[TR] Balkans’ finest: from Republika Srpska to Sarajevo.


AlicorporateUK

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Sarajevo
An unbiased walk & story from East Sarajevo to Sarajevo via invisible borders, lots of history and, last but not least, planes!



Sono anni che mi riprometto di scrivere un TR su Sarajevo (che poi TR strictly speaking non è visto che sono di base qui in assignment per motivi di lavoro e che, dalla mia prima visita immediatamente dopo la guerra e quando i cecchini sparavano ancora con contratto part-time, ne ho fatto la mia residenza di cuore), forse per la passione che, sin da piccolo, nutro verso i Balcani e la loro ricca e tumultuosa storia o forse per il fatto che nessun altro posto al mondo riesce a trasmettermi così tante emozioni. Sin dai tempi delle scuole medie, ero lì a leggermi libri e libri sui Balcani al punto da incuriosire anche i miei insegnanti a scuola (era common thing per i miei genitori sentirsi ripetere la domanda: “Out-of-curiosity, is there any reason why he’s so interested in the Balkans?”). Insomma, ero uno di quelli a bit odd che leggeva un sacco di Misha Glenny e Mark Mazower, guardava con interesse le corrispondenze di Martin Bell e tifava Blackburn Rovers.

In ogni caso, eccomi qui. Sarà una passeggiata nel vero senso della parola, una lunga passeggiata sui 15 km o giù di lì che separano la parte est (città a se stante dopo gli accordi di Dayton) ed il cuore di Sarajevo (Baščaršija), con foto (mediocri) che ho scattato negli anni e che spero rendano l’idea della bellezza di questi posti ma anche un pizzico in più di awareness sugli eventi storici che hanno caratterizzato la regione.

Di aeronautico, ahimé, ci sarà ben poco, vista anche la monotonia delle mie foto sul thread del catering, dove troverete ogni possibile ed immaginabile sfumatura dei pasti di bordo e di lounge delle varie usual suspects e cioè Lufthansa, LOT e compagniabella; inserirò, tuttavia, un po’ di foto relative ad uno dei miei trasferimenti settimanali verso la sede di Londra e spero che, vista la destinazione un tantino insolita (nulla in confronto ai 16 controlli doganali per accedere in Cina, sia chiaro :D) per queste pagine, mi sarà perdonato il basso contenuto aviatorio. In ogni caso, per vedere aeroporti, aerei, salette e pasti Kosher, dovrete attendere la fine del TR :)

G
 

AlicorporateUK

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Si inizia con un caffè (o Bosanska Kafa), per il quale devo spostarmi dall’altra parte del confine invisibile ed entrare in Bosnia (non mi crederete ma, in Republika Srpska, si limiteranno a servirvi un espresso, perlomeno nella maggioranza dei casi).



Detto ciò e per capire, seppur parzialmente (sono oltre 20 anni che leggo libri, parlo con gente quotidianamente, guardo documentari ecc. and, still, it’s virtually impossible to be fully clued up...) il volto a dir poco mind-blowing di questo posto, è a mio avviso doveroso fare almeno un salto nella parte est della città, dove di turisti se ne vedono ben pochi (which is not necessarily a bad thing...) ma dove le divisioni create dall’ultimo conflitto sono piuttosto lampanti e si rispecchiano in simboli che, tutto ad un tratto, ci riportano un po’ (tanto) indietro nel tempo e possibilmente sui libri di storia.

Venendo al dunque, cosa vi aspettereste di vedere in un comunissimo ed anonimo parco giochi per bambini?



Beh, un monumento dedicato a Gavrilo Princip, ça va sans dire...

Racconto e collage iniziano proprio da qui...



...a pochi metri dall’aeroporto di Sarajevo e nel territorio della Republika Srpska (che, almeno geograficamente, non ha nulla a che vedere con la Serbia strictly speaking, si tratta semplicemente una delle entità del post-Dayton), da un personaggio che, hero or villain, è uno dei simboli più importanti di storia e quasi un preludio non solo agli eventi del primo conflitto mondiale ma a tutto quello che ne è poi seguito...



Il giovane nazionalista bosniaco-serbo uccise a colpi di pistola (qui a Sarajevo) l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este e consorte, scatenando una serie di eventi a cui fece seguito il primo conflitto mondiale. A seconda della zona in cui si capita, Gavrilo è considerato un assassino ma anche un eroe ed a distanza di così tanti anni il dibattito è ancora acceso e personalmente evito di affrontarlo persino con amici stretti del posto (come del resto altri dibattiti molto più animati del tipo “Chi ha ucciso di più” ecc.).



Gavrilo attese impaziente il passaggio del convoglio e sparò colpendo entrambi (Arciduca e Consorte), esattamente da quest’angolo:



Vista di Latin Bridge, sito del delitto che cambiò il corso della storia:



Facendo un passo indietro e tornando alla passeggiata, ecco la stazione dei bus di East Sarajevo che, all’interno, è praticamente una nube di fumo impenetrabile. Notate le scritte in cirillico-only:



Andando verso est tra di linee di confine invisibili e che creano disagi nella vita di tutti i giorni (ci sono appartamenti con bagno nella parte Est e cucina nel territorio di Bosnia-Herzegovina, con i residenti che lamentano gravi disservizi con light/gas providers ecc.), si ‘taglia’ il quartiere di Dobrinja, palcoscenico di scontri piuttosto violenti durante l’ultimo conflitto, maggiormente per la sua vicinanza all’aeroporto:

I segni sono piuttosto evidenti.







Nel giugno 1992, le truppe serbo/jugoslave entrarono da queste parti svuotando case, appartamenti e pure una prigione, con conseguenze immaginabili:



Uno dei ponti sul fiume Dobrinja come si presenta quest’oggi...



...ed una foto dell’epoca che ritrae la medesima zona.



La via dello shopping, anch’essa divisa tra Dobrinja belonging to Bosnia e Dobrinja belonging to Republika Srpska:



Un relitto di tempi oramai andati ma pur sempre un simbolo:



Sempre in zona, l’occhio indiscreto della forza di pace internazionale:



Ebbene sì, dopo oltre 20 anni dalla fine dei vari conflitti, c’è ancora un contingente internazionale, al quale spetta il compito di monitorare l’implementazione degli accordi di Dayton. EUFOR ha sostituito SFOR e IFOR (entrambe missioni NATO).

La popolazione, generally speaking, non è felicissima della presenza del contingente e credo sia questo il motivo dei vari cartelloni ‘pubblicitari’ sparsi un po’ ovunque in città, volti quasi a sdrammatizzare la presenza internazionale appunto.



Non è raro (anzi), durante tali passeggiate, imbattersi nelle cosiddette “Rose di Sarajevo”: sono i fori lasciati dai mortai delle milizie, che gli abitanti hanno voluto mettere in risalto colorandoli, appunto, di rosso. Le “rose” indicano quei punti dove, sadly, qualcuno ha perso la vita. Ne passo una/più quotidianamente ed il mix di tristezza, commozione e rabbia non svanisce mai.



To be continued (anche perché devo fare catch-up con il TR di Fabrissio :D).

G
 

AlicorporateUK

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Continuando a passeggiare sotto il tipico sole e temperature balcaniche di mezza estate...



Virando a destra da questa intersezione per la principale strada di accesso in aeroporto (e che, anch’essa, fu più volte contenzioso bellico tra esercito serbo-jugoslavo e forza internazionale)...



(Lasciamo, sullo sfondo, le colline che ‘osservano’ l’aeroporto)

...si sale in direzione Grbavica ed Alipašino fino alla rotonda ‘olimpica’:



Scendendo giù verso Alipašino, la maestosità della moschea King Fahd ma anche e di nuovo segni indelebili delle guerre 1992-1996 sui palazzi:





Now, svoltare a destra in quest’incrocio tra il 1992 ed il 1996 senza alcuna protezione (tipo carro-armato...) significava, in 9 casi su 10, dire addio alla vita o metterla seriamente in discussione: è qui che inizia il tratto di strada rettilineo (più-o-meno) che porta al centro città e che, ai tempi, era terra fertile per i cecchini, motivo della sua triste denominazione, “Sniper Alley”.



In direzione centro città e proseguendo verso “Sniper Alley” ci s’imbatte, sulla sinistra, in questo edificio che ospitò il Generale canadese Lewis McKenzie ed il suo staff (UNPROFOR):





Dal settimo piano di questo edificio, lo stesso McKenzie era solito monitorare la situazione in città con il suo binocolo: in una mattinata apparentemente tranquilla, fu da qui che inviò uno dei suoi uomini all’ufficio postale per ritirare un pacco dal ‘suo’ Canada e fu da qui che, quella mattina, vide delle nubi di fumo direzione centro città.

— “General, I have a good news and a bad news” disse l’inviato e membro del suo staff;
— “Okay. What’s the good news?” rispose il Generale;
— “I’ve found the post office”;
— “Great, and what’s the bad news?”;
— “It’s just been blown up”...

Erano soltanto gli inizi del lungo assedio alla città.

Questa è invece la sede della televisione, anch’essa messa a durissima prova durante gli anni dell’ultima guerra:



Una delle numerose moschee:



Arriviamo al ponte di Vrbanja, punto cruciale per una serie di motivi: in primis, separava la zona controllata dalle forze governative in contrapposizione a quella delle truppe serbo/jugoslave (il quartiere Grbavica).





Il ponte porta sulla propria coscienza morti e battaglie piuttosto aspre, tra qui quella che coinvolse il contingente francese dopo un’imboscata di fazioni serbe con divise UN e l’immediata reazione da parte dei francesi (che, purtroppo, non evitò perdite umane).

Ad memoriam:



È il ponte dove persero la vita i ‘Romeo & Juliet of Sarajevo’, che eppure negoziarono il passaggio sul ponte stesso ma che vennero purtroppo colpiti da sniper fire.

È anche il ponte dove un cecchino uccise il pacifista italiano Gabriele Moreno Locatelli, ricordato da una targa sul ponte stesso:



Segni evidenti delle aspre battaglie sul ponte tuttora presenti sugli edifici da entrambe le sponde:



Piccola nota sul trasporto pubblico: gli autobus sono, per la stragrande maggioranza, mezzi donati da varie città come Istanbul e, nel caso di cui sotto, Ginevra. Inutile dire che, assieme ai tram, dimostrano ampiamente la loro età avanzata...





A pochi metri dal ponte di Vrbanja, altri siti che richiamano la memoria.

Il palazzo del parlamento now and then (la ‘then’ è foto presa da web):





Idem per le Unis Towers:





E, per concludere anche questa parte prima di dirigerci verso il centro storico e le colline circostanti (ed arriverà anche la parte aeronautica!), una vista dall’alto al tramonto:



G
 
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londonfog

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Molto interessante, io ricordo Sarajevo quasi quarant'anni fa. I Balcani sono una cosa molto complicata.
 

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Bellissimo!

Sono stato a Sarajevo due volte, una volta arrivandoci in auto, targa ungherese cosí da non aver casini, e l'altra volta in aereo per l'arrivo (con, credo, 'sniper alley' in taxi) e ripartenza da quella stazione dei bus per Zagabria. Una città magari non sempre bella, ma comunque vivacissima, con una popolazione incredibile. Ci vorrei tornare per una terza volta, di sicuro.

Mi spiace ora, come mi spiaceva all'epoca, vedere così tanti segni della presenza "culturale" saudita. Dove vanno i sauditi segue il wahhabismo, e ciò non è buono. Soprattutto se immagino che l'Islam balcanico non è per niente quello di quelli là. però immagino che pecunia non olet.

PS, in materia di libri: hai letto "My war gone by, I miss it so" di Anthony Loyd?
 

AlicorporateUK

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Enough OT for the time being, let’s get on to the proper stuff i.e. airports/planes/lounges.





L’aeroporto di Sarajevo è tornato alla normalità dopo gli eventi bellici del 1992-1996 soltanto nei primi anni 2000. Anch’esso, per ovvi motivi, punto nevralgico ai tempi della guerra e più volte palcoscenico di scontri e continui attacchi dalle colline circostanti: prima ‘conquista’ delle forze serbo/jugoslave, successivamente sotto il controllo UN, poi di nuovo teatro di tira-e-molla tra le forze di Mladić ed i soldati della forza internazionale; l’allora presidente bosniaco Izetbegović ed il suo collega francese Mitterrand rischiarono seriamente di ‘rimetterci le penne’ in due separati incidenti (quest’ultimo era sulla scaletta del suo jet mentre salutava le autorità di ritorno a Parigi quando colpi di mortaio sfiorarono l’apron). Detto ciò, lo scalo dimostra tutti i suoi anni e soprattutto la mancanza d’investimenti, ciò nonostante pulitissimo e molto funzionale.



Il web check-in LH/OS/LX da Sarajevo non è disponibile (nonostante l’invito della App) — parlando con la responsabile dello scalo (Austrian, che esegue le operazioni di check-in per conto di Lufthansa e Swiss), ciò è dovuto a “repeated security incidents with passengers not allowed to travel turning up at passport control/gate”. Mi diceva, inoltre, che ci sono stati casi di “people smuggling”.





Worry not, volando in business posso comunque scegliere il posto non appena il corporate travel agent mi conferma il PNR e nessun’attesa in aeroporto.



Uno sguardo alle partenze del giorno:



Lufthansa opera un volo quotidiano da/per MUC mentre Austrian ha un volo alla mattina ed uno al pomeriggio. Per quel che mi riguarda, preferisco il volo LH del primo pomeriggio semplicemente per la facilità e stress-free per le coincidenze una volta a MUC. Facendo questo volo settimanalmente, la routine kicks-in e, come dicono gli anglosassoni, “habits are hard to break”!

Aeroporto piccolissimo, si fanno security e passaporti in pochi secondi, niente liquidi da tirar fuori ecc.

Area controllo passaporti:



Duty-free:



E c’è pure un ‘baretto’!



Mi dirigo in saletta come al solito — niente di eccezionale in termini di catering come potete ben vedere, ma molto tranquilla e si può lavorare in santa pace (capita spesso il giullare di turno al telefono in loud-speaker ma è piuttosto raro, per fortuna).



Cheese or turkey (c’est tout)...



Overview:



Oggi si va a Londra in sede (e poi nella main manufacturing plant su vicino Welwyn Garden City), la frequenza è bi-settimanale (project meetings e per assicurarsi che giù a Sarajevo non ci sto solo per uscire a bere birra ogni sera...), mentre a casa in Polonia torno ogni settimana.

Imbarco da delirio puro senza file e con gente che fa a spallate (!); il nostro ‘bus’ è fermo ai ‘remoti’ (a 3 passi dal gate ma fanno imbarcare via bus come al solito).





Il servizio di business in termini di catering sul corto e medio di Lufthansa è mediocre, un po’ come ‘industry standard’ (a parte BA/Iberia che, a mio modesto avviso, ‘fanno sul serio’ sotto quel punto di vista), tuttavia quello che amo di questa compagnia è la consistenza a provvedere un servizio eccellente, ogni volta, senza sorprese.

Una volta a bordo, la purser si avvicina e mi dice “Thanks for flying with us again, Mr R — I just wanted to make sure that you actually requested a Kosher meal”. Sure I did.

Ed ecco il pasto di oggi sul primo volo (presentazione okay ma qualità davvero infima...):



In business, quest’oggi, 2/12.



Movimento accanto a noi:



Decollo in perfetto orario e vista sulla città:





Continua.

G
 

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Molto interessante, io ricordo Sarajevo quasi quarant'anni fa. I Balcani sono una cosa molto complicata.
Grazie, Silvano — e t’invidio tantissimo per aver visto la città in tempi così diversi.

Bellissimo!

Sono stato a Sarajevo due volte, una volta arrivandoci in auto, targa ungherese cosí da non aver casini, e l'altra volta in aereo per l'arrivo (con, credo, 'sniper alley' in taxi) e ripartenza da quella stazione dei bus per Zagabria. Una città magari non sempre bella, ma comunque vivacissima, con una popolazione incredibile. Ci vorrei tornare per una terza volta, di sicuro.

Mi spiace ora, come mi spiaceva all'epoca, vedere così tanti segni della presenza "culturale" saudita. Dove vanno i sauditi segue il wahhabismo, e ciò non è buono. Soprattutto se immagino che l'Islam balcanico non è per niente quello di quelli là. però immagino che pecunia non olet.

PS, in materia di libri: hai letto "My war gone by, I miss it so" di Anthony Loyd?
Grazie. Hai espresso un concetto chiave sulla presenza culturale saudita, concetto che sento esprimersi in maniera ‘imponente’ da chi da queste parti ci è nato e vissuto e che pertanto ti fa ancora più onore. Fai un fischio quando decidi di tornare anche se, ahimé, il tuo pensiero è destinato a farsi ancora più ‘cupo’ sotto quel punto di vista e per i motivi che puoi ben immaginare (non ho idea di quando tu sia stato qui l’ultima volta ma diciamo che le cose non tendono al miglioramento...).

Sul libro: grazie mille! Farò un salto da un Waterstones o Daunt Books a Londra che mi serve una pausa dal libro-enciclopedia “The Balkans” di Misha Glenny.

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Grazie, Silvano — e t’invidio tantissimo per aver visto la città in tempi così diversi.



Grazie. Hai espresso un concetto chiave sulla presenza culturale saudita, concetto che sento esprimersi in maniera ‘imponente’ da chi da queste parti ci è nato e vissuto e che pertanto ti fa ancora più onore. Fai un fischio quando decidi di tornare anche se, ahimé, il tuo pensiero è destinato a farsi ancora più ‘cupo’ sotto quel punto di vista e per i motivi che puoi ben immaginare (non ho idea di quando tu sia stato qui l’ultima volta ma diciamo che le cose non tendono al miglioramento...).

Sul libro: grazie mille! Farò un salto da un Waterstones o Daunt Books a Londra che mi serve una pausa dal libro-enciclopedia “The Balkans” di Misha Glenny.

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Beh, sono passato di li un paio di anni fa. Ci tornero' di sicuro! Il libro e' disponibile come click & collect ai Waterstones di King's Road, Kensington, Bromley, Ealing e persino in quel postaccio di Milton Keynes!
 

nicolap

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Un TR veramente bellissimo anche il tuo. Davvero complimenti. L'unica nota stonata è nella dimensione delle foto, che avrebbero reso meglio in un formato più grande, ma sono davvero belle, inserite in una narrazione davvero interessante.

Grazie. Hai espresso un concetto chiave sulla presenza culturale saudita, concetto che sento esprimersi in maniera ‘imponente’ da chi da queste parti ci è nato e vissuto e che pertanto ti fa ancora più onore. Fai un fischio quando decidi di tornare anche se, ahimé, il tuo pensiero è destinato a farsi ancora più ‘cupo’ sotto quel punto di vista e per i motivi che puoi ben immaginare (non ho idea di quando tu sia stato qui l’ultima volta ma diciamo che le cose non tendono al miglioramento...).
La Bosnia, e Sarajavo in particolare, è stato il fallimento dell'Europa. Negli anni '90 abbiamo abbandonato al proprio destino una comunità musulmana perfettamente integrata all'interno dell'Europa, lasciando che venisse letteralmente massacrata. Additata come potenziale fucina di jihadisti dai soliti lungimiranti analfabeti, alla fine sono davvero caduti nella rete delle charities saudite (i nostri validissimi alleati mediorientali), che hanno disseminato la regione dei loro peggiori scagnozzi, creando una rete che si estende per tutti i Balcani, favorendo flussi dal Medio Oriente all'Europa centro-settentrionale.

Due posti che fanno veramente impressione sono l'ex area olimpica, ormai abbandonata e in rovina, e il cimitero nord della città.
 

londonfog

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Grazie, Silvano — e t’invidio tantissimo per aver visto la città in tempi così diversi.
Per l'esattezza nel 1978. Un mio cugino sposo' una ragazza di Sarajevo (conosciuta a Trieste) e il matrimonio fu celebrato nella sinagoga di Sarajevo. La cosa che mi colpi' di Sarajevo era come le diverse etnie/religioni/ecc. riuscissero a vivere insieme. Al matrimonio c'erano ex-compagni di scuola della sposa: mussulmani, serbi (ortodossi), croati (cattolici). Insomma un mondo completamente diverso da quello che 'esplose' quando la Jugoslavia ando' a pezzi.
 

londonfog

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La Bosnia, e Sarajavo in particolare, è stato il fallimento dell'Europa. Negli anni '90 abbiamo abbandonato al proprio destino una comunità musulmana perfettamente integrata all'interno dell'Europa, lasciando che venisse letteralmente massacrata.
Come non quotare
 

Planner

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Nicola ha giustamente citato il cimitero. E in effetti quello che più di ogni altra cosa mi ha colpito di Sarajevo (e della Bosnia in generale) è proprio la quantità di cimiteri. Se ne trovano ovunque, a volte anche ad occupare un'aiuola, rigorosamente separati per appartenenza religiosa.
E il senso della morte che tutti questi cimiteri comunicano si fa tragico quando si notano le date dei decessi sulla grandissima parte delle lapidi, tutte concentrate fra il 1992 e il 1995.
E a colpire ancora di più sono le date delle nascite, spesso di pochi anni prima.
 

nicolap

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Per l'esattezza nel 1978. Un mio cugino sposo' una ragazza di Sarajevo (conosciuta a Trieste) e il matrimonio fu celebrato nella sinagoga di Sarajevo. La cosa che mi colpi' di Sarajevo era come le diverse etnie/religioni/ecc. riuscissero a vivere insieme. Al matrimonio c'erano ex-compagni di scuola della sposa: mussulmani, serbi (ortodossi), croati (cattolici). Insomma un mondo completamente diverso da quello che 'esplose' quando la Jugoslavia ando' a pezzi.
Dei 14.000 ebrei che vivevano a Sarajevo nel 1940, perfettamente integrati con le comunità musulmane e cristiane, ben 10.000 vennero massacrati nei campi di sterminio dai cristianissimi ustascia croati di Ante Pavelic, quando questi assunsero il controllo della Bosnia. Dei restanti 4000, circa 1800 trovarono la salvezza nelle zone di occupazione italiana (per finire probabilmente poi nei campi di concentramento dopo l'8 settembre del 1943), qualcuno riuscì a fuggire in zone sicure, molti altri combatterono nei ranghi delle forze jugoslave.
Solo 1.000 ebrei vivono da allora a Sarajevo, nuovamente integrati in un posto che considerano tra i più sicuri in Europa (https://www.haaretz.com/world-news/...ves-it-s-the-safest-place-in-europe-1.5430455).
Speriamo che i nostri prodi alleati sauditi non riescano a fargli cambiare idea.
 

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Nicola ha giustamente citato il cimitero. E in effetti quello che più di ogni altra cosa mi ha colpito di Sarajevo (e della Bosnia in generale) è proprio la quantità di cimiteri. Se ne trovano ovunque, a volte anche ad occupare un'aiuola, rigorosamente separati per appartenenza religiosa.
E il senso della morte che tutti questi cimiteri comunicano si fa tragico quando si notano le date dei decessi sulla grandissima parte delle lapidi, tutte concentrate fra il 1992 e il 1995.
E a colpire ancora di più sono le date delle nascite, spesso di pochi anni prima.
Quoto. I cimiteri in Bosnia sono grossi come i discount fuori dai paesi in Italia...
 

Brendon

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Bellissimo TR, sono stato a Sarajevo lo scorso anno a maggio, ho molti amici (ex colleghi) che vivono e lavorano la, ne ho sentite di cotte e di crude da loro che erano bambini ai tempi della guerra
 

AlicorporateUK

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Sarajevo
Risparmiandovi foto di un altro pasto di bassissimo livello ed una saletta (quella di MUC) affollata e rumorosa peggio di un centro commerciale in pieno inverno, faccio una virata con ritorno nei Balcani occidentali per riprendere la passeggiata verso il centro storico di Sarajevo.
Passeggiata che va in modalità ‘flash-back’ e vi mostrerà luoghi e panorami imbiancati dalla neve che, a queste latitudini, caratterizza gran parte della stagione invernale.

Procedendo verso il centro città dal palazzo del Parlamento, si giunge al ponte di Skenderija, sulla Miljacka. Pochi passi più giù ed ecco che si torna a quei palcoscenici prima-descritti, il luogo dell’assassinio dell’Arciduca e Consorte. Ricoperto dalla neve, ha senz’altro il suo fascino.



Ancora pochi passi e si può ammirare un altro simbolo della città, ossia la biblioteca nazionale, che merita la sua parentesi.



Vijećnica, in lingua locale, fu inaugurata nel 1894, utilizzata inizialmente come municipio, poi appunto biblioteca dal 1949 e purtroppo danneggiata notevolmente al suo esterno e ferita a morte al suo interno da granate serbe agli inizi dell’assedio. La bibliotecaria, impegnata a salvare dei libri dalle fiamme, non si salvò. Oltre 150.000 libri e manoscritti andarono in fiamme. Tutt’oggi, l’edificio è (di nuovo) sede del municipio.

Qui, con la biblioteca sulla destra, guardando verso Skenderija.



Per il resto, nulla come questa targa può richiamare agli infausti eventi del passato:



Arrivati in fondo e passata la (ex) biblioteca, ci si può ‘arrampicare’ in una delle tante stradine sulle colline che circondano la città oppure dirigersi verso il centro storico. Ovviamente, faremo entrambe le tappe e, tornando verso casa, faremo anche una visita alla stazione dei treni.



Un altro triste reminder dei conflitti: la cosa più toccante è vedere le date di morte tutte tra il 1992 ed il 1996...



Le immagini si commentano da sole...





Il cane, sembra, anche lui, fermarsi in un momento di riflessione:



Viste della città ricoperta dalla neve ed offuscata da una leggera foschia, ma con tutti i colori e la maestosità del municipio:





Tornando giù verso la biblioteca, è difficile non essere attratti dagli ‘aromi’ provenienti dal centro storico, il celebre bazar o Baščaršija. Per fortuna, la zona non subì danni particolari durante le guerre balcaniche: mortai e granate colpivano maggiormente i quartieri più popolosi della città mentre era risaputo che i serbi avrebbero sofferto un’aggressione via terra per via della conoscenza approfondita del territorio da parte dei berretti verdi (o forze governative). In effetti, i serbi attaccarono dalle colline e conquistarono un numero elevato di città e villaggi proprio grazie a questa tattica: “Shell them as much as you can and enter the town” (si vedano i tragici eventi di Srebrenica).



Un posto che amo d’inverno (caffè e riflessione in posti che sembrano così lontani ma che sono praticamente accanto a noi...), un po’ meno d’estate con affollamento e temperature elevate.





Due immagini recenti dal cortile della moschea:





Tornando a passeggiare in direzione aeroporto e per fortuna senza mettere a repentino la propria vita su ‘Sniper Alley’, è d’obbligo una visita alla stazione dei treni, edificio imponente risalente ai tempi di Tito, un tempo incredibilmente affollata e quasi un ‘hub’ ferroviario di tutta la regione, oggi vuota e piuttosto desolante:





I treni sono pochissimi e vi sono numerosi problemi legati alle infrastrutture, ancora in attesa di ammodernamento dopo le guerre degli anni novanta. Vedere una stazione ferroviaria di una capitale europea così vuota e priva di mezzi, fa senz’altro una certa impressione.



Forse in pochi sanno che Sarajevo è ‘sede’ del secondo cimitero ebraico d’Europa in ordini di grandezza in Europa, dopo quello di Praga. Per l’occasione, sono andato a rivisitarlo di recente e con piacere allego alcune foto:







Vista della città dal cimitero con cieli piuttosto minacciosi:



Tra l’altro, la città custodisce gelosamente ed orgogliosamente l’Haggadah, lo straordinario manoscritto illustrato della tradizione sefardita. Il manoscritto è stato ‘protetto’ durante tutte le guerre e tuttora custodito nel National Museum of Bosnia & Herzegovina.

Con questo è tutto. Spero davvero di aver fatto cosa gradita e mi scuso di nuovo per la poverissima parte aeronautica in primis (credo tuttavia che fare una recensione completa di un prodotto business di corto raggio avrebbe un po’ ‘stonato’ a fronte del tema stesso del TR) e per eventuali strafalcioni grammaticali in italiano, che non è la mia lingua principale come tanti già sanno (odio inserire l’inglese nelle frasi ma faccio davvero difficoltà).

Detto ciò, un grazie di cuore agli interventi profondamente interessanti e ricchi di cultura in tal senso, specialmente da parte di nicolap, 13900 e londonfog — sono genuinamente apprezzati.

G