[TR] Westfjords.


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Disclaimer: questo sarà un TR lunghetto e simile a un iceberg: la parte IT è la punta, l'OT... beh, tutto il resto. Non ci sono lounges, non ci sono posti in business, non ci sono pasti sibaritici, hotel di lusso... E, per la prima volta, lo posterò mentre lo scrivo. Ci vorrà un po' per terminarlo.

In un punto imprecisato tra la prima e la seconda ondata della pandemia in salsa britannica, durante i giorni bui e piovosi di quello che chiamammo Lockdown 2.0, il vostro si trovò in disperato bisogno di qualche forma di escapismo. Vuoi il meteo indegno, anche per gli standard britannici, vuoi le brutte notizie lavorative (la sola cosa peggiore di un lavoro che non ti piace è ricevere il preavviso di licenziamento dal lavoro che non ti piace), vuoi la manca di viaggi, passai un weekend a guardare un filotto di film di montagna. Valley Uprising, The Dawn Wall, Meru, Free Solo, un paio di Reel Rock. Mescola il tutto con una abbondante dose di video su Youtube e mi presentai all’appuntamento col lunedì mattina con un vocabolario costituito da termini tipo duuuuuude, rad, legit e sandbag. I colleghi pensarono che mi fossi beccato un ictus.

L’inflessione dialettica da figlio degli anni ’90 americani durò, fortunatamente, pochi giorni. Ciò che rimase, però, fu il desiderio di andare in giro senza troppi piani, con equipaggiamento ridotto al minimo, giusto quanto potesse stare nel baule di un’auto, alla ricerca casuale di avventure più o meno fattibili. Dormire in tenda o in auto, mangiare come capita, doccia se va bene. In parole povere, dirtbagging. Il tempo, causa i soliti problemi (lavoro, bollette da pagare) è poco e la destinazione, causa – beh, sapete – forzosamente vicina. Ma il successo, per una volta, è stato assicurato.

Prefazione - Prove Tecniche di barbonismo

Uno non fa il salto da barbone urban a barbone outdoors così, in men che non si dica. Serve un pochetto di prove, per prendere la mano e capire che, sì, si può fare. Raduno l’equipaggiamento con economia da período especial cubano, rivendendo ciò che non mi serve e comprando usato o nei saldi dove posso. Alla fine di una campagna acquisti accorta mi trovo con tutto ciò che serve più il cartellino di Zappacosta.

Inizia una stagione estiva di prove tecniche di barbonismo, che spaziano dalle Alpi al Manzan.. ai South Downs. Provo bivvy, tenda, fornello da campo, zaino: tutto funziona, tutto va bene. Incidentalmente, piove almeno una volta per dormita fuori, cosa che mi convinco sia un semplice incidente di passaggio. (“Fantozzi è lei?” sento gridare dal cielo).

Ecco due foto per testimonianza: una val d’Aosta stranamente poco limpida:




Il campo base, con tanto di calzini infilati nelle Salomon. Direi paro paro ai TR del Console in diretta dalla lounge di First di Qantas.


Una vista serotina di Biella, dall’alto dei pascoli del Tracciolino. Vedete il punto di luce all’orizzonte, sulla sinistra? Sono i grattacieli di Milano che rifulgono nella luce post-temporalesca. Oppure il sole che rimbalza sul Rolex allacciato al virile polso di Dancrane.


Prima di proseguire col piatto forte, un ultimo antipasto. Quest’estate è stata anche l’estate in cui mi sono tolto uno sfizio, un sassolino che stava nella scarpa da un po’ di tempo… una visita al paese di Orietta Berti.

La Padania crogiola, sfrigola e soffrigge sotto una cappa di caldazza pesante come quella degli ipocriti nell’ottavo cerchio dell’inferno di Dante. È di sicuro il momento migliore per mettersi in marcia verso l’epicentro del piattume, alla ricerca del piatto dell’estate (tortello) ma non solo. L’obiettivo primario, Reggio Emilia, è presto conquistato. Ristorati a suon di tortello, gnocco fritto, salumi e formaggi vari ed eventuali si rizompa in macchina, ché il meglio deve ancora venire. Lungo la via vedo pure una Golf vecchio modello, parcheggiata in centro, ma col permesso. Chi sa, sa.

Nel paese
dov’è nata Orietta Berti
C’è piazza Lenin
Ed in mezzo
Un busto di Lenin
Se uno ci pensa
Non ci può credere
Ebbene sì, eccolo.


Forgiato (questa è una copia, l’originale è custodito in Comune al riparo dei danni di reazionari e kulaki) nel 1922, il busto di Lenin faceva bella mostra di sé di fronte a, ovviamente, una fabbrica di locomotive a Luhansk, ad oggi parte di quella Repubblica Popolare che di repubblicano ha ben poco e di popolare ancor meno. Nel 1942 la VI centuria della Milizia Popolare della Strada (che immagino seguisse l’ARMIR per controllare che nessuno eccedesse i limiti di velocità del mulo) decise di portarselo a casa a mo’ di souvenir.


Finita la guerra il busto venne trovato da qualche parte in Toscana, scalfito da un proiettile ma tutto sommato ancora indomito; il maltolto fu restituito all’ambasciatore sovietico a Mosca che, nel 1970, lo donò a Cavriago in segno di riconoscenza per l’aiuto fornito, ai tempi, alla causa bolscevica (500 lire donate, penso, via PayPal sul conto di Ul'janov, Vladimir Il'ič).

Fa un certo effetto, devo ammetterlo. Hanoi, Osh, Murghab e ora Cavriago. Arrivano altri turisti, che ovviamente posano per una foto ricordo sotto gli occhi dei ragazzini del posto, ignari del portento che, qui, si consumò pochi anni fa.



Ricordate la madonna
Che piangeva sangue a Civitavecchia?
Qualche anno fa, tutti i giornali ne parlavano
Dando per buona la possibilità del miracolo

Ebbene
In un impeto di ribellione per tanta imbecillità
In quei giorni
Anche il busto di Lenin cominciò a lacrimare

Ne parlò perfino
La Komsomolskaya Pravda
"Vicino a Reggio Emilia, in Italia
Travolta da insolito disgusto
Una scura statua del compagno Lenin
Ha pianto lacrime bianche
Come le navi del porto di Arcangelo”


Beata ignoranza. Ritorno in macchina soddisfatto, e di lì il passo per Linate è breve. Ancora qualche settimana di lavoro, qualche pedalata e dormita in tenda nei campi dei South Downs, ed è il momento di partire.
 

Dancrane

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Ho il timore che il senso letterale di epico troverà la sua declinazione perfetta in questo TR. Le premesse ci sono tutte!
 

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Capitolo I. Icelandair, fortissimamente Icelandair

Nella mia personalissima delle compagnie da provare almeno una volta, Icelandair è sempre stata lì, in alto. Non chiedetemi perché, non ve lo so dire. Forse sono i 757, forse sono le splendide livree speciali, forse il fatto che è la compagnia islandese e l’isola è una meraviglia.. Pur sapendo che il servizio è buy-on-board per quasi tutto, il fascino rimane.

Per cui, quando finalmente si apre una breve finestra dove le vacanze sono possibili, 8200 mi dice “non sei andato in giro per i fatti tuoi da due anni, vai” e le varie regole anti-Covid sembrano permetterlo è su icelandair.com che mi fiondo. LHR-KEF, andata il venerdì sera e ritorno la settimana seguente nel pomeriggio. Il sito mostra sempre due voli al dì più quello di Gatwick, entrambi su 757.

Se non fosse che, nel frattempo, cambia tutto. L’andata passa dal volo serotino a quello dell’una e l’aereo si metamorfizza in un 737-MAX8, poi di nuovo 757, e poi finalmente 767. Sistemata l’andata, arriva anche il momento del ritorno: il volo pomeridiano viene giustamente cancellato e vengo piazzato su quello delle 07:40 e il mezzo passa dal 757 alla bara volante versione allungata (MAX9) e, com’è giusto, 767. Non male, se devo essere sincero: non volavo su un 767 winglettato dai tempi di un Air Astana nel lontano 2016.

Arriva, finalmente, il fatidico venerdì della partenza. L’orario delle 13 e qualcosa è insipido: troppo presto per fare una mezza giornata di lavoro, troppo tardi per considerarlo “mattina”. Considero brevemente l’ipotesi taxi ma, alla fine, siamo tutti braccini e il vagone si presenta così. Sono le 11 di un giorno feriale…


Icelandair opera dal T2, terminal che non visitavo dall’avventura iraniana nell’ormai remoto 2016. Non è che sia cambiato un granché, va detto:


La compagnia ha sospeso tutti i servizi on-line (o, meglio, si può fare OLCI ma si deve andare al banco per far vedere carte bollate e via dicendo), ma dovendo abbandonare il borsone non è un problema. La fila non è eccessiva e sono sistemato in un minuto. Posto 37G, come si confà a me. Il 4A di Iberia è già un ricordo.

Rifaccio un salto fuori per controllare una cosa e, si, T2 opera ancora col BHS del T1 (il pontile nero sulla destra). A quasi sette anni dall’apertura un terminal teoricamente allo stato dell’arte sta ancora usando un sistema bagagli vecchio di cinquant’anni. HAL aveva proposto un progetto da un miliardo e seicento milioni nel 2019 (preventivo, e i preventivi di HAL hanno la brutta abitudine di essere troppo bassi del 30-40%).




Uno sguardo veloce airside, prima di calarsi nei profondi e riemergere al fu Europier.


Il molo da cui partono i widebodies è secondo me la parte meglio riuscita dell’intero T2, con un feeling quasi alla Zurigo. Ci sono diverse partenze, ma gli spazi sono sufficientemente larghi da trovare posti tranquilli in cui sedersi in attesa degli eventi.


Air Canada nella vecchia livrea dentifricia:



JetBlue ha iniziato da poco i servizi transatlantici e, a quel che leggo, è un bel viaggiare:



Aeroflot è in trasloco qui dal T4, dove adesso arrivano gli appestati delle nazioni “rosse”. A330 per loro.


Camminando spedito verso i bagni mi sembra di vedere un canguro e… si. Eccolo. Che ci fa? Anche Air China sembra chiederglielo. “Tutt’apposto fratè? Ti sei perso?”


Non so perché, ma mi sa che qualcuno, tra i piloti di questo 777 Air Canada con maschera alla Zorro, sta digerendo il daal dell’indiano della Bath Road ingurgitato ieri sera.



“Santa Teresa, Robert tu i legumi non li mangi più”. “Scusa Fred, chiedo alla capocabina un kg di Citrosodina”


Abbandono il povero Fred alla sua sofferenza, perché è arrivato il momento di imbarcare. Lascio un ultimo messaggio ai colleghi su Teams (“Da questo momento spengo il cellulare. Non vi conosco, non so chi siete, non esistete, statemi bene e tante care cose”) e, con un ultimo check di documenti, codici a barre, vaccini e quant’altro sono sulla jetty.


A fare gli onori oggi è TF-ISN, un giovincello di ventun’anni che, mi dice il sempre allerta Dancrane, ha iniziato la sua carriera per Air NZ, per poi passare a Flyglobespan la quale, nel giro di un anno e mezzo, è riuscita a rifilarlo a tale Santa Barbara Airlines in Venezuela e ad Air Caledonie in… indovinate un po’ dove. Poi un quadriennio in Kenya e, dal 2015, Islanda. Come dicono i saggi, she’s been around.

Fallisco miseramente nel fotografare la J, che in soldoni si compone di sedili tipo F domestica americana in configurazione 2-1-2 (vi rimando al ritorno per delle foto) e mi piazzo al mio 37G. Com’è ovvio, il vicino di posto è un americano alto sei metri.

Gli interni dimostrano ancora una volta che chi sostiene che aereo vecchio = scassoplano non sa di cosa sta parlando.




Le assistenti di volo sono agghindate in un’uniforme grigio antracite dall’aria molto seria e le espressioni, dietro alle mascherine di prammatica, sono ugualmente composte. Ho solo una memoria degli AAVV di Icelandair, memoria che sembra confermarne l’attitudine non proprio ridanciana. La faccio breve: sono a Chicago, volo con 8200 e i suoi colleghi, uno di quei voli standby col crew che in gergo si chiamano cling-ons. Arriviamo a O’Hare col crew bus dall’hotel e, lungo la via, il contingente degli assistenti di volo gay decidono di spiegarmi come funziona l’accalappiamento nel mondo moderno. In altre parole, l’app Grindr.

Scendiamo dal bus e il capocabina, uno di quei gay spumeggianti che sono la colonna portante di British Airways conclude lo spiegone con tali parole: “Guarda, con quest’app io ho tr*mbato ovunque. Ci riuscirei anche a Ryad se non fosse che siamo al confino in hotel”, il tutto a 1000 decibel. Un capannello di assistenti di volo Icelandair è a 10 metri da noi sul marciapiede, un manipolo di matrone che lo guardano con sdegno. Il capocabina mi dà di gomito e fa “Lasciale perdere, probabilmente non lo vedono dal 2004”. Genio.

Concluso il momento amarcord, torniamo a noi. Icelandair, dicevamo, accanitamente BoB. Prezzi ovviamente islandesi.



Stacchiamo.



Bello tornare a vedere un 380 a T3.



Decolliamo verso la città:


A grande richiesta, prima di venir inglobati dalle nubi, una visione veloce di Brentford. Da destra a sinistra possiamo rimirare i capannoni di Sky e History Channel, la sede di GlaxoSmithKline o GSK per gli amici, la sinusoide della M4 che s’infila nell’alveo dell’A4 e la pregiatissima Brentford, incluso lo stadio del Brentford neopromosso in Premier League e le torri che fanno da background alla serie People Just Do Nothing (pronunciato “nuffink”, ovviamente). Proprio in fondo in fondo, il Chiswick Business Park e casa mia.



Parte della Scozia si crogiola in un bel sole.


Il 767 ha un IFE che, pur non essendo quello di Emirates, è adeguato. Da segnalare l’enorme selezione musicale islandese. L’isola, pur contando a malapena il doppio degli abitanti della provincia di Biella, ha una creatività pazzesca. Escono più dischi libri e arte da qui che da tutte le Prealpi.

Come dicevo, il servizio è a pagamento ma, se si vuole, certe bevande sono gratis. Prendo un caffè che, per essere fatto in aereo, è decente. I talebani dell’espresso dissentiranno, ma secondo me i paesi nordici hanno una gran tradizione nel giro e a Reykjavik ci sono dei posti che servono caffè veramente ottimi.

Nel frattempo, ora sapete come si chiamano le colonne di fumo che si alzano da una fonte geotermale:


Manca poco all’arrivo e il laconico capitano appare all’interfono per darci le buone notizie. “Weather in London was gùd. Weather in Reykjavik is not gùd.” Circoliamo un po’ sopra al mare, entrando e uscendo da banchi di nuvole sballottate in giro dal vento, e poi ci allineiamo a una delle tante piste di KEF. Data l’antifona mi aspettavo urla sudore e spavento, ma in realtà non succede nulla. Il mio vicino di posto rimane in stato di catatonia.



Una delle bellissime special livery di Icelandair:



Non si vede bene, ma quello è un C5 Galaxy. Prima volta che ne vedo uno in carne ed ossa, o metallo.


La nuova LCC Play, nata sulle ceneri di Wow. Wow, tra l’altro, era andata gambe all’aria l’ultima volta che ero qui, senza nemmeno esser stata provata da Alessio78. Sono felice di informarvi che Play è sopravvissuta alla mia visita.


Atterriamo ai remoti e sbarco salutando le folle come Sofia Loren. Il tragitto è veloce, l’immigrazione pure e così anche i controlli anti-Covid. La macchina sarebbe stata prenotata per domani ma decido di andare da AVIS e fare il piagnone… funziona. Zero extra-prezzo e mi ritrovo di nuovo con un Suzuki Vitara.


I km da percorrere saranno tanti… ma quella storia è per un altro giorno. Continua!
 
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Casa

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Credo che qualcosa sia andato storto perché non riesco a vedere le immagini.
Da "Camminando spedito verso i bagni mi sembra di vedere un canguro e… si. Eccolo. Che ci fa? Anche Air China sembra chiederglielo. “Tutt’apposto fratè? Ti sei perso?”; io leggo solo https://i.imgur.com/WKl20y8.jpg[/img][/CENTER]

Credo che quel [/center] sia la causa. E che cavolo! Io che volevo guardare un thread sull'Islanda!
 

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Credo che qualcosa sia andato storto perché non riesco a vedere le immagini.
Da "Camminando spedito verso i bagni mi sembra di vedere un canguro e… si. Eccolo. Che ci fa? Anche Air China sembra chiederglielo. “Tutt’apposto fratè? Ti sei perso?”; io leggo solo https://i.imgur.com/WKl20y8.jpg[/img][/CENTER]

Credo che quel [/center] sia la causa. E che cavolo! Io che volevo guardare un thread sull'Islanda!
Sistemato. Credo che il problema stia nel fatto che ho copincollato da IMGUR su word e da li su AC. Word ha preso il link come una URL e il forum s'e' adeguato... risolto. Spero.
 
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Dancrane

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Credo che qualcosa sia andato storto perché non riesco a vedere le immagini.
Da "Camminando spedito verso i bagni mi sembra di vedere un canguro e… si. Eccolo. Che ci fa? Anche Air China sembra chiederglielo. “Tutt’apposto fratè? Ti sei perso?”; io leggo solo https://i.imgur.com/WKl20y8.jpg[/img][/CENTER]

Credo che quel [/center] sia la causa. E che cavolo! Io che volevo guardare un thread sull'Islanda!
Fai refresh, anche io al primo giro ho avuto problemi
 

londonfog

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Grande, Fabrizio, i tuoi TR si leggono sempre volentieri. Degni di una menzione particolare, la descrizione di Brentford e il commento del capocabina.
 
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I-DAVE

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a Taiwan, nel cuore e nella mente
Mi aspettavo che almeno, almeno, perdiana, mettessi un link a questa:


TR che trasuda epicismo dalla terza riga.

Il BoB di Icelandair lo ricordo particolarmente vivace, con scelte davvero peculiari e non particolarmente più care di quelle schifezze che trovi su Ryanair. Speriamo il Covid non ne abbia fatto scempio!

In attesa del seguito.

DaV
 

aamilan

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Inizio con lo strabotto, come al solito. Sempre un sacco di foto azzeccate. Avrei bisogno di un ghost writer, fammi sapere se sei disponibile.
 

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Grande, Fabrizio, i tuoi TR si leggono sempre volentieri. Degni di una menzione particolare, la descrizione di Brentford e il commento del capocabina.
Grazie Silvano! Brentford nel cuore.

Prossimo raduno AC?

Mi aspettavo che almeno, almeno, perdiana, mettessi un link a questa:

TR che trasuda epicismo dalla terza riga.

Il BoB di Icelandair lo ricordo particolarmente vivace, con scelte davvero peculiari e non particolarmente più care di quelle schifezze che trovi su Ryanair. Speriamo il Covid non ne abbia fatto scempio!

In attesa del seguito.

DaV
Ennò! le citazioni, che apposta non ho linkato perchè volevo che chi sapesse sapesse, sono:


e


Inizio con lo strabotto, come al solito. Sempre un sacco di foto azzeccate. Avrei bisogno di un ghost writer, fammi sapere se sei disponibile.
Scrivimi!
 
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Capitolo II. Sulla strada per Þingeyri.


Il giorno dopo l’arrivo, alla guida di OZ-P55, per gli amici Ozzy, mi immetto sulla via per il nord. Il percorso è abbastanza semplice: Route 41 fino a Reykjavík, da lì Route 1 fino ad un punto non meglio precisato, e poi Route 60. Grossomodo 550km che calcolo – tra soste per foto, benza, caffè e via dicendo – di fare in un sei ore e mezza/sette.

Il tempo, all’alba delle sei di mattina, ispira fiducia.



Col passare del tempo devo ammettere che i road trip in solitaria sono diventati alcuni tra i miei modi di viaggiare preferiti. Vuoi per il lavorare in un ambiente caotico, o per il vivere in una città strapiena di gente, ma l’idea di essere da solo, libero di fare quello che mi pare – andare o fermarmi, girare a destra o a sinistra, accelerare o marciare più piano – mi attrae sempre di più. Decido di non mettere nemmeno il navigatore. Mal che vada finisco ad Akureyri.

Il traffico si mantiene più o meno sostenuto (che, poi, parliamo di qualche macchina) fino a dopo il tunnel di Hvalfjarður dove, come avevo già visto in precedenza, rimango praticamente da solo e la strada diventa così.



Arrivo all’incrocio con la strada che porta nella penisola di Snæfellsnes, dove ero stato nel marzo del 2019 con 8200, e mi viene un pochetto di nostalgia, ma continuo. L’obiettivo è l’angolo più remoto del paese, i Westfjords, e in particolare una montagna, Kaldbakur. Proseguo e, se possibile, il panorama diventa ancor più particolare.





La Route 60 serpeggia tra i fiordi; alle volte si arrampica su per una riva, alle volte si incunea in un tunnel profondissimo, alle volte si scaglia attraverso le acque su guadi e ponti. In un’occasione circumnavigo un fiordo lungo chilometri mentre squadre di operai costruiscono un nuovo guado che permetterà di tagliare la percorrenza per quelle poche auto che vedo passare.

Poi, ad un certo punto, appare un cartello “Gravel road” e la strada diventa così.



Il primo pezzo dura una sessantina di km ed è abbastanza all’acqua di rose. Poi, senza ragioni apparenti, si torna all’asfalto. Mi domando come mai sia così e, dopo un po’ di elucubrazioni, decido di archiviare la domanda nel faldone delle questioni cui non si può rispondere, unitamente a quesiti tipo “Dove vanno a bere le foche?” e “Perché alle pecore islandesi piace sedersi a bordo strada?”. È a questo punto che la strada torna ad essere così:



Piove a dirotto, ci sono buche ovunque, si slitta quanto basta e mi viene in mente che il buon Jarek al banco dell’AVIS m’aveva fatto fare giurin giurello che non avrei portato la macchina sugli sterrati. Penso per un secondo a tornare indietro, poi mi dico che Jarek non verrà mai a saperlo e decido, con grande maturità, di fottermene. L’Ottima Musica [cit.] sul mio telefono inizia a propinarmi canzoni adatte al luogo, una sequela di quelle che un tizio conosciuto in Tajikistan chiamava “face melters”: Kyuss, Ty Segall, i 1000Mods. C’è una rotella sulla console del Suzuki, il sistema di gestione del 4x4 dei poveri, e se la imposto su “Sport” scopro che la macchina scoda un pochetto nelle curve, anche facendo solo i 70 all’ora. Guido sentendomi il cugino cretino di Mika Hakkinen fino a quando non rischio di finire in un fosso e, memore dell’ammonimento di Jaroslav, decido di guidare come una persona più o meno intelligente. Per poco.





Alla fine, quando l’auto da bianca è diventata un misto tra beige e l’uovo di quaglia, lo sterrato finisce, inizia un tunnel nuovo di pacca – con lucine a LED e indicatori della velocità – e vengo rigurgitato in un nuovo fiordo, enorme, talmente grande che ci sono almeno una decina di allevamenti di pesce e sembrano comunque minuscoli. Sono arrivato a Þingeyri, per gli amici thingeyri.

 

nicolap

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Veramente un TR col botto sonico sin dall'inizio. Sono curiosissimo di vedere l'OT e mi auguro che ci sia dello spazio dedicato in questo TR all'annosa questione dei companion Amex, che oggi accora il forum.
Complimenti!
 

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Capitolo III. Respinto all’uscio sulla Svalvogar.

L’obiettivo della mia presenza nel Dýrafjörður è tale Kaldbakur. In un panorama di valli glaciali e montagne appiattite da milioni di anni di erosione, Kaldbakur svetta su tutti con una punta quasi alpina, 998 metri sul livello del mare.

Il piano diabolico è di arrivare a Þingeyri, abbandonare Ozzy il Suzuki al parcheggio prospiciente la piscina, arraffare due pacchetti di cibo (seguendo il consiglio dei mejo esploratori mi sono portato le provviste da casa e le ho organizzate per giornate), sacco a pelo, bivvy, materiale da cucina e scaraventarmi su, lungo il fiordo e poi a sinistra nella vallata Kirkjubólsdalur. A seguire campo dove si può, si scala un passo dal nome così lungo e riempito di consonanti che è meglio lasciar perdere e, poi, breve salita off-piste fino alla montagna.



Inizio la camminata a passo spedito, o a paso adelante in rispetto di quella serie TV spagnola che era così brutta da essere affascinante, e in poco tempo sono al bivio per Kirkjuból. Qui le cose iniziano ad andar malino.


Pioggia, mi dici? Ha! Mi fermo, srotolo giacca e sovrapantaloni antipioggia e in meno di un secondo sono accuratamente coibentato e impermeabilizzato. Lo zaino ha la sua copertura, io ho la mia copertura; sembro un sacco dell’immondizia semovente, un patchwork azzurro puffo, nero e verde Padania ma l’importante è il risultato e, sotto a tutto, sono asciutto come le colline di Masada.

Il problema è il vento. Qui non ci sono dubbi: scende a raffica e diretto in faccia. E con lui le nubi. Le montagne intorno non sono molto alte, direi 6-700 metri, e non si vedono le cime. Oh beh, mi dico, vado avanti e chi vivrà vedrà.

Arrivo all’ultima fattoria della valle, a circa metà strada, e il cane di vedetta mi corre incontro. Invece di dilaniarmi a morsi mi ritrovo un cane da pastore che esige coccole; ora che mi libero dell’assedio e smetto di stringergli la zampa è arrivata la fattora che mi chiede dove sto andando. “Verso Kaldbakur” le faccio. “E dove pensi di dormire?” risponde lei. Sventolo una mano in su. “Verso il Alf…Alftarm…insomma il passo”. Lei aspira aria tra i denti e mi fa “Io non lo consiglierei. Danno il vento a 40 all’ora stasera, e con le nuvole non vedrai niente. Prova domani ma danno tempo del genere per il resto della settimana”. Da qualche parte sento una voce che dice “Ragioniere è lei?”

Se c’è una cosa che ho imparato a mie spese è che a ignorare gli indigeni finisci solo a farti del male, per cui seguo il suo consiglio e desisto. Mi consiglia un punto dove campeggiare nei suoi terreni e metto insieme il mio campo base più o meno al riparo dagli elementi.


Alleggerito, decido di fare un giretto. C’è un aeroporto, e dove c’è aeroporto c’è interesse per un aviopirla [cit.]. Il traffico al Þingeyri Internescional non sarà proprio frequentissimo, tantopiù che mi sembra il posto che piace alla gente – ops, agli ovini – che piace. Tutte le pecore del circondario sono, verrebbe a dire, all’interno del sedime aeroportuale.


Come avranno fatto? Beh, è presto detto. C’è una strada, in fondo alla pista, dove c’è lo slargo per il backtracking, e non c’è cancello. Per cui posso anche io unirmi alle pecore e piazzarmi sulla centreline della pista 14.


La notte passa veloce tra venti da uragano e belati occasionali. Il mattino rivela una situazione se possibile peggiore del giorno prima: il vento è diminuito, ma piove e le nuvole sono basse. Il motivo principale di salire su Kaldbakur è la vista, e siccome di vista non sembra essercene decido di lasciar perdere e di doppiare il capo della penisola, arrivando almeno al faro Svalvogaviti.

Le pecore non sembrano convinte. “Zio, quest’idea mi sembra una porcata”.


Me ne frego, e continuo. La vista è un po’ “gloomy” ma devo dire che mi piace. Metto un podcast in cuffia, mi intabarro nei miei vari strati impermeabili e via, in pilota automatico, a macinare chilometri. Alle volte spengo l’iPhone e semplicemente ascolto la pioggia, il vento, lascio la mente libera di navigare. La storia e la letteratura sono strapiene di capolavori nati da momenti di introspezione come questi ma mi spiace di dirvi che il vostro non è Hemingway e la mia mente produce soltanto una marea di stronzate. Facciamo due foto, và.






Doppio il capo della penisola e il vento, che se n’era stato bello tranquillo fino a quel momento, ritorna e ha portato un’amica: la pioggia. Orizzontale. In faccia. Caracollo bestemmiando fino al faro, gli dico “Bella lì” e ritorno indietro. Questa penisola sarebbe così bella e avrei così tante cose da farci ma, onestamente, me le ha suonate. Decido di tornare a campeggiare in paese, dietro alla piscina, a circa 15km da dove sono.


Ovviamente, sulla via del ritorno, il vento cessa ed esce un pochetto di sole.








Westfjords, siete più duri di quanto pensassi. Ma non sono ancora pronto a mollare.
 
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Veramente un TR col botto sonico sin dall'inizio. Sono curiosissimo di vedere l'OT e mi auguro che ci sia dello spazio dedicato in questo TR all'annosa questione dei companion Amex, che oggi accora il forum.
Complimenti!
Grazie Nicola. Ho verificato il mio account AMEX, ma con due mesi prima della scadenza mi mancano 11mila sterline per arrivare al sacro soglio di 12mila e ricevere anch'io il companion per cui... penso di non essere in grado di aggiungere molto :(
 

Viking

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Oh che maraviglia, altro che le risaie della Lomellina! Islanda, non molto considerata da noi su al nord: e’ solo d’intralcio tra le Faroe e la Groenlandia (vanto nostro al pari delle colonie di Sua Maestà la sciura Betty). Tralasciando questioni tra cuggini, sono stato lì in zona solo 1 volta per un matrimonio e precisamente Ólafsvík (https://en.m.wikipedia.org/wiki/Ólafsvík): ho solo un vago ricordo del rientro a Keflavik sul van organizzato dall’amica maritata con energumeno pescatore locale. Comunque per tornare in tema del tuo TR, Fabri grazie per renderci partecipi di questo tuo viaggio.
Quando posso stacco anch’io da famiglia, lavoro ed il mondo in generale: fortunatamente ho una compagna di vita che mi conosce e che sa’ che necessito di un reboot ogni tanto e questo lo considero una fortuna e privilegio.
Sentendo già la crisi di mezza età, sono già al lavoro per organizzarmi il mio viaggio di compleanno 2022 solo con me stesso sempre lì al nord. Vediamo dove riuscirò ad arrivare dopo il Circolo Polare.
Attendo il proseguimento. Daje!!
 

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26 Aprile 2012
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Oh che maraviglia, altro che le risaie della Lomellina! Islanda, non molto considerata da noi su al nord: e’ solo d’intralcio tra le Faroe e la Groenlandia (vanto nostro al pari delle colonie di Sua Maestà la sciura Betty). Tralasciando questioni tra cuggini, sono stato lì in zona solo 1 volta per un matrimonio e precisamente Ólafsvík (https://en.m.wikipedia.org/wiki/Ólafsvík): ho solo un vago ricordo del rientro a Keflavik sul van organizzato dall’amica maritata con energumeno pescatore locale. Comunque per tornare in tema del tuo TR, Fabri grazie per renderci partecipi di questo tuo viaggio.
Quando posso stacco anch’io da famiglia, lavoro ed il mondo in generale: fortunatamente ho una compagna di vita che mi conosce e che sa’ che necessito di un reboot ogni tanto e questo lo considero una fortuna e privilegio.
Sentendo già la crisi di mezza età, sono già al lavoro per organizzarmi il mio viaggio di compleanno 2022 solo con me stesso sempre lì al nord. Vediamo dove riuscirò ad arrivare dopo il Circolo Polare.
Attendo il proseguimento. Daje!!
Grazie Viking!

Olafsvìk, si che me la ricordo. Ci siamo stati a marzo 2019 per partire a vedere le orche.















 
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vipero

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8 Ottobre 2007
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Ma vai in giro senza nemmeno un fucile? E se becchi un orso? O uno Yeti? o un elefante marino in calore?
 
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