La penso diversamente. L' Italia è un Paese da 3° mondo per molti aspetti.
Vedi, se vuoi, questo articolo, non troppo OT, sul Corriere della Sera del mio vecchio maestro. Banche, linee aeree, aeroporti e il resto spesso si somigliano
NON RASSEGNARSI ALL’ITALIA STANTIA
di MARIO MONTI
In molti giovani italiani che lavorano all'estero, o in Italia in contatto con l'estero, ho notato negli ultimi tempi un cambiamento. Prima cercavano con il loro impegno e con la discussione di convincere i colleghi di altri Paesi che certi stereotipi negativi sull'Italia non sono più giustificati, se mai lo fossero stati in passato. Ora, sono assaliti dal dubbio che, dopo tutto, gli stereotipi non fossero infondati e che forse l'Italia sia peggiore di come essi si sforzavano di credere. In altre parole, si vergognano di essere italiani. Questa fuga della fiducia nell'Italia, ancora più grave della fuga dei cervelli dall'Italia, sarà il «merito» più rilevante acquisito sul campo da coloro che si sono battuti per la «difesa dell'italianità» di alcune banche.
La magistratura giudicherà. Ma che un Governatore ostenti amicizia per alcuni banchieri, che riceva da loro doni se non baci, che certi parlamentari abbiano il ruolo di portavoce quasi ufficiali del Governatore (anche annunciando che una colazione tra questo e il presidente del Consiglio ha sancito la linea della difesa dell'italianità), che si registrino interventi che mischiano tali questioni con aspetti religiosi, tutti questi sono esattamente i connotati di quell' «italianità» spregiativa per superare la quale i nostri giovani italiani si battono. Ma adesso si sentono dire dai loro colleghi stranieri, con un sorriso ironico: «Visto?». Capisco la loro rabbia, la loro voglia di estraniarsi dal loro Paese.
Invece, sarà solo se i giovani sapranno mantenere lo sdegno, ma convincere se stessi e i loro interlocutori stranieri che questi sono riprovevoli episodi di un'Italia stantia, in corso di superamento, che avremo qualche prospettiva di miglioramento.
Sottolineo che il danno è compiuto. Gli episodi citati sono documentati e notori. Potranno costituire reati o meno, potranno esservi molti altri fatti o no, ad opera degli stessi o di altri protagonisti. Ma bastano questi. E soprattutto basta la circostanza che, pur essendo questi fatti sotto gli occhi di tutti da molti mesi, ci sia voluto tanto tempo perché esponenti del mondo bancario, economico, politico e della stampa trovassero il «coraggio» per prendere le distanze.
Bisogna poi fare attenzione. Quanti hanno preso le distanze da Antonio Fazio, Gianpiero Fiorani e da altri compartecipi a quella comunità di valori non sono necessariamente a favore di un'Italia diversa, nella quale la competizione sul mercato si sostituisca alla logica asfissiante dell'amicizia, dello schieramento, del clan. No, vi sono probabilmente tra essi molti esponenti di quella stessa identica logica, ma che - mutate le circostanze - hanno cambiato clan. A puro titolo di ipotesi: se prima il Governatore era amico-sostenitore di un banchiere e poi - probabilmente per considerazioni sul bene del sistema creditizio italiano - ha cambiato amicizia, il banchiere abbandonato e le voci di stampa a lui vicine possono diventare fieri critici del Governatore e dei nuovi assetti, ma non per questo sono sinceri assertori di un cambiamento di logica, verso il mercato.
Forse, con il tempo, la nuova logica potrà affermarsi, non solo nelle parole ma anche nei fatti. Ma questo non sarà possibile se quei giovani italiani, che sono i naturali portatori di quella logica, si estranieranno mentalmente dal loro Paese.