Un brand non è solo un nome di un prodotto, un logo qualsiasi.
È una promessa: con quel brand Alitalia comunica ciò che è, comunica i suoi valori, decide di mettersi un vestito con il quale si presenta ai suoi Clienti.
E’ importante sottolineare come il brand sia il lato di una medaglia. Dall’altro lato vi è il suo posizionamento, che ne determina la mission e la vision. Ed il modo principale con cui la marca prende forma e si materializza è costituito dall’Offerta e dal Servizio erogato. Pubblicità, sito web, social network, Servizio Clienti, lounge, app, Servizio degli AAVV ecc. sono tutti elementi sostanziali che contribuiscono a dare peso al brand, e devono viaggiare di pari passo con esso.
Se non c’è coerenza tra tutti questi elementi, il brand perde valore, così come diventa inutile una sua qualsiasi modifica.
Al contrario, un brand vincente e forte diventa un asset per l’Azienda: è accertato che un brand con una buona reputazione sia spesso preferito dai Clienti anche se propone un prodotto più costoso. La qualità paga.
Alitalia ha deciso di cambiare pelle. Nel vedere il rendering di Rogerwilco, cerco di capire le scelte fatte. Premesso che la livrea dal vivo dovrebbe avere tonalità di colori ed effetti diversi dai bozzetti qui pubblicati, mi chiedo se un Cliente qualunque riesca a notare la differenza con quella attuale, che già si estende in verticale su timone e deriva.
Viene subito in mente che vi sia una somiglianza troppo forte con Air Italy. Per fortuna quest’ultima ha una livrea poco conosciuta.
Viene in mente che la fusoliera sia troppo scarna, e l’effetto perlato nulla abbia a che fare con Alitalia, l’Italia, i valori di Alitalia. Se poi fosse vero che le uniformi saranno di tonalità blu, ancora di più non capisco che c’azzecchi il perlato, salvo riempire uno spazio altrimenti vuoto. Si potevano fare altre scelte sulla fusoliera?
Forse si doveva fare di più sul lettering per marcare la differenza. Rinnovare nella tradizione va bene, ma bisogna pur apportare qualche innovazione.
Veniamo al Servizio di Alitalia: sono cambiati tutti quegli elementi che elencavo sopra e che concorrono in modo determinante al rinnovamento del brand?
Bisogna fare in fretta, perché i proclami di compagnia a 5 stelle vanno bene, ma dopo 6 mesi iniziano a contare i fatti. O si cambia velocemente, oppure l’azione di rebranding viene vanificata, soprattutto a fronte di ritocchi minimi. Sito web, app, Servizio degli AAVV, lounge, Servizio Clienti: ognuno di questi ha carenze rilevanti. Si salvano solo i social network.
E speriamo parta una campagna pubblicitaria non solo in Italia, ma soprattutto all’estero nei Paesi chiave, dove il protagonista non è Raul Bova, ma la compagnia aerea.
A questa esemplare riflessione, aggiungo qualcosa di un po' piu specifico sul lavoro svolto da Landor.
Rinnovare il brand di Alitalia è un'impresa veramente ardua, non tanto per il patrimonio storico che si porta dietro, quanto piu perchè il lavoro svolto sul finire degli anni '60 è veramente unico; può piacere o meno, ma dal punto di vista grafico e applicativo è sostanzialmente perfetto, ovvero rispetta tutta una serie di convenzioni e scelte stilistiche che, tempo dopo, sarebbero diventate lo standard per la creazione di un brand e che, purtroppo, molte agenzie di branding non mettono in pratica, perchè nuovo è bello, indipendentemente che non trasmetta nulla e che richieda rivisitazioni dopo pochi anni dal lancio.
Tante premesse iniziali sono state tradite strada facendo, dall'abbandono del verde al creare qualcosa di veramente nuovo e innovativo, che prendesse nettamente le distanze dalle precedenti evoluzioni, e che, nell'immaginario collettivo, richiamasse l'Alitalia dei tempi d'oro, quella dei "Servizi Aerei Freccia Alata" e della livrea pentagramma; un'idea certamente meravigliosa, ma legata ad un passato troppo remoto della compagnia, di cui solo pochi hanno memoria.
Si è optato dunque per una scelta più conservativa, a tratti quasi banale, ovvero rimuovere la cheatline e caricare di dettagli in maniera quasi ossessiva la coda, il che porta ad un risultato sbilanciato, oltre che di poco impatto visivo, perlato o meno che sia.
Potevano essere fatte molte scelte azzeccate, rispettando le "imposizioni della dirigenza", partendo, ad esempio, dall'abbandonando del verde, perchè se ti chiami Alitalia non hai necessariamente bisogno di portarti in giro il bandierone sulla deriva per mostrare al mondo le tue origini. Per questa mia riflessione molti grideranno allo scandalo, ne sono consapevole, perchè a buona parte di noi si scalda il cuore quando, sparsi in giro per il mondo, vediamo passare dalle vetrate dell'aeroporto un aereo che porta in bella mostra il tricolore nazionale, ma sarebbe comunque stata una scelta, graficamente parlando, ineccepibile.
Si è deciso di cambiare per non farlo, anzi, a mio avviso molti non noteranno nemmeno il cambio di stendardi, considerando anche che il nuovo logo si discosta veramente poco dai precedenti.
Come giustamente notava EI-MAW, il logo Alitalia è uno dei pochissimi supersiti che incorpora ancora il logo nel nome aziendale, scelta oramai stilisticamente desueta. Anche in questo caso, rispettando il concetto di rinnovare nella tradizione, sarebbe bastato un nonnulla per trasmettere un senso di rinnovata freschezza del brand, scorportando la storica A, opportunamente rivista e aggiornata, dal nome Alitalia, rinnovato, non più obliquo (altra scelta di pessimo gusto), possibilmente tutto maiuscolo e con un font che si adattasse, con vari pesi, anche ad altre applicazioni al di fuori del logo, dalle campagne pubblicitarie ai luggage tags, creando una continuità d'insieme che rimarrà sconosciuta all'attuale proposta. Ben inteso, non si tratta di un mio desiderio, ma sarebbe stata una scelta ottimale per quello che l'attuale mercato globale richiede e apprezza.
Per una valutazione definitiva comunque attenderò il 4 giugno p.v. insieme a tutti voi, ma al momento, pur ringraziando gli dei che la proposta azzurra non sia passata, rimango molto scettico sul risultato finale e ancora di più sul fatto che questo trasmetterà il concetto di sexy che tanto Hogan e compagnia cantando hanno decantato a più riprese.
Spero di non avervi annoiato.
Un brand non è solo un nome di un prodotto, un logo qualsiasi.
È una promessa: con quel brand Alitalia comunica ciò che è, comunica i suoi valori, decide di mettersi un vestito con il quale si presenta ai suoi Clienti.
E’ importante sottolineare come il brand sia il lato di una medaglia. Dall’altro lato vi è il suo posizionamento, che ne determina la mission e la vision. Ed il modo principale con cui la marca prende forma e si materializza è costituito dall’Offerta e dal Servizio erogato. Pubblicità, sito web, social network, Servizio Clienti, lounge, app, Servizio degli AAVV ecc. sono tutti elementi sostanziali che contribuiscono a dare peso al brand, e devono viaggiare di pari passo con esso.
Se non c’è coerenza tra tutti questi elementi, il brand perde valore, così come diventa inutile una sua qualsiasi modifica.
Al contrario, un brand vincente e forte diventa un asset per l’Azienda: è accertato che un brand con una buona reputazione sia spesso preferito dai Clienti anche se propone un prodotto più costoso. La qualità paga.
Alitalia ha deciso di cambiare pelle. Nel vedere il rendering di Rogerwilco, cerco di capire le scelte fatte. Premesso che la livrea dal vivo dovrebbe avere tonalità di colori ed effetti diversi dai bozzetti qui pubblicati, mi chiedo se un Cliente qualunque riesca a notare la differenza con quella attuale, che già si estende in verticale su timone e deriva.
Viene subito in mente che vi sia una somiglianza troppo forte con Air Italy. Per fortuna quest’ultima ha una livrea poco conosciuta.
Viene in mente che la fusoliera sia troppo scarna, e l’effetto perlato nulla abbia a che fare con Alitalia, l’Italia, i valori di Alitalia. Se poi fosse vero che le uniformi saranno di tonalità blu, ancora di più non capisco che c’azzecchi il perlato, salvo riempire uno spazio altrimenti vuoto. Si potevano fare altre scelte sulla fusoliera?
Forse si doveva fare di più sul lettering per marcare la differenza. Rinnovare nella tradizione va bene, ma bisogna pur apportare qualche innovazione.
Veniamo al Servizio di Alitalia: sono cambiati tutti quegli elementi che elencavo sopra e che concorrono in modo determinante al rinnovamento del brand?
Bisogna fare in fretta, perché i proclami di compagnia a 5 stelle vanno bene, ma dopo 6 mesi iniziano a contare i fatti. O si cambia velocemente, oppure l’azione di rebranding viene vanificata, soprattutto a fronte di ritocchi minimi. Sito web, app, Servizio degli AAVV, lounge, Servizio Clienti: ognuno di questi ha carenze rilevanti. Si salvano solo i social network.
E speriamo parta una campagna pubblicitaria non solo in Italia, ma soprattutto all’estero nei Paesi chiave, dove il protagonista non è Raul Bova, ma la compagnia aerea.
A questa esemplare riflessione, aggiungo qualcosa di un po' piu specifico sul lavoro svolto da Landor.
Rinnovare il brand di Alitalia è un'impresa veramente ardua, non tanto per il patrimonio storico che si porta dietro, quanto piu perchè il lavoro svolto sul finire degli anni '60 è veramente unico; può piacere o meno, ma dal punto di vista grafico e applicativo è sostanzialmente perfetto, ovvero rispetta tutta una serie di convenzioni e scelte stilistiche che, tempo dopo, sarebbero diventate lo standard per la creazione di un brand e che, purtroppo, molte agenzie di branding non mettono in pratica, perchè nuovo è bello, indipendentemente che non trasmetta nulla e che richieda rivisitazioni dopo pochi anni dal lancio.
Tante premesse iniziali sono state tradite strada facendo, dall'abbandono del verde al creare qualcosa di veramente nuovo e innovativo, che prendesse nettamente le distanze dalle precedenti evoluzioni, e che, nell'immaginario collettivo, richiamasse l'Alitalia dei tempi d'oro, quella dei "Servizi Aerei Freccia Alata" e della livrea pentagramma; un'idea certamente meravigliosa, ma legata ad un passato troppo remoto della compagnia, di cui solo pochi hanno memoria.
Si è optato dunque per una scelta più conservativa, a tratti quasi banale, ovvero rimuovere la cheatline e caricare di dettagli in maniera quasi ossessiva la coda, il che porta ad un risultato sbilanciato, oltre che di poco impatto visivo, perlato o meno che sia.
Potevano essere fatte molte scelte azzeccate, rispettando le "imposizioni della dirigenza", partendo, ad esempio, dall'abbandonando del verde, perchè se ti chiami Alitalia non hai necessariamente bisogno di portarti in giro il bandierone sulla deriva per mostrare al mondo le tue origini. Per questa mia riflessione molti grideranno allo scandalo, ne sono consapevole, perchè a buona parte di noi si scalda il cuore quando, sparsi in giro per il mondo, vediamo passare dalle vetrate dell'aeroporto un aereo che porta in bella mostra il tricolore nazionale, ma sarebbe comunque stata una scelta, graficamente parlando, ineccepibile.
Si è deciso di cambiare per non farlo, anzi, a mio avviso molti non noteranno nemmeno il cambio di stendardi, considerando anche che il nuovo logo si discosta veramente poco dai precedenti.
Come giustamente notava EI-MAW, il logo Alitalia è uno dei pochissimi supersiti che incorpora ancora il logo nel nome aziendale, scelta oramai stilisticamente desueta. Anche in questo caso, rispettando il concetto di rinnovare nella tradizione, sarebbe bastato un nonnulla per trasmettere un senso di rinnovata freschezza del brand, scorportando la storica A, opportunamente rivista e aggiornata, dal nome Alitalia, rinnovato, non più obliquo (altra scelta di pessimo gusto), possibilmente tutto maiuscolo e con un font che si adattasse, con vari pesi, anche ad altre applicazioni al di fuori del logo, dalle campagne pubblicitarie ai luggage tags, creando una continuità d'insieme che rimarrà sconosciuta all'attuale proposta. Ben inteso, non si tratta di un mio desiderio, ma sarebbe stata una scelta ottimale per quello che l'attuale mercato globale richiede e apprezza.
Per una valutazione definitiva comunque attenderò il 4 giugno p.v. insieme a tutti voi, ma al momento, pur ringraziando gli dei che la proposta azzurra non sia passata, rimango molto scettico sul risultato finale e ancora di più sul fatto che questo trasmetterà il concetto di sexy che tanto Hogan e compagnia cantando hanno decantato a più riprese.
Spero di non avervi annoiato.
E ciò è meraviglioso!Credo proprio che verrai accontentato...
D'Avanzo ha prodotto diversi ottimi volumi di estremo interesse, ma la precisione non è esattamente tra le sue doti più spiccate...Poi ho letto su un libro di D'avanzo (non ricordo quale ma posso controllare) che il primo aereo con il verdone fu il Dc8 I-DIWW che risulta consegnato a febbraio 1970, prima del 747 che arrivò a maggio.
Fantastico!!!grazie a te, ignoravo tutta questa storia. Grazie mille!!!......
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Finalmente mi sono riuscito a leggere tutto il thread.
Un sentito ringraziamento a nicola ed ai veri gemelli Fly![]()
Ok. Se mi fermano dico che mi chiamo Nicola e che sono sardo.Edo, potresti andare con la scala a staccarne uno?