Anche mia figlia talvolta se ne esce affermando di voler fare la pilota di aerei. Ovviamente a 10 anni alterna tali previsioni a molte altre tipiche dei bambini, quindi, per quanto appassionata di aerei (qualche te mpo fa' i suoi sabato pomeriggio preferiti prevedevano spettacolo decolli e atterraggi lato pista BGY, panino da Mac e film serale) non credo realisticamente si porrà in futuro la questione.
Ciò detto, talvolta mi capita di pensare se e come sia possibile iniziare la carriera oggi (o domani, post Covid per intenderci).
Io faccio il lavoro che svolgo oggi un po' per caso.
Mi sarebbe piaciuto fare l'accademia navale a Livorno, ma persi il termine per presentare la domanda di iscrizione. Forse inconsciamente non verificai attentamente, perchè continuava a ronzarmi per la testa una frase di un caro amico dei miei genitori che, ai suoi tempi, frequentò qualche mese prima di dimettersi per trasferirsi al Politecnico e che giustificò la sua scelta di ragazzo dicendomi solo: "non mi facevano tenere le mani in tasca". Poichè avevo molta stima di quella persona (coltissimo, simpaticissimo, un alto dirigente di una nota multinazionale con sede in zona, che parlava correntemente quattro lingue e masticava anche un po' di arabo, che viaggiava in posti che allora erano del tutto esotici ed affascinanti - Iran, Libia, Cina, Arabia Saudita, Russia, Venezuela.... potete capire di cosa si occupava) continuavo a rimuginare sul significato di quella frase.
A settembre, dopo il diploma e una intera estate trascorsa a coltivare la mia passione di allora (la nautica), avevo a settembre passato il test di medicina e non quello di odontoiatria, cui mi ero iscritto per emulazione del mio migliore amico (lo è anche oggi), figlio di dentista affermato.
Anche lui entrò a medicina e non ad odontoiatria (entrò l'anno successivo). A quel punto, posto che io pensavo di voler fare il dentista, non mi iscrissi a medicina e temporeggiai in attesa di maturare una decisione. Oramai si era fatto ottobre e quindi ci si poteva immatricolare solo alle facoltà umanistiche. Quindi, scelsi giurisprudenza più che altro per esclusione.
Iscritto a giurisprudenza per tacitare i genitori vi era un altro amico, il quale ferveva per fare il pilota. Dava un esame ogni tanto lavorando la sera e studiando per le licenze di giorno. Ha fatto scuole di volo nel nord Italia ed ha finito appena prima dell'11 settembre 2001 sia l'università (con una media bassa ma comunque portandosi a casa la laurea) che l'ATPL. Ogni tanto pensavo di seguire i suoi passi ma poi non ho mai seriamente preso in considerazione la cosa.
E' rimasto a piedi qualche anno, continuando a lavorare per mantenersi, poi la sua carriera è decollata, fuor di metafora. Ora è cpt 777 in compagnia del golfo. L'ho perso di vista ma altri amici mi dicono che è soddisfatto.
Quanto a me, la Statale di Milano allora era un vero inferno. Il contrario di quella che è oggi l'università a misura di studente. Lezioni oceaniche al cinema Ambasciatori in Corso Vittorio Emanuele. Esami lunghi un settimana. Anche solo capire come iscriversi all'appello era un libirinto.
Avevo come docenti dei mostri sacri (per via del mio cognome ero nel primo corso prima cattedra, dove insegnavano i professori più anziani e affermati), ma non riuscivo ad appassionarmi. Così, pigramente arrivai alla laurea. Dico pigramente perchè avevo una media del tutto mediana e non ho mai dato un esame all'appello autunnale, trascorrendo i quattro mesi estivi navigando (e lavorando nella nautica per pagarmi i corsi di formazione). Avevo trovato uno sporadico interesse per una sola materia che tutti gli altri studenti schifavano.
Poi, sempre per caso, la svolta. Poichè consentiva di saltare un anno di pratica, mi iscrissi alla scuola di specializzazione post laurea in Statale. E lì il docente di diritto amministrativo era un magistrato eccezionale, l'allora presidente del TAR Lombardia Mariuzzo. Uno che ha fatto la storia del diritto amministrativo in Italia ed Europa padroneggiando l'economia come il diritto. I suoi due anni di insegnamenti mi hanno letteralmente dato gli strumenti per muovermi con dimestichezza nel mestiere che faccio. Le cose poi hanno preso una certa discreta piega, per la quale non ho più preso in considerazione l'idea di lavorare nella nautica o nell'aviazione.
Ad oggi, però, tornando in topic, conosco almeno due piloti FR che sono arrivati al mestiere partendo da lontano, alternando il lavoro ai corsi ed alle licenze.
Per come la vedo io, per quanto sia necessaria una certa dose di coincidenze fortunate, anche senza mezzi significativi o eredità professionali si può ancora arrivare a buoni risultati nel mondo del lavoro. Io sono figlio di due insegnanti, il mio socio di studio è figlio di un rappresentante di commercio di prodotti cosmetici e di una casalinga, il nostro ex socio di studio (che oggi riveste un importante incarico accademico di rilievo nazionale) è figlio di una impiegata.
Quanto all'aviazione, il Covid è come un surgelatore. Ha bloccato tutto.
Però:
1) in un tempo non infinito arriverà un vaccino di massa che eradicherà il problema;
2) quando ciò accadrà la ripartenza dell'aviazione sarà molto più veloce di quella post 11 settembre (questo, per esempio, lo dicono i numeri degli investimenti odierni di un settore affine come quello della crocieristica e del trasposto merci marittimo raffrontati a quelli degli anni 2002/2003);
3) quando ciò accadrà ci sarà l'effetto di uno stock di fuoriuscite anticipate di personale avvenute durante la crisi che si sommerà a quelle fisiologiche, il che determinerà l'accesso di un numero proporzionale di giovani.
Insomma, un cauto ottimismo si può coltivare, in generale, per le giovani generazioni.
Poi, per carità, tutto è complesso e poco facilmente prevedibile.
Scusate gli o.t. ma mi sono fatto prendere dai ricordi.