[STORICA] Un incidente in tempo di guerra: la storia del Vickers Wellington di Issime


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Come promesso ai Soci, apro un breve thread per raccontarvi di una tragedia avvenuta quasi settant’anni fa, nel tardo novembre 1943. E’ una storia che vi racconto di “seconda mano”, attingendo a memoria alla fonte principale, che è il libro che mio fratello ha scritto a riguardo. Intelligentemente ho lasciato il volume, che lui mi ha regalato, a casa in Italia e, poi, non posso nemmeno postare foto degli archivi storici da lui trovati, dato che le autorizzazioni di copyright probabilmente non coprono l’uso su internet.

Sistemati i paraculamenti burocratici, iniziamo.

E’ il 1943, gli alleati cozzano contro la Linea Gustav e, in Italia, l’avanzata è in fase di stallo. Mussolini è stato liberato dalla prigionia di Campo Imperatore e sta formando, al fianco di Hitler, la Repubblica Sociale, mentre le prime bande partigiane prendono forma in tutto il Nord Italia. Insomma, per chiudere questa introduzione storica, gli Alleati sono alla ricerca di una breccia in quella Fortezza Europa che, seppur alle corde, è sempre un osso duro.

Spostiamoci in Val d’Aosta: è una notte di tardo autunno, le montagne sono già innevate e, nel fondovalle, i valligiani stanno seccando le castagne. La guerra è lontana, ma comunque presente: si stanno formando le prime bande di giovani renitenti alla leva, tanti ragazzi sono partiti per la Russia e l’unica cosa che rimarrà di loro è un nome sulle lapidi poste di fianco a municipi e chiese. All’improvviso, però, accade qualcosa che porta la guerra direttamente sopra i paesi della media valle del Lys (link: http://goo.gl/maps/dumZ0). Un rumore di motori di aereo passa sopra i delicati rascard walser di Issime, riempie la valle e poi, dopo poco, un boato. Di quelli che fanno capire che chi s’è trovato in mezzo ha fatto una brutta fine.

Nei giorni successivi i valligiani salgono in montagna, a cercare sopravvissuti e, perché no, anche qualcosa da portar via. Siamo in una valle povera, isolata, in tempo di guerra. Trovano alcuni cadaveri, sfigurati, munizioni in quantità, tanti pezzi di alluminio che diventeranno grondaie, tettoie, abbeveratoi. Le salme finiranno, benedette dal prete locale in un misto di dialetto alto tedesco e latino, al camposanto di Arnad, più in basso. Qui finisce la cronaca, e inizia la leggenda. Erano italiani. Erano inglesi. No, erano americani. No, erano russi, polacchi, tedeschi. Poi, il tempo passa e tutti si dimenticano.

2009, mio fratello e un amico stanno scalando il monte Voghel, nel gruppo delle Dame di Challand. È un brutto signore alto 2925 metri, in mezzo nella foto qui sotto.



Marco, questo il nome di mio fratello, e il suo amico Federico sono degli habitué della zona (anzi, Fede ci vive) e hanno sentito raccontare, agli anziani, di un aereo che, una volta, s’era schiantato da quelle parti. Le storie differivano a seconda del monte, del mese, dell’anno, dell’aereo, di chi l’aveva trovato e di cosa avessero trovato. Insomma, di tutto e di più, mancavano solo gli alieni e Giacobbo. Fatto sta che i due novelli Indiana Jones, decidono di partire alla conquista del Voghel e alla ricerca di qualche indizio.

La montagna in questione è una brutta bestia, senza sentieri, colma di rocce ripide, strapiombi, vipere, capre selvatiche e non, insomma non proprio una gitarella delle medie. Ci si mette almeno 4 ore ad arrivarci, e sono 4 ore di persone allenate alle quali io faccio fatica a rimanere in scia, e sì che pedalo 30 km almeno 3 volte alla settimana.



Le spedizioni, perché alla prima ne seguiranno tante, porteranno in dote una “messe” di pezzi arrugginiti e no, in acciaio e in alluminio, cavi elettrici rivestiti in tessuto, strane masse contorte da un urto che di sicuro doveva esser stato spaventoso. I detriti sono sparsi a circa 2800 metri, ben sotto la cima del monte. Nel video che segue, girato da Marco in quota, ecco alcuni dei primi pezzi ritrovati.


La risposta classica di chiunque, alla vista di questi ed altri affari, è “chemminghiasono?”. E con ragione, credo. Ma il nostro non demorde, annota pazientemente tutti i pezzi, li fotografa come manco in CSI, prende nota di tutte le sigle che riesce a trovare e si affida ad alcuni esperti “cacciatori di disastri aerei”, basati soprattutto in Germania e Norvegia, per identificare il mezzo.

Le risposte non si fanno attendere, e sono tutte univoche: si tratta di un Vickers Wellington, più precisamente di un Mark X, ossia questo qui:





Un bombardiere medio costruito in UK dal 1938 fino alla fine delle ostilità, un onesto cavallo da tiro che, però, nel 1943 era già considerato superato. L’identificazione, partita da pezzi minimi come quelli visti nel video o ritratti qui sotto:





È stata resa possibile anche e soprattutto dal ritrovamento di un pezzo, di cui purtroppo non ho fotografia, che rivelava un aspetto peculiare del Wellington, la sua forza e al tempo stesso il suo tallone d’Achille: la fusoliera in tela costruita intorno ad una struttura geodesica in metallo, che si può ammirare qui sotto (da Wikipedia):



Punto di forza perché permetteva all’aereo di subire danni rilevantissimi, tallone d’Achille perché non consentiva o di fornirlo di nuovi oblò/aperture a meno di rivedere tutta l’intelaiatura.


(fonte: Wikipedia).

Trovato il modello dell’aereo occorreva, però, trovare di QUALE aereo si trattasse. Affare mica di poco conto, dato che più di 3800 Mark X vennero costruiti. Marco parte in una ricerca che lo conduce a parlare con nipoti di ex piloti di bombardieri, testimoni oculari, storici del settore e numerosi valligiani.

La storia completa, con tutti i suoi vicoli ciechi, false partenze ed errori è troppo lunga da riportare qui, e d’altronde non ne sarei in grado. In sostanza, però, il Wellington schiantatosi sul monte Voghel era comandato da un gruppo di otto aviatori australiani, tutti volontari e tutti giovanissimi, in larga parte nemmeno ventiseienni, partiti dalla Tunisia liberata alla volta di Torino. La loro missione era inquadrata nella più vasta Operation Pointblank, una serie di sortite ideate dal comando britannico per, da un lato, colpire l’industria bellica italiana (le fabbriche del “Triangolo industriale” GE-MI-TO) e, dall’altro, per spaventare la popolazione civile e spingere le prime forme di dissenso, come lo sciopero di Mirafiori, in un vero e proprio attacco al potere fascista della RSI. I giovani volontari, al comando del loro Wellingon LN466 (Marche P-QT), erano partiti con l’obiettivo di colpire le fabbriche di Torino in via Nizza, poco più a nord del Lingotto. Purtroppo per loro, però, le condizioni meteo resero la missione quasi suicida: tutti i velivoli persero il contatto tra loro, entrando e uscendo da una coltre di nuvole che stazionava tra i 2 e i 4mila metri e, in molti, rischiarono di schiantarsi contro le colline del Torinese. Alcuni sganciarono il loro carico di bombe, 4000 libbre, nel buio, alla cieca, per liberarsene e poi fecero ritorno alla base; altri non lo fecero e andarono ad impattare, nella notte, contro le montagne della Liguria e della Corsica. LN466, invece, andò parecchio più in là, finendo a sbattere contro il fianco di una montagna che non avrebbe mai potuto evitare.


In questo video la probabile rotta percorsa da LN466 nei suoi ultimi istanti.

La ricerca di mio fratello lo ha portato a contattare le famiglie di queste persone e ha scoperto delle realtà toccanti, come quella del signore, ormai anziano, commossosi alla vista – via e-mail, da Melbourne – della montagna in cui il suo fratello maggiore aveva perso la vita. O la signora, ospite di una casa di riposo di Victoria, promessa sposa di uno dei membri dell’equipaggio e, vedova prima ancora di sposarsi, mai riaccasatasi.

Una vicenda che, personalmente, mi ha impressionato è quella di un navigatore canadese, Mr. Doyle, il cui nipote è diventato amico di Marco e ha raccontato le sue memorie in un libro (link su Amazon: http://www.amazon.com/Grandpas-War-Shawn-S-Doyle/dp/1897508549). Il giovane Doyle aveva preso parte, poco più che ventenne, a quella missione e aveva visto, pietrificato, le colline intorno a Torino alzarsi di fronte a lui mentre il suo aereo, carico di bombe, veniva costretto a ridurre quota dal peso aggiuntivo del ghiaccio formatosi sulle ali. Messi di fronte alla prospettiva, certa, di morte l’equipaggio – poco più che ragazzi, come Doyle – decise di sganciare, al buio, le bombe in stiva: salvando la vita, ma forse condannando a morte altre persone, ignare. Ancor oggi, dopo settant’anni, l’ex navigatore canadese è angosciato dal pensiero di dove siano finite le bombe sganciate dal suo aereo.
Spero che questa storia vi sia stata d’interesse, così come è stato interessante, per me, seguirne gli sviluppi in realtà.

Mi astengo dall’aggiungere il nome completo e il titolo del libro di mio fratello, dato che non è mia intenzione fargli pubblicità (e nemmeno sarebbe giusto); l’unica cosa che mi preme di aggiungere è che, se siete in valle d’Aosta quest’estate, il 20 agosto Marco presenterà questa storia, in uno stile più forbito del mio (è l’Umberto Eco della famiglia), a Brusson (Ayas).
 

nicolap

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Seaking

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Un contributo davvero prezioso ed unico, Fabrizio!

Grazie infinite e dì pure a tuo fratello che qui e' il benvenuto!
 

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Un contributo davvero prezioso ed unico, Fabrizio!

Grazie infinite e dì pure a tuo fratello che qui e' il benvenuto!
Prego! Comunicherò al fratello, anche se lui non è che si intenda granché di aviazione. Diciamo che è più orientato sulla montagna, e l'aviazione è entrata in collisione con la montagna grazie, appunto, a questa collisione. Bruttissimo gioco di parole, lo so già di mio.

AKA Mel Bookstore!
Grazie per la testimonianza!
Prego.

Testimonianza straordinariamente interessante, così come il libro, che mi accingo ad ordinare.

Tu sei educato e corretto e non lo fai, ma io posso dire senza timore, invece, di seguirmi nell'acquisto del volume:

Operation Pointblank
Bombardamenti alleati nel Nord-Ovest
di Marco Soggetto
Editrice Aviani, 2010

lo potete ordinare comodamente da qui:
http://www.ibs.it/code/9788877721082/soggetto-marco/operation-pointblank-bombardamenti-alleati.html
Grazie, gentilissimo. Torno a dire, non era mio interesse parlare del libro quanto, semmai, parlare un po' di questa storia e, magari in futuro, scrivere un po' della storia dei bombardamenti alleati. Ci sono pagine nerissime, come quelle dei bombardamenti su Dresda o Amburgo, ma anche storie incredibili sugli equipaggi e sui pericoli cui andavano incontro. Per le sue ricerche, Marco aveva comprato un libro contenente l'elenco delle perdite dei bombardieri UK (RAF Bomber Command Losses of Second World War). Il volume del 1943 è almeno di 500 pagine, fitte fitte.

Ottima testimonianza.
Segue l'acquisto del libro.
Grazie
Prego, contento che sia piaciuto.
 
A

aless

Guest
Se tuo fratello è più bravo di te nei racconti non oso immaginare cosa dev'essere, perchè già i tuoi sono incredibilmente appassionanti.

Grazie mille per il tuo/vostro lavoro!
 

13900

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Grazie ancora per i commenti, gentilissimi Aless e Pmiglia. Se vi piace l'argomento, vi consiglio caldamente un libro, disponibile anche in edizione italiana, di quel grandissimo che è Sven Lindqvist. Si tratta di "Sei morto! Il secolo delle bombe" o, in inglese, "A history of bombing". Duro, a volte spietato, ma semplicemente efficace nello spiegare la storia del bombardamento che, incidentalmente, abbiamo inventato noi.

Nel frattempo, a Londra, ha aperto il memoriale dedicato ai 55000 morti del RAF Bomber Command, inclusi gli australiani di LN466. Qui sotto il link al sito, curatissimo, del gruppo che aveva fatto lobbying per la sua apertura. Un tributo doveroso agli unici soldati alleati le cui probabilità di morte erano più alte di quelle di arrivare a fine guerra vivi.

http://www.bombercommand.com/the-memorial
 

MindOnAir

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Mille grazie per aver condiviso l'avventura di tuo fratello! Complimenti a lui per il lavoro fatto e a te per il puntuale resoconto!

Martino
 

Veolia

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Bellissimo!!!
complimenti davvero , interessante e ben narrato.
Grazie mille
 

Giovanni79

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FLR
Assolutamente interessante e affascinante, ho una copia del libro qua in magazzino, adesso me la vado avidamente a spulciare ;)

ps. ovviamente complimente a te e tuo fratello per l'enorme lavoro fatto!
 

Alitalia Fan

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Abu Dhabi
Con il tuo TR da Cardiff a Londra a bordo del 777 riconfigurato avevi già guadagnato tutta la mia stima.... Ma stavolta ti sei davvero superato. Cosa dire? GRAZIE per aver postato questa storia triste ma affascinante ed ovviamente un enorme ringraziamento a tuo fratello per tutto il lavoro svolto. Immagino la mole di lavoro che ha dovuto affrontare anche solo per ricontattare i parenti delle vittime di questa sciagura!
 

kenyaprince

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Mi accodo ai ringraziamenti per l'affascinante testimonianza. Dev'essere stata per tuo fratello un'esperienza davvero unica riportare alla luce un pezzo di storia che altrimenti sarebbe rimasto avvolto nel mistero.
 

13900

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Grazie a tutti per i commenti. Per tutti noi è stata un'esperienza veramente coinvolgente, soprattutto una volta scoperte le identità dei caduti, tumulati da tempo a Milano nel cimitero di guerra del Commonwealth. Tutti volontari, tutti giovanissimi, tutti che avrebbero potuto starsene tranquillamente in Australia, invece che andare a finire in Tunisia per fare qualcosa in cui, è demodé dirlo, credevano. All'epoca ero all'Università e non potevo fare a meno di pensare che mentre io stavo in giro a bere Tamango (chi è di Torino sa di cosa parlo) e, in definitiva, a cazzeggiare, altre persone, alla mia stessa età, si trovavano dall'altro lato del mondo a volare su un aereo di tela con qualche tonnellata di bombe a bordo, per liberarci.