[TR] Kiev/Kharkiv


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Prima di pubblicare qualche foto e pure uno straccio di racconto (o semplici didascalie), invito i moderatori, se necessario (o se lo ritenessero più consono), a spostare il tutto nel thread della guerra in Ucraina.

Mi scuso, inoltre, per un breve TR fotografico che di temi a noi cari, ahimé, non tratterà. L’altra importante premessa è che mi asterrò dall’esprimere giudizi su fronti bellici, situazione politica, diplomazie, “personaggi” e così via dicendo — lascio tutto ciò agli esperti (e non) che abbondano sulle piattaforme usuali del web.

Sulle note del pezzo dei Pink Floyd (Coming back to life), let’s make a start.

 

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RACCONTO VIAGGIO

Itinerario

Warszawa Ursus Północ—Warszawa Zachodnia—Rzeszów Główny—Przemysł Główny—Kyiv Pasazhyrskyi

La congiunzione astrale che mette in moto la macchina organizzativa per questo insolito viaggio può essere così riassunta: il sottoscritto spedito a Varsavia per via del suo corporate job, un amico (“gov.pl”) ed una conoscenza (giornalista americano, attualmente a Kharkiv con la sua tessera “Press” a tracollo). Il rischio non farà nemmeno una flebile comparsa nella mia mente durante le fasi iniziali di organizzazione logistica, che peraltro si rivelerà piuttosto complicata.

Esiste un treno diretto (impiega appena sotto le 20 ore) che collega la stazione est (o Wschodnia) di Varsavia con la stazione centrale (o Pasazhyrskyi) della capitale ucraina, ma non c’è verso di trovare un posto. Forte, tuttavia, del glorioso palmares in geografia ai tempi delle scuole, penso immediatamente alle città di confine, vale a dire Przemysł e Chełm. Si parte dopodomani e pertanto non ho il tempo materiale a disposizione per perdermi nei meandri di Google, decido quindi di prenotare un one-way da Przemysł a Kiev senza, tuttavia, preoccuparmi del fatto che a Przemysł dovrò comunque arrivarci e che s’impiegano appena 6+ ore di treno… Geography coming to the rescue again, decido pertanto di andare a Rzeszów (circa 5 ore di treno, il cosiddetto “Pendolino” o “Express Intercity Premium”), soggiornare nella ridente cittadina dei Subcarpazi e prendere un treno “regionale” per Przemysł (un paio d’ore) la mattina seguente.

Przemysł è una cittadina di confine a circa 400 km a sud di Varsavia e che si è praticamente trasformata in un vero e proprio centro di accoglienza per i profughi di guerra. Faccio visita a delle conoscenze che lavorano nel centro allestito in stazione e sono immediatamente sorpreso dal fatto che ci sono ancora tantissimi arrivi dall’altra parte del confine, un treno è appena arrivato e lo sbarco (lento, immagino per via dei controlli di frontiera) sarà durato almeno 3 ore (ero lì dalle 8 circa del mattino e, fino alle 11 inoltrate, c’era ancora del flusso di gente in uscita). La sensazione alla vista di quelle scene è indescrivibile ma c’è chi ha visto di peggio (specie agli inizi) e mi asterrò pertanto da ulteriori impressioni a riguardo.

Non mi sembrava il caso di far foto ma posterò qualche immagine dal viaggio di ritorno (treno—treno—aereo).

Il treno è uno Hyundai Rotem (modernissimo) e la tratta è operata dall’operatore ferroviario statale dell’Ucraina. Tanta gente a bordo anche se praticamente il 90% dei passeggeri terminerà il viaggio a Leopoli. Il primo controllo passaporti avviene in stazione (Polonia) e di nuovo poi una volta a bordo, subito dopo aver passato la stazione di frontiera (Medyka), dalla polizia militare ucraina, che mi chiederà passaporto, motivo del viaggio accompagnato da relativa documentazione e assicurazione medica (tutto liscio e timbro apposto) e pure un paio di domandine sui numerosi timbri di Bosnia-Herzegovina (e Serbia), pura curiosità credo anche se più in là mi è venuto il mente il fatto che entrambi i Paesi in questione non hanno preso parte alle sanzioni post-aggressione (o “Special Operation”, come la chiamano pure in Serbia).

Il viaggio in treno (12 ore circa) sarà, surprisingly, davvero piacevole, grazie al mattone by Rebecca West (Black Lamb and Grey Falcon — A Journey Through Yugoslavia) che sto leggendo al momento ma anche ad un paio di chiacchiere (piacevoli) e successive visite (frequenti) al “vagone bar” con un paio di passeggeri conosciuti durante l’imbarco e proprio in treno (parlare polacco aiuta).

Arrivo a Kiev poco dopo le 22 e sorge il primo problema: alle 23 scatta il coprifuoco e la sensazione di panico tra i passeggeri in stazione (non solo tra i pochi del treno dove viaggiavo) è piuttosto marcata. Uber sembra ignorarmi, chiedo ad un militare (armato fino ai denti) se attendere un taxi dopo le 23 sia consentito — il giovanotto, gentilissimo, mi risponde in polacco con un fatidico “Nie”. Quando oramai mancano solo pochi minuti alle 23, parlo con un tassista che mi chiede 500 UAH (circa £10) per il “favore” (happy with that, let’s go).

Prima parte (Kiev) con foto a seguire.
 
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KIEV

Monumento (coperto) alla Principessa Olga.



La cosa che più mi ha colpito è vedere una capitale semi-deserta in un giorno feriale. Ovvio che conosciamo tutti i motivi ma, ripeto, la sensazione è tuttavia unica.

Sono tanti i negozi che, ad inizio ostilità immagino, hanno preso le seguenti precauzioni.



Una delle principali strade (Vasylkivska) della capitale, semi-deserta all’ora di punta.



Nei sottopassi, qualche venditore ambulante spera nella ripresa di “traffico”.



Budynok z Zirkoyu, palazzo iconico.





Numeri, purtroppo ed assurdamente, destinati a crescere…



Un altro monumento, a Piazza dell’Indipendenza, coperto e con messaggi di supporto ma anche richieste di arruolamento. Sulle bandiere ci sono dei numeri (scritti a penna) che si riferiscono ai volontari (delle nazioni corrispondenti) che si erano arruolati con l’esercito ucraino e che hanno perso la vita nei combattimenti.



La colonna della vittoria in Piazza Indipendenza.



Continua a breve con un po’ di “attualità”.
 
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La sensazione iniziale piuttosto marcata di una città semi-spenta comincia a mutare col passare dei giorni e va di pari passo con la progressiva riapertura di negozi, ristoranti/bar ed una, chiamiamola così, parvenza di vita che ricomincia, nonostante tutto. Esistono, tuttavia, dei tristi richiami al fatto che il Paese è alle prese con una guerra che, nonostante il ritiro russo dalle postazioni attorno alla capitale, continua senza tregua. I racconti delle persone con cui parlo sono, senza ombra di dubbio, la testimonianza più dolorosa di eventi che, visti da così lontano, quasi perdono quel peso d’importanza che ogni conflitto va a “guadagnarsi” agli inizi (si guardi a Sarajevo, alle porte di casa, sotto assedio ed essenzialmente dimenticata per oltre 4 anni…).

Tornando a quei richiami appena menzionati, ci sono ancora numerosi posti di blocco in tante parti della città…



…mentre la cosa che probabilmente provoca in me una sensazione di profonda angoscia (pur consapevole della relativa stabilità e sicurezza di cui “gode” Kiev), fino ad allora per me sconosciuta, è la sirena anti-aerea, specie di notte. Le sirene sono “annunciate” anche da una app, pensata specificamente per tenere la popolazione al corrente.



Questi, tuttavia, sono i “moniti” più tangibili che, visti dal vivo e con il conflitto ancora in corso, fanno una certa impressione (senza sciocca retorica alcuna):



Continua a breve.
 
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Felice di andare a “ricongiungermi” con una mia “vecchia” conoscenza (il giornalista americano), che di guerre ne ha viste parecchie, ci diamo appuntamento a Piazza dell’Indipendenza per fare quattro passi (lui continuerà a rispondere a svariate telefonate, con tema “situazione a Kharkiv”, dov’era appena stato). Mi dice che Kharkiv è sotto costante assedio dai missili russi e che le cose stanno volgendo al peggio col passare dei giorni.

Detto ciò, ci raggiunge anche l’altro contatto (o “gov.pl”) e l’intenzione del reporter è quella di andare a Bucha e Irpin (le 2 cittadine “invase” e distrutte dai russi nei primi giorni di conflitto), al che “gov.pl” fa un paio di telefonate e ci dice che avremo una guida con relativo trasporto (40 minuti a nord di Kiev) in meno di 2 ore. Senza nemmeno pensarci su, rifiuto il gentile invito (that’s a bit too much, sorry, I’m not a journalist nor do I fancy to get sick for the rest of my life…).

Decido pertanto di proseguire con la passeggiata in città, notando mezzi militari (distrutti) in più posti: dopo il ritiro delle forze russe dalla periferia, i militari ucraini (in collaborazione col museo di storia) hanno “trascinato” un buon numero di “reperti” a Kiev, in memoria del trionfo (seppur parziale) sull’aggressore. Sono sicuro che tanti di voi avranno visto “questo ed altro” tuttavia, come detto nel post precedente, vedere questi mezzi dal vivo nel bel mezzo di un conflitto ancora in corso e dopo aver visto il tutto sui soliti canali d’informazione, fa una certa impressione.

Vedo spesso i mezzi (carri armati) EUFOR in periferia a Sarajevo (Ilidža) di ritorno dalle varie esercitazioni but this is just not the same…





Credo che le immagini a seguire si commentino da sole…













Ciò che è rimasto di questo mezzo contiene ancora gli indumenti dei soldati che lo occupavano…

 

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In macabra esposizione anche 2 auto civili che, nel loro tentativo di lasciare Bucha, furono attaccate dai militari russi… Inutile raccontarvi lo shock alla vista di oggetti ed indumenti personali all’interno delle stesse, semplicemente perché non riuscirei a metterlo per iscritto. A tutto ciò, si aggiunge una ragazza giovanissima che corre all’impazzata (come se inseguita) tra i relitti, piangendo disperatamente…





Tante altre storie da gente che ho incontrato e con cui ho avuto la fortuna di colloquiare; gente che, nonostante tutto, prova a tornare ad un minimo di normalità almeno qui a Kiev, anche se l’ennesimo allarme anti-aereo/missile ci costringe a lasciare in fretta il supermercato e non solo a ricordarci quella che è una triste realtà da mesi oramai, ma anche a volgere un pensiero a chi è costretto a vivere in ben peggiori condizioni (forse inimmaginabili ai più) in altre zone del Paese, oltre che a porre un punto interrogativo sui mesi a venire e le dinamiche ulteriori ed imprevedibili del conflitto in corso.

Finisco qui questo brevissimo racconto fotografico ma prometto qualche foto di “trasporti” dal viaggio di ritorno.

Grazie per aver letto e mi scuso di nuovo per l’OT.

G
 

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Grazie mille per il contributo, G.

Non mi intendo molto di mezzi militari ma immagino che quelli semidistrutti siano russi, corretto? L'uniforme in quella foto mi sembra uguale a quella dei "piccoli omini verdi" che sono sbucati in Crimea tempo addietro.
 
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Grazie per questa testimonianza.
Dankjewel ploncito.

Grazie mille per il contributo, G.
Non mi intendo molto di mezzi militari ma immagino che quelli semidistrutti siano russi, corretto? L'uniforme in quella foto mi sembra uguale a quella dei "piccoli omini verdi" che sono sbucati in Crimea tempo addietro.
Grazie davvero, F.

Esatto, i mezzi sono tutti (ex) “Z”.

Wow! A proposito di TR epici...
Grazie tante, Silvano.

Difficile da vedere e leggere, ma molto importante e interessante.
Grazie per il racconto
Gentilissimo come sempre — grazie, Jambock.

Senza parole.
Letteralmente.
Grazie
Grazie mille, Marco.

Bello e, allo stesso tempo, straziante 🌹🌹
Grazie per aver letto.

racconto tanto bello quanto drammatico. Grazie davvero.
Grazie a te Nicola e spero che potremo presto rileggere uno dei tuoi unici TR.
 
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Un TR di gran peso, non ci sono dubbi. Veramente apprezzato anche se genera ovviamente angoscia e sgomento. Grazie !
Mi ricorderò della tua gentilezza (e comprensione sui temi di Istria e Dalmazia) nel caso in cui le cose da noi più a sud (Bosnia) dovessero mettersi male (pare che i Serbi vogliano tornare al 1333 e cioè ai tempi della Grande Serbia di Dušan), c’è già maretta e poi ci sono le elezioni (contestate) tra 2 mesi. L’indirizzo puoi mandarmelo in privato, tranquillo.

G