momento all’altro.
Il design è tipico egli anni ‘60
Scendo a ritorno sul piazzale, per andare a sbirciare più da vicino questo gioiellino visto prima solo dall’alto.
Si tratta di un Hawker Siddley Trident 2 della Cyprus Airways, immatricolato 5A-DAB. Era pronto al decollo all’alba del 20 luglio 1974, strapieno di greco ciprioti ansiosi di fuggire quanto prima possibile dall’isola. Mentre rullava verso la pista per decollare, tuttavia, un F-100 Super Sabre turco lo vide e gli scaricò addosso qualche colpo. Pochi danni, ma l’aereo venne giudicato non in condizioni di volare e venne quindi riportato sul piazzale. Sorte ben diversa ebbe un altro Trident presente sul piazzale, colpito anch’esso dall’F-100 e che si incendiò distruggendosi completamente.
In nessuno dei due aerei si registrarono morti o feriti. Quasi un miracolo.
I combattimenti che seguirono nei giorni successivi misero invece definitivamente fuori uso il 5A-DBA, lasciandolo nello stato in cui è oggi
Ed è cosi che il povero Trident si trovò a fare da gate guardian in un aeroporto abbandonato nel bel mezzo di un’isola divisa. Paradossalmente proprio nella linea verde di divisione, davanti ad un sontuoso antico hangar della RAF, ormai cadente ma non privo di un fascino d’altri tempi.
Ai margini dell’aeroporto ci sono altri due relitti, conservati decisamente meno bene. A nord, a circa 400 metri dalla testata, c’è il relitto di un Tu-104 della CSA, incidentatosi fortunatamente senza vittime nel 1973 in seguito ad un guasto ai carrelli che ne ha determinato l’uscita di pista ed il successivo incendio.
Ad ovest, invece, giace lo scheletro di uno Schackleton inglese, pattugliatore nell’ultima sua vita, e donato nei primi anni ’60 ai vigili del fuoco dell’aeroporto come strumento addestrativo.
Sono entrambi troppo vicini a due postazioni di sorveglianza turche, a meno di 50 metri, e non c’è nemmeno un cespuglio dove nascondersi per fare una foto. Per questa volta è andata male!
Sebbene sui generis, credo si possa definire questo trip report come aeronautico. Se non lo fosse spostatelo tranquillamente dive più opportuno.
Spero sia stato interessante, ciao
Nicola
P.S. Spero di non aver fatto un macello con la dimensione delle foto!
Molti di voi avranno fatto un vacanza a Cipro, con maggiore probabilità nella Repubblica Greca di Cipro a sud, ed avranno potuto vedere più o meno da vicino la realtà dell’ultima nazione in Europa divisa da un muro.
Se invece non ci siete stati, mettetelo in programma. E non limitate al sud la vostra escursione. Il nord è ancora molto meno sviluppato e costruito, con la conseguente possibilità di visitare paesaggi e luoghi veramente incontaminati
Questo trip report, con una sua “aeronauticità” come vedrete, vuole invece portarvi in una zona particolare di Cipro, inaccessibile al pubblico e carica di intenso quanto drammatico fascino: la “Green Zone”.
Le Green Zone – linea verde, dal colore della matita che un ufficiale inglese utilizzò per tracciarla sulla carta di Cipro – è la linea di separazione tra Cipro nord e sud. O meglio oramai tra la Repubblica di Cipro al sud e la Repubblica Turca di Cipro a nord. Venne tracciata nel 1964 per suddividere le aree abitate dai ciprioti di etnia turca da quelle abitate dalla maggioranza di etnia greca, successivamente ai violenti fatti di sangue provocati dai nazionalisti greci dell’EOKA.
I turchi, circa un quarto rispetto ai greci, andarono in tal modo a costituire una comunità più omogenea dal punto di vista territoriale, e le Nazioni Unite si impegnarono a garantire la sicurezza delle comunità attraverso il dispiegamento di un contingente di peacekeepers.
Questa “pace sospesa” resse fino al 1974. In quell’anno, infatti, la giunta militare che all’epoca governava la Grecia (i cosiddetti “colonnelli”), decise di attuare un piano per l’annessione dell’isola alla madrepatria. L’operazione sarebbe stata condotta da forze greche con il sostegno dei nazionalisti dell’EOKA, ed avrebbe necessariamente comportato l’eliminazione di ogni resistenza della componente turca.
Quando fu evidente che le forze dell’EOKA stavano compiendo una vera e propria pulizia etnica, la Turchia decise di lanciare una ancor oggi molto discussa operazione militare – operazione Attila – per correre in soccorso della minoranza turca.
Fu così che, tra il luglio e l’agosto del 1974, una poderosa forza militare turca sbarcò sull’isola ed iniziò ad avanzare in direzione delle aree a maggioranza turca, seguita successivamente da una seconda ondata che invece perpetuò una vera e propria invasione di circa un terzo dell’isola.
Da allora la situazione non è mutata, e quello di Cipro è l’ultimo muro d’Europa.
Iniziamo il viaggio sbarcando virtualmente nell’aeroporto di Nicosia, chiuso al traffico dal luglio del 1974 e mai più riaperto.
L’area è nel bel mezzo della linea verde, ed è sotto diretto controllo delle forze dell’ONU. L’accesso è vietato al pubblico, sebbene nel tempo non sono pochi i civili che sono transitati da queste parti.
La vecchia torre di controllo della RAF, attiva sin dalla II Guerra Mondiale, è ancora al suo posto sebbene un po’ pericolante.


In lontananza, più a nord, si intravede la “nuova aerostazione”. Terminata nel 1968, era all’epoca una moderna struttura, e quello di Nicosia certamente il più importante aeroporto dell’isola.
Qui lo si vede dall’alto, ripreso da un traballante Bell 205 dell’Ejercito Argentino

Il complesso, interamente in cemento armato, è oggi chiuso e recintato. Sebbene qualche buco nella rete ci sia …



Il vecchio ingresso delle partenze è ancora caratterizzato dalla fila di banchi per il check-in, e in alcuni si trovano ancora pezzi di carte di imbarco o cartoncini con elastico per le valige.


Dietro ad ogni banco un vecchio rudimentale nastro per il trasporto delle valige nel magazzino sottostante

Un po’ dovunque cocci di vetro, detriti e soprattutto … guano!

Il salone principale dell’aerostazione, con le sue caratteristiche vetrate a mosaico, fa impressione per l’ampiezza e l’attualità del disegno architettonico.




In bella mostra alcuni cartelloni pubblicitari originali del 1974, tra cui uno della Rolex ed uno delle scarpe Bata.



È bene ricordarsi che “non è consentito dare la mancia ai facchini”!

Del bar è rimasto ben poco

Così come delle cabine del telefono

Sono evidenti i segni dei combattimenti un po’ dappertutto, ma come sempre sono i vetri a “parlare” meglio di ogni altra cosa.


“Passo” il controllo dei passaporti …


E trovo un vecchio avviso doganale

Salgo le scale e vado al vecchio duty-free




Fa impressione vedere questo oceano di sedie vuote. Ci si aspetta di vedere i passeggeri da un momento all’altro.



Il design è tipico egli anni ‘60

Scendo a ritorno sul piazzale, per andare a sbirciare più da vicino questo gioiellino visto prima solo dall’alto.

Si tratta di un Hawker Siddley Trident 2 della Cyprus Airways, immatricolato 5A-DAB. Era pronto al decollo all’alba del 20 luglio 1974, strapieno di greco ciprioti ansiosi di fuggire quanto prima possibile dall’isola. Mentre rullava verso la pista per decollare, tuttavia, un F-100 Super Sabre turco lo vide e gli scaricò addosso qualche colpo. Pochi danni, ma l’aereo venne giudicato non in condizioni di volare e venne quindi riportato sul piazzale. Sorte ben diversa ebbe un altro Trident presente sul piazzale, colpito anch’esso dall’F-100 e che si incendiò distruggendosi completamente.
In nessuno dei due aerei si registrarono morti o feriti. Quasi un miracolo.
I combattimenti che seguirono nei giorni successivi misero invece definitivamente fuori uso il 5A-DBA, lasciandolo nello stato in cui è oggi












Ed è cosi che il povero Trident si trovò a fare da gate guardian in un aeroporto abbandonato nel bel mezzo di un’isola divisa. Paradossalmente proprio nella linea verde di divisione, davanti ad un sontuoso antico hangar della RAF, ormai cadente ma non privo di un fascino d’altri tempi.

Ai margini dell’aeroporto ci sono altri due relitti, conservati decisamente meno bene. A nord, a circa 400 metri dalla testata, c’è il relitto di un Tu-104 della CSA, incidentatosi fortunatamente senza vittime nel 1973 in seguito ad un guasto ai carrelli che ne ha determinato l’uscita di pista ed il successivo incendio.
Ad ovest, invece, giace lo scheletro di uno Schackleton inglese, pattugliatore nell’ultima sua vita, e donato nei primi anni ’60 ai vigili del fuoco dell’aeroporto come strumento addestrativo.
Sono entrambi troppo vicini a due postazioni di sorveglianza turche, a meno di 50 metri, e non c’è nemmeno un cespuglio dove nascondersi per fare una foto. Per questa volta è andata male!
Sebbene sui generis, credo si possa definire questo trip report come aeronautico. Se non lo fosse spostatelo tranquillamente dive più opportuno.
Spero sia stato interessante, ciao
Nicola
P.S. Spero di non aver fatto un macello con la dimensione delle foto!
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