[LIBRI] Molte aquile ho visto in volo, vite straordinarie di piloti, di Filippo Nassetti


nicolap

Amministratore AC
Staff Forum
10 Novembre 2005
29,103
1,169
Roma
Un tag che mancava e che avevo in mente da tempo è sicuramente quello dei [LIBRI]. Quale occasione migliore per inaugurarlo se non con il libro di Filippo Nassetti dal titolo "Molte aquile ho visto in volo, vite straordinarie di piloti", edito da Baldini e Castoldi in questi giorni.

1594402133601.png
Le recensioni si fanno quando il libro si è letto, è vero, e io l'ho solo ordinato e non ancora ricevuto. La mia recensione sarà quindi successiva a questo post.
Ritengo tuttavia interessante segnalarne l'uscita, conoscendo l'autore e sicuro del gran gran bel lavoro che avrà prodotto, come peraltro testimoniato da una recensione che rubo dalla rete, a firma di Gabriele Romagnoli.

"Vi sarà capitato di chiedervi: chi c’è dietro quella porta?
La porta è quella della cabina di pilotaggio e voi siete seduti nell’aero, sospesi in cielo, affidati alle mani di chi sta ai comandi.

Non lo vedete, forse lo avete scorto mentre passava i controlli dedicati, insieme con il resto dell’equipaggio, divisa stirata, cappello, valigetta di pelle. Ne avete sentito la voce, rassicurante, al decollo, poi più niente.

Molte aquile ho visto in volo. Vite straordinarie di piloti – di Filippo Nassetti
Vi siete affidati a lui come al chirurgo che compie su di voi una complessa operazione, impossibile da spiegare e da comprendere. Ogni giorno migliaia di aerei volano e migliaia di uomini li manovrano. Tra loro ci sono potenziali eroi, pignoli e creativi, innamorati e cinici, capitani prudenti e temerari. La cronaca ne parla quando succede qualcosa di eccezionale: un atterraggio di fortuna (magari sulle acque di un fiume), un salvataggio spericolato o, al contrario, un errore umano, troppo umano, e uno schianto.

Ma le loro storie precedono quell’attimo fatale. Questa raccolta socchiude la porta della cabina e vi lascia intravedere gli uomini che stanno dentro. Dopodiché, volare non sarà più la stessa cosa. La motivazione principale che spinge Filippo Nassetti a questo “volo” è il ricordo di suo fratello Alberto, pilota tragicamente deceduto in giovane età, il cui nome vi potrebbe esser capitato di leggere sulla carlinga di un aereo.


La sua figura e la sua vicenda fanno da filo conduttore alla collana di storie che unisce altri piloti e svela i loro lati non oscuri, ma meno conoscibili. La passione irresistibile di Alberto è la miccia che ne innesca di altrettanto totalizzanti. La scelta è precoce, il rischio evidente, la soddisfazione irrinunciabile. Per volare Alberto rinuncia a un destino più facile, per continuare a farlo lo volgerà in dramma.

Cosa motiva un pilota? Filippo Nassetti cerca la risposta meno scontata, atterrando i suoi personaggi. Proprio raccontandoci altro di loro ci fa capire perché ‘staccano l’ombra da terra’."

(Gabriele Romagnoli)

Per chi volesse ordinare il libro segnalo il link ad Amazon:

 
Ultima modifica:

Axel91

Utente Registrato
11 Dicembre 2017
227
65
Grazie mille per la segnalazione!! sembra molto interessante! mi sa che lo ordino anche io!
Ma che genere è? tipo documentario/interviste o romanzato?
 

vipero

Utente Registrato
8 Ottobre 2007
5,841
1,699
.
Prima o poi ne scrivo uno anche io, dalla parte di chi sta quaggiù a passargli le carte.
Una volta mi chiesero: "sai chi è il nostro cliente finale?" e io risposi, prontamente: "i passeggeri, no?"
"No. Sono i piloti".
Ci ho messo un po', poi ho capito che era vero.
Però...
 
  • Like
Reactions: OneShot

nicolap

Amministratore AC
Staff Forum
10 Novembre 2005
29,103
1,169
Roma
Anche Mario Calabresi, compiantissimo (soprattutto oggi) direttore di Repubblica, ha voluto scrivere una bellissima nota di commento al libro, parlando dell'autore e di suo fratello.
Su https://www.mariocalabresi.com/

"Mio fratello che amava il cielo"

di Mario Calabresi

Ogni libro nasce da un gesto d’amore, per un’idea, per una persona, per una storia. Ogni libro contiene un’urgenza e svela un bisogno. Questa storia nasce dal dialogo con un fratello maggiore che pur non essendoci più da oltre 25 anni continua a indicare la strada, anzi la rotta.

Alberto Nassetti era un ragazzo guidato da una straordinaria passione, nato nel 1966 si era innamorato del volo e dell’idea di diventare un pilota. A 14 anni convinse i genitori, con una lettera, a permettergli di fare un lungo viaggio ogni giorno – corriera, treno e poi autobus, due ore all’andata e due al ritorno – per poter frequentare l’Istituto tecnico aeronautico “Francesco Baracca” di Forlì. A 23 anni era già stato assunto all’Alitalia, coronando il suo sogno di essere un pilota civile. Due anni dopo scoprì di avere un tumore al cervello ma neanche quello lo distolse dal suo obiettivo. «Aveva una fame di volo così forte da spazzare via tutto, in primis la paura», mi racconta Filippo Nassetti che alla storia di quel fratello più grande di lui di sette anni ha dedicato un libro che esce oggi: “Molte aquile ho visto in volo. Vite straordinarie di piloti”.

«Decise di farsi operare subito, anche se questo comportava il rischio di non parlare più o di finire su una sedia a rotelle, ma lui voleva la possibilità di continuare a volare. L’operazione riuscì e dopo dieci mesi era già seduto al simulatore. Per festeggiare si regalò un viaggio in Nuova Zelanda e celebrò il suo amore per l’aria con un lunghissimo salto nel vuoto, il bungee jumping, su un lago al centro dell’isola Nord. Ricordo però lo sgomento al ritorno quando sembrava che non venisse accolta la sua richiesta di tornare a pilotare. Non era mai accaduto, non c’erano precedenti, e così incontrò legittime resistenze. Ma lui non si arrese, rinunciò ad alcuni farmaci che gli avrebbero impedito di pilotare e alla fine l’Aeronautica gli confermò l’idoneità al volo ma stabilendo che avrebbe dovuto ripetere la visita per rinnovare la licenza ogni sei mesi. È stato il primo pilota al mondo a rientrare in servizio dopo aver subito un’operazione al cervello».

Poi arrivò un viaggio premio, a cui teneva tantissimo: la possibilità di andare in Francia per partecipare ad un volo di collaudo del nuovo Airbus A330. Era il 30 giugno 1994. «Lui stava per compiere 28 anni, io ne avevo 21, abitavamo sul litorale romano, stavo studiando Lettere e avevo iniziato a collaborare con un po’ di giornali. L’articolo di cui ero più orgoglioso era la storia della bocciofila di un circolo anziani che scrissi sul giornale di Ostia e che venne pubblicato con una foto scattata proprio da mio fratello. In ogni cosa lui era il mio punto di riferimento, il mio faro, l’esempio da seguire. Ricordo che in casa c’eravamo solo io e mio padre quando squillò il telefono, risposi io: era un collega di Alberto che disse che voleva venire a parlarci, di aspettarlo. Ero smarrito, non capivo il senso di quella strana telefonata. Mio padre invece capì subito, accese la televisione e andò alla pagina 101 di Televideo. Così scoprimmo l’incidente aereo di Tolosa. Quel momento segna uno spartiacque nella mia vita».

Erano in sette sull’aereo: due piloti, tra cui il capo collaudatore inglese, un tecnico di volo, due piloti italiani (Alberto e il suo collega e amico Pier Paolo Racchetti) e due funzionari di Airbus. L’aereo si schiantò subito dopo il decollo. Non sopravvisse nessuno. Il libro non racconta l’incidente, ma tutto quello che c’è stato prima e racconta l’amore per il cielo, attraverso storie di piloti, tra cui quella del giovane figlio di Racchetti: «Volevo raccontare la sua vita non la sua morte. Volevo parlare della determinazione, degli occhi fissi sull’obiettivo. Anche quel volo tragico era un punto d’arrivo, era un premio, aveva voluto andare lui».

Chiedo a Filippo, che lavora all’Alitalia ma nella parte comunicazione, cosa gli abbia lasciato Alberto: «Molti libri, con cui mi trasmetteva la sua passione, quelli di Richard Bach, l’autore de “Il gabbiano Jonathan Livingston”. Ma soprattutto mi ha lasciato questo esempio di determinazione, l’idea che la cosa più importante nella vita sia avere una strada da seguire. Anche se io oggi ho vent’anni anni di più di quanti ne ha avuti lui nel suo ultimo giorno, continuo a immaginarlo come il mio fratello maggiore, quello grande e saggio. Quello che venne a parlare con il maestro di tennis, con cui avevo litigato a 12 anni. Arrivai con lui accanto ed ero spavaldo, convinto che mi avrebbe vendicato, invece ascoltò, poi diede ragione a lui e sulla strada di casa mi fece una sfuriata terribile sul senso del rispetto. È sempre con me, durante questi mesi di quarantena tutti guardavano alle strade vuote, io invece pensando a lui alzavo gli occhi e osservavo il cielo vuoto e senza aerei, una cosa che Alberto non avrebbe mai potuto immaginare».
 
  • Like
Reactions: airport81

Axel91

Utente Registrato
11 Dicembre 2017
227
65
Sapete per caso se questo libro è stato tradotto anche in altre lingue? In specifico inglese e/o francese?