[STORIA] 19 maggio 1960, collisione in volo a Orly per un Caravelle dell’Air Algerie
Il 16 maggio del 1960 si tenne a Parigi un’importante conferenza internazionale, che aveva visto la presenza dei principali leader politici del pianeta, dove in particolare il segretario generale del partito comunista sovietico, Nikita Kruscev, aveva chiesto al presidente americano Ike Eisenhower di scusarsi pubblicamente per la vicenda dell’U-2 pilotato da Gary Powers abbattuto sul territorio dell’Unione Sovietica il 1° maggio precedente.
Kruscev lasciò Parigi il 19 maggio e, complice la tensione internazionale e la particolarità dell’evento politico, alcune restrizioni vennero adottate per il sorvolo di Orly, imponendo l’uso della pista 20 per gli atterraggi.
Nikita Kruscev
Il Caravelle III F-OBNI di Air Algerie (foto di Robin A. Walker)
Lo stesso giorno, il Sud Aviation Caravelle III dell’Air Algerie immatricolato F-OBNI era decollato intorno alle 8 del mattino dall’aeroporto di Algeri, con destinazione Parigi Orly.
L’Algeria era a quei tempi ancora una colonia francese, e il volo era quindi considerato come domestico.
Nella cabina del Caravelle sedevano il comandante Emile-Louis Mossou, di 39 anni, il copilota Gilbert Xavier Lafargue, di 28 anni, e il tecnico di volo Jean Bernard Girault, di 36 anni, mentre a bordo erano presenti quattro assistenti di volo e 32 passeggeri.
Dopo il decollo il volo non aveva presentato alcuna complicazione particolare, se non un parziale malfunzionamento dell’autopilota, che non aveva determinato alcuna preoccupazione per l’equipaggio.
All’atto dell’avvicinamento a Parigi era stata seguita la cosiddetta “procedura Juliet” (all’epoca in fase sperimentale, con interruzione del contatto con Parigi controllo e riporto ad Orly), che aveva autorizzato alla discesa il Caravelle seguendo le indicazioni che lo avrebbero portato ad allinearsi con la pista 20.
Quando raggiunse i 3600 piedi, il pilota del Caravelle estese gli aerofreni riducendo la velocità a circa 260 nodi, virando come da procedura all’intersezione con il radiofaro di Orly-Est e cercando di individuare a vista un Convair segnalato dalla torre di Orly, in finale anch’esso verso la pista 20.
All’atto di intraprendere l’ultima virata necessaria per allinearsi con la pista, il copilota Lafargue vide per una frazione di secondo un oggetto di colore verde poco sopra il Caravelle, alla sua destra. Tentò quindi immediatamente di impugnare i comandi e ridurre la quota ma l’oggetto era troppo vicino e dopo una frazione di secondo l’impatto fu inevitabile.
L’equipaggio del Caravelle non ne è ancora consapevole, ma l’oggetto verde entrato in collisione con il loro aereo è un vecchio biplano Stampe SV-4C, immatricolato F-BDEV e di proprietà del Club Aeronautico Universitario, in volo da Challes a Saint-Cyr ai comandi di René Fabbro, un esperto istruttore di volo di quarant’anni.
Lo Stampe SV-4C pilotato da Fabbro si era alzato in volo da Challes quella mattina intorno alle 9:00, insieme ad un altro aeromobile dello stesso modello, volando arretrato di circa 300 metri, pilotato dall’allievo M. Josso, per un volo di addestramento che prevedeva di raggiungere Saint-Cyr aggirando l’aeroporto di Orly da sud, mantenendo una quota di circa 800 metri.
Alle 09:46, mentre i due biplani a pistoni sorvolavano il castello di Marmousets, ai margini del comune di Noiseau, un Caravelle dell’Air Algerie oltrepassò la coltre di nubi ed apparve da sud all’improvviso, nel tentativo di allinearsi alla pista 20 dell’aeroporto di Orly.
Come avrà modo di testimoniare nel corso della successiva inchiesta, l’allievo Josso vide il Caravelle avvicinarsi, ritenendo tuttavia che avesse percezione della presenza dello Stampe, chiedendosi chi fosse passato prima. Pochi secondi dopo, invece, una nuvola di detriti confermò a Josso che c’era stata una collisione, lasciando poche speranze per la sopravvivenza del suo istruttore.
Uno Stampe SV-4C
L’impatto tra i due aerei fu violento. Il piccolo biplano Stampe si disintegrò nella collisione, provocando uno squarcio di quindici metri nella parte superiore destra della fusoliera del Caravelle.
Il motore a pistoni dello Stampe viene scaraventato all’interno della cabina del Caravelle, colpendo numerosi passeggeri e uccidendone sul colpo uno, mentre altri detriti si conficcano nei due reattori Rolls-Royce Avon 522A, spegnendoli entrambi. Particolarmente complessa si presentò subito la condizione del motore destro, che aveva ingerito un intero carrello dello Stampe, mentre il paracadute di frenata del Caravelle si era aperto in conseguenza dell’impatto, riducendo ulteriormente la già precaria stabilità dell’aereo.
Il tecnico di volo Girault comprese subito la gravità della situazione e riuscì a far ripartire entrambi i reattori velocemente, sebbene con una potenza ridotta in quello destro . La collisione aveva inoltre danneggiato anche gli apparati radio, costringendo il Caravelle ad atterrare senza alcuna indicazione da parte del controllo di Orly.
L’atterraggio si svolse infine senza problemi, pochi secondi dopo, permettendo ai soccorsi di mettere in salvo i numerosi feriti a bordo dell’aereo e limitando in tal modo il numero delle vittime ad un solo passeggero.
La successiva inchiesta (https://reports.aviation-safety.net/1960/19600519-0_S210_F-OBNI.pdf) stabilì che entrambi i piloti avrebbero dovuto adottare misure per evitare la collisione, facendo tuttavia emergere l’inadeguatezza della normativa dell’epoca ed imponendo numerose raccomandazioni, tra cui l’obbligo della radio a bordo degli aerei più piccoli.
In questa foto sono evidenti i danni riportati dalla carlinga del Caravelle
Ancora un’immagine, esterna, poco dopo l’atterraggio
E, più da vicino, un dettaglio della fusoliera
L’interno del Caravelle
Il motore del biplano, all’interno del Caravelle, che causò la morte di un passeggero
Detriti nei reattori del Caravelle
Il Caravelle III immatricolato F-OBNI risultò incredibilmente riparabile, tornando qualche mese dopo a volare e restando in servizio con Air Algerie (immatricolato dopo l’indipendenza del 1962 come 7T-VAI) sino al 23 settembre del 1973.
In molti avranno ricordato come questa storia presenti similitudini con quella del B-737-200 di Aloha Airlines che il 28 aprile del 1988 subì una decompressione esplosiva mentre era in volo da Hilo a Honululu, alle Hawaii.
Ma quella è un’altra storia.
Il B-737-200 N73711 della Aloha Airlines paurosamente danneggiato da una decompressione esplosiva. Anche i questo incidente, nonostante l’enorme danno, morì la sola hostess Clarabelle Lansing, risucchiata nel vuoto e il corpo non fu mai trovato.
Se vuoi vedere il Mini Documentario di Aviazione Civile sull’incidente del Caravelle dell’Air Algerie …
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Il 16 maggio del 1960 si tenne a Parigi un’importante conferenza internazionale, che aveva visto la presenza dei principali leader politici del pianeta, dove in particolare il segretario generale del partito comunista sovietico, Nikita Kruscev, aveva chiesto al presidente americano Ike Eisenhower di scusarsi pubblicamente per la vicenda dell’U-2 pilotato da Gary Powers abbattuto sul territorio dell’Unione Sovietica il 1° maggio precedente.
Kruscev lasciò Parigi il 19 maggio e, complice la tensione internazionale e la particolarità dell’evento politico, alcune restrizioni vennero adottate per il sorvolo di Orly, imponendo l’uso della pista 20 per gli atterraggi.
Nikita Kruscev
Il Caravelle III F-OBNI di Air Algerie (foto di Robin A. Walker)
Lo stesso giorno, il Sud Aviation Caravelle III dell’Air Algerie immatricolato F-OBNI era decollato intorno alle 8 del mattino dall’aeroporto di Algeri, con destinazione Parigi Orly.
L’Algeria era a quei tempi ancora una colonia francese, e il volo era quindi considerato come domestico.
Nella cabina del Caravelle sedevano il comandante Emile-Louis Mossou, di 39 anni, il copilota Gilbert Xavier Lafargue, di 28 anni, e il tecnico di volo Jean Bernard Girault, di 36 anni, mentre a bordo erano presenti quattro assistenti di volo e 32 passeggeri.
Dopo il decollo il volo non aveva presentato alcuna complicazione particolare, se non un parziale malfunzionamento dell’autopilota, che non aveva determinato alcuna preoccupazione per l’equipaggio.
All’atto dell’avvicinamento a Parigi era stata seguita la cosiddetta “procedura Juliet” (all’epoca in fase sperimentale, con interruzione del contatto con Parigi controllo e riporto ad Orly), che aveva autorizzato alla discesa il Caravelle seguendo le indicazioni che lo avrebbero portato ad allinearsi con la pista 20.
Quando raggiunse i 3600 piedi, il pilota del Caravelle estese gli aerofreni riducendo la velocità a circa 260 nodi, virando come da procedura all’intersezione con il radiofaro di Orly-Est e cercando di individuare a vista un Convair segnalato dalla torre di Orly, in finale anch’esso verso la pista 20.
All’atto di intraprendere l’ultima virata necessaria per allinearsi con la pista, il copilota Lafargue vide per una frazione di secondo un oggetto di colore verde poco sopra il Caravelle, alla sua destra. Tentò quindi immediatamente di impugnare i comandi e ridurre la quota ma l’oggetto era troppo vicino e dopo una frazione di secondo l’impatto fu inevitabile.
L’equipaggio del Caravelle non ne è ancora consapevole, ma l’oggetto verde entrato in collisione con il loro aereo è un vecchio biplano Stampe SV-4C, immatricolato F-BDEV e di proprietà del Club Aeronautico Universitario, in volo da Challes a Saint-Cyr ai comandi di René Fabbro, un esperto istruttore di volo di quarant’anni.
Lo Stampe SV-4C pilotato da Fabbro si era alzato in volo da Challes quella mattina intorno alle 9:00, insieme ad un altro aeromobile dello stesso modello, volando arretrato di circa 300 metri, pilotato dall’allievo M. Josso, per un volo di addestramento che prevedeva di raggiungere Saint-Cyr aggirando l’aeroporto di Orly da sud, mantenendo una quota di circa 800 metri.
Alle 09:46, mentre i due biplani a pistoni sorvolavano il castello di Marmousets, ai margini del comune di Noiseau, un Caravelle dell’Air Algerie oltrepassò la coltre di nubi ed apparve da sud all’improvviso, nel tentativo di allinearsi alla pista 20 dell’aeroporto di Orly.
Come avrà modo di testimoniare nel corso della successiva inchiesta, l’allievo Josso vide il Caravelle avvicinarsi, ritenendo tuttavia che avesse percezione della presenza dello Stampe, chiedendosi chi fosse passato prima. Pochi secondi dopo, invece, una nuvola di detriti confermò a Josso che c’era stata una collisione, lasciando poche speranze per la sopravvivenza del suo istruttore.
Uno Stampe SV-4C
L’impatto tra i due aerei fu violento. Il piccolo biplano Stampe si disintegrò nella collisione, provocando uno squarcio di quindici metri nella parte superiore destra della fusoliera del Caravelle.
Il motore a pistoni dello Stampe viene scaraventato all’interno della cabina del Caravelle, colpendo numerosi passeggeri e uccidendone sul colpo uno, mentre altri detriti si conficcano nei due reattori Rolls-Royce Avon 522A, spegnendoli entrambi. Particolarmente complessa si presentò subito la condizione del motore destro, che aveva ingerito un intero carrello dello Stampe, mentre il paracadute di frenata del Caravelle si era aperto in conseguenza dell’impatto, riducendo ulteriormente la già precaria stabilità dell’aereo.
Il tecnico di volo Girault comprese subito la gravità della situazione e riuscì a far ripartire entrambi i reattori velocemente, sebbene con una potenza ridotta in quello destro . La collisione aveva inoltre danneggiato anche gli apparati radio, costringendo il Caravelle ad atterrare senza alcuna indicazione da parte del controllo di Orly.
L’atterraggio si svolse infine senza problemi, pochi secondi dopo, permettendo ai soccorsi di mettere in salvo i numerosi feriti a bordo dell’aereo e limitando in tal modo il numero delle vittime ad un solo passeggero.
La successiva inchiesta (https://reports.aviation-safety.net/1960/19600519-0_S210_F-OBNI.pdf) stabilì che entrambi i piloti avrebbero dovuto adottare misure per evitare la collisione, facendo tuttavia emergere l’inadeguatezza della normativa dell’epoca ed imponendo numerose raccomandazioni, tra cui l’obbligo della radio a bordo degli aerei più piccoli.
In questa foto sono evidenti i danni riportati dalla carlinga del Caravelle
Ancora un’immagine, esterna, poco dopo l’atterraggio
E, più da vicino, un dettaglio della fusoliera
L’interno del Caravelle
Il motore del biplano, all’interno del Caravelle, che causò la morte di un passeggero
Detriti nei reattori del Caravelle
Il Caravelle III immatricolato F-OBNI risultò incredibilmente riparabile, tornando qualche mese dopo a volare e restando in servizio con Air Algerie (immatricolato dopo l’indipendenza del 1962 come 7T-VAI) sino al 23 settembre del 1973.
In molti avranno ricordato come questa storia presenti similitudini con quella del B-737-200 di Aloha Airlines che il 28 aprile del 1988 subì una decompressione esplosiva mentre era in volo da Hilo a Honululu, alle Hawaii.
Ma quella è un’altra storia.
Il B-737-200 N73711 della Aloha Airlines paurosamente danneggiato da una decompressione esplosiva. Anche i questo incidente, nonostante l’enorme danno, morì la sola hostess Clarabelle Lansing, risucchiata nel vuoto e il corpo non fu mai trovato.
Se vuoi vedere il Mini Documentario di Aviazione Civile sull’incidente del Caravelle dell’Air Algerie …
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