Francia precipita Airbus A320 GermanWings


enrico

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Cmq. credo che i piloti a mio avviso dovrebbero avere uno spazio oltre la cabina di pilotaggio,
sempre all'interno dello spazio di sicurezza cioè protetto dalla porta blindata, in cui ci sia una toilette
e magari un posto per riposare. Ogni cm2 occupato in un aereo vale oro lo so bene, ma così si eviterebbe proprio
di dover aprire la porta in volo che cmq sia è sempre un rischio. Vuoi per chi può approfittare dell'attimo
vuoi per chi entra che se non è un pilota non è soggetto a tutti i test dei piloti. Non me ne vogliano gli AA/VV
di cui ho il massimo rispetto.
Se ho scritto una "castroneria" cancellate pure...
Ovviamente parlo di modifiche agli aeromobili...non proprio economiche...credo..
I pasti glieli passiamo dallo spioncino?
E per i voli con equipaggio rinforzato mettiamo in cockpit anche le brande?
 

Old Crow

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Il suicidio del pilota in volo: un problema noto
Dr. Fabio Flenda

Il suicidio di un pilota in volo, come quello che si ipotizza sia avvenuto nel caso del A320 di Germanwings fatto schiantare sulle Alpi francesi dal copilota Andreas Lubitz barricatosi in cabina di pilotaggio, non è un evento nuovo, né sconosciuto a chi si occupa da anni di Human Factors e Sicurezza del Volo in aviazione civile.

Casi accertati storicamente sono quelli avvenuti sul volo di Japan Airlines nel 1982 in Giappone dove il Comandante, che stava pilotando l’aereo in fase di atterraggio a Tokyo Haneda, fece schiantare il proprio DC8 dopo aver dichiarato manifestatamente le proprie intenzioni suicide agli altri membri di equipaggio, uccidendo nel disastro 24 passeggeri, mentre il proprio copilota lo supplicava di desistere dal tentativo senza però intervenire efficacemente sui comandi, per una sudditanza psicologica e riluttanza da parte dei membri di equipaggio di origine asiatica a sollevare il comandante titolare dal pilotaggio dell’aeromobile (esprimendo così un Emergency Authority).

Nel 1994 un ATR42 della Royal Air Maroc si schiantò in Africa e il Voice Recorder dimostrò che si trattava di un suicidio volontario per una delusione amorosa subita da parte del Comandante che si era invaghito del proprio copilota di sesso femminile e titolare di quel volo, da cui era stato da poco rifiutato.

Nel 1997 ci fu un altro caso su un Boeing 737 della Silk Air dove il Comandante, ex pilota militare che aveva una storia personale di gioco d’azzardo patologico e di problemi finanziari, dopo aver stipulato un assicurazione sulla vita il giorno prima del volo, si schiantò deliberatamente in un fiume dell’Indonesia.

Nel 1998 un pilota di ATR42 dell’Air Botswana, che credeva di aver perso la propria idoneità al pilotaggio dopo aver contratto l’AIDS, s’impadronì di un aeromobile di compagnia vuoto e dopo aver minacciato via radio di schiantarsi sulla dimora presidenziale del governo, precipitò al suolo contro altri aeromobili parcheggiati.

Nel 1999 un copilota dell’Egyptair ai comandi di un Boeing 767 durante un volo transatlantico tra New York ed Il Cairo, dopo aver urlato per ben 11 volte “Io credo in Dio” (registrato dal Cockpit Voice Recorder) sganciò l’autopilota e dopo aver combattuto fisicamente con il Comandante presente in cabina di pilotaggio, fece inabissare il proprio aeromobile nell’Oceano Atlantico. La sera prima era stato scoperto mentre aveva un rapporto extraconiugale con un assistente di volo del proprio equipaggio e temeva di essere licenziato dopo l’arrivo in Egitto per le rigide regole di comportamento della compagnia aerea.

Molti altri casi accertati e presunti nel mondo hanno coinvolto velivoli militari, privati e dell’aviazione generale, tra cui quello sospetto di un Rockwell Commander 112TC decollato da Linate e schiantatosi contro il grattacielo Pirelli di Milano nel 2002.

Negli Stati Uniti si verificarono 37 casi di suicidio in volo del pilota tra il 1983 ed il 2003 e un quarto di questi vedevano coinvolti piloti con storia personale accertata di alcoolismo o di abuso di sostanze, mentre un'altra caratteristica era la giovane età dei piloti (Cullen, 1998).

Perché un pilota si suicida in volo? Non è quasi mai a causa di un raptus improvviso, dovuto a depressione, sindromi psicotiche e maniacali o disturbi bipolari.

La molla che fa scattare l’impulso suicida sono le forti frustrazioni professionali, i conflitti psicologici interni dovuti alle delusioni di carriera, le preoccupazioni finanziarie, il timore per il proprio stato di salute o di avere malattie ingravescenti od incurabili, la paura di perdere l’idoneità al volo, sentimenti di astio e rivalsa contro la propria compagnia aerea (di cui si vuole distruggere sia l’immagine pubblica che il bene materiale, rappresentato dall’aereo ed a cui cagiona col disastro un ingente danno economico), per mobbing o presunte ingiustizie o torti subiti.

Spesso il pilota suicida ha appena terminato con successo un ciclo di terapia antidepressiva ed il suicidio avviene perché trova di nuovo le forze psicologiche per commetterlo, mentre ne era incapace durante il periodo depressivo maggiore (Bill, Graboswski e Li, 2005).

Prima di commettere un suicidio in volo un pilota può cambiare di umore (diventando più o meno taciturno) o dimostrarsi più tranquillo ed aperto alle relazioni esterne (perché si sente confortato psicologicamente dall’avere finalmente il coraggio di fare una scelta simile).

Il pilota inoltre identifica il proprio aeroplano come “parte di sé” e nel commettere un gesto così eclatante può trovane una gratificazione maniacale o può sperare che le cause reali del gesto vengano occultate dall’incidente, preservando così una memoria incorrotta nella società, evitando al tempo stesso imbarazzo e conseguenze economiche e legali ai propri familiari

Molti si stupiscono di come mai il mestiere del pilota, un tempo considerato da “supermen” inossidabili fisicamente e psicologicamente, nonché molto gratificato mediaticamente, socialmente ed economicamente, possa generare questi impulsi distruttivi, non solo per chi li commette ma anche per le molte centinaia di persone di cui si ha la responsabilità in volo.

In realtà il mestiere di pilota oggi è, come molti altri mestieri delicati (chirurghi, poliziotti, soldati), preda di molte problematiche psichiatriche e psicologiche patologiche.

Sebbene l’ansia, i disturbi fobici e la “paura del volo” (tra cui anche gli attacchi di panico) siano i disturbi psichiatrici più frequentemente riscontrati tra i piloti professionisti di oggi e rappresentino la seconda causa di perdita legale dell’idoneità al volo (dopo le malattie cardiovascolari), le psicosi, le nevrosi, la depressione, il “burn out”, il disturbo post traumatico da stress (PTSD), i disturbi dell’umore, paranoidi, ossessivi, maniacali, di personalità e bipolari, non sono rari tra il personale delle compagnie aeree (piloti ed anche assistenti di volo).

Quello del pilota è un mestiere rischioso per antonomasia, stressante, carico di responsabilità, super controllato e fisicamente usurante, che richiede alte doti di autostima, autocontrollo, motivazione e determinazione per poter essere espletato.

Oggi il pilota, soprattutto se ad inizio carriera e dipendente di una compagnia minore o “low cost”, vive una condizione di “over stress” cronico (distress), con condizioni di lavoro ed economiche spesso insoddisfacenti e precarie.

Frequentemente deve pagare per il proprio addestramento in volo, anche anni dopo essere stato assunto (“pay to fly”), è costretto a cambiare innumerevoli volte la propria residenza o nazione per rispettare contratti temporanei d’assunzione, rinunciando così alla vicinanza ed al conforto dei propri affetti.

Viene regolarmente sottoposto a controlli medici e di addestramento (medical e proficiency check) in cui esiste il rischio di perdere la propria professione.

Per le pressioni esercitate dalle compagnie aeree che operano in un mercato super competitivo per la presenza di molti vettori “low cost”, l’odierna regolamentazione europea d’impiego (FTL o Flight Time Limitations) permette orari di lavoro molto estesi per gli equipaggi di volo (fino a 18 ore di seguito) e molto meno riposo rispetto a qualche anno fa, con turni di servizio che non tengono più conto per motivi commerciali dei normali ritmi fisiologici circadiani.

A causa di questo stress imposto dall’esterno (oltre a quello autoimposto da scelte e stili di vita sbagliati, frenetici o disturbi affettivi) l’equilibrio psicologico di un pilota può facilmente incrinarsi e dare spazio all’ansia od alla depressione.

Facile essere preda di disturbi da stress o stanchezza cronici.

E’ imperativo adottare quindi strategie di mitigazione dello stress (stili di vita, interessi, affetti, sport) e prevenzione degli “stressors”.

Purtroppo questo bisogno di controllare stress e stanchezza porta spesso ad un abuso di alcool o di sostanze psicotrope (LSD, hashish, eroina, cocaina) soprattutto da parte degli equipaggi dei paesi nordici ed anglo sassoni.

Molti piloti fanno ricorso a psicofarmaci (ansiolitici, ipnotici e antidepressivi), a sedute di counseling psicologico ed a consulenze psichiatriche per poter continuare a volare.

Spesso queste terapie per motivi di privacy vengono nascoste alle compagnie aeree o agli esaminatori aeromedici (AMEs o Aviation Medical Examiners).

Ovviamente esistono controlli severi programmati per tutta la popolazione aeronautica o improvvisi fatti a campione per valutare tassi alcolemici e dipendenze varie (esami tossicologici ed enzimatici) ma qualche caso critico può purtroppo sfuggire.

Anche se i test psicodinamici e di personalità (tra cui il Minnesota test o MMPI2 e l’Hogan test), nonché i colloqui psichiatrici e psicologici, fanno parte del processo iniziale d’idoneità al volo per il conseguimento della I e II classe medica del brevetto di pilotaggio, non è possibile essere monitorati per tutta la vita dal punto di vista psicopatologico, mentre è più facile farlo per quanto riguarda l’idoneità medica, stabilita dai regolamenti europei della normativa JAR FCL3 (Flight Crew Licenses Medical Part. 3) emanati dall’agenzia di sicurezza del volo europea EASA.

Chi può controllare meglio lo stato psicologico del pilota sono i colleghi che volano con lui, che notano costantemente il suo stato mentale e le sue reazioni e che possono facilmente notare peggioramenti o improvvisi disturbi di umore e di personalità.

Per questo in aviazione esiste il Safety Reporting System (SRS) delle compagnie aeree, cioè la possibilità da parte dei colleghi piloti di far rapporto anonimo riguardo ad eventi classificati come problematiche di “Human Factors” nel campo della sicurezza del volo, senza incorrere in provvedimenti legali o disciplinari.

Noi non sappiamo al momento cosa sia accaduto realmente nella cabina di pilotaggio dell’Airbus di Germanwings, soprattutto cosa sia successo nella testa e nel SNC del suo pilota, se sia stato in preda ad un comportamento suicida o ad un malore improvviso (effetto di farmaci, ipossia, stato alterato di coscienza?), anche se dalle indagini preliminari si riscontrano elementi e situazioni personali simili a quelle dei suicidi di piloti sopra riportati.

La metodologia scelta per suicidarsi è però è particolare: gli altri piloti dopo aver staccato l’autopilota tendevano a schiantarsi al suolo rapidamente pilotando manualmente, mentre imprecavano o pregavano, mentre sembra che Lubitz abbia effettuato una discesa regolare e programmata con l’autopilota (impostando i dati di quota sul FMS o Flight Management System), selezionando per ben due volte l’altitudine di livellamento e sia poi rimasto calmo e tranquillo a godersi la scena.

Sembra quasi un atteggiamento da ubriaco o di una persona sotto gli effetti di stupefacenti.

Questo è un incidente in cui ci sono purtroppo solo tante vittime, anche se Lubitz viene mediaticamente già identificato come possibile carnefice e che rappresenta una sconfitta di tutto il sistema di sicurezza che non è riuscito a salvare ed aiutare oltre agli ignari passeggeri dell’aereo, chi più di tutti ne aveva bisogno prima di salire sul quel tragico volo: il suo pilota.


http://www.medicitalia.it/news/medi.../5578-suicidio-pilota-volo-problema-noto.html
 
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giusri

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18 Novembre 2012
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...in merito alla famosa ascia..... un pilota scrive ......

".....grossolani. Ti faccio un esempio: il Corriere fino a ieri sera riportava che il Comandante del volo Germanwings abbia tentato di rientrare in cabina di pilotaggio usando anche l’ascia in dotazione su tutti gli aerei di linea. Piccolo particolare: l’ascia e` un equipaggiamento standard, ma si trova solo in cabina di pilotaggio, quindi a lui non accessibile! A volte basterebbe del buon senso.....""
 

jack

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26 Marzo 2015
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...in merito alla famosa ascia..... un pilota scrive ......

".....grossolani. Ti faccio un esempio: il Corriere fino a ieri sera riportava che il Comandante del volo Germanwings abbia tentato di rientrare in cabina di pilotaggio usando anche l’ascia in dotazione su tutti gli aerei di linea. Piccolo particolare: l’ascia e` un equipaggiamento standard, ma si trova solo in cabina di pilotaggio, quindi a lui non accessibile! A volte basterebbe del buon senso.....""
Tieni presente che appena successo i giornali (anche testate blasonate) scrivevano di carlinga intera e qualche passeggero che "si muoveva" intorno alla carlinga...diciamo che tempo 2 anni e parleremo di qualcosa di utile. Non credo valga la pena perdere ulteriore tempo...Buona giornata
 

DusCgn

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Lubitz era affetto da tendenze suicide

Attilio Geroni31 marzo 2015


È un viaggio nel cuore di tenebra di una persona. E nell’imbarazzo di una nazione e di un sistema-Paese che hanno fatto della sicurezza e della riduzione degli imprevisti una ragion d’essere, un tratto distintivo, quasi un sinonimo: Germania uguale affidabilità, in politica interna e internazionale, e negli aspetti più o meno rilevanti della vita quotidiana. In più, un baluardo della privacy, protetta da leggi difficilmente sormontabili. Così, ogni nuova rivelazione su Andreas Lubitz è agghiacciante, suscita rabbia e incomprensione.

Del copilota che deliberatamente ha fatto schiantare l’Airbus di Germanwings sulle Alpi della Provenza uccidendo 149 persone, le fonti distillano un orrore quotidiano. Ieri si è saputo che ancora prima di prendere la licenza di volo era stato sottoposto a trattamento psichiatrico poiché affetto da tendenze suicide. La fonte è la procura di Düsseldorf ed è un’altra informazione sfuggita – tra le tante – al suo datore di lavoro. Lubitz aveva nascosto tutto a tutti dietro lo schermo della privacy medica, che in base alla legge tedesca non dà accesso ai datori di lavoro a eventuali cartelle cliniche e certificati dei propri dipendenti. Sta solo al medico curante, nel caso in cui ravveda gli estremi di un pericolo per la vita di terzi, contravvenire alle regole.

Il risultato è che Lufthansa, casa madre di Germanwings, non dispondeva di tutti quegli elementi che avrebbero certamente impedito ad Andreas Lubitz di volare. Una lista lunga, che va dal trattamento per depressione e attacchi d’ansia, per i quali aveva interrotto l’addestramento da pilota nel 2009, ai presunti problemi alla retina che gli avrebbero impedito una brillante carriera all’interno della compagnia aerea accrescendo la propria frustrazione, fino alle rivelazioni dell’ex fidanzata sulla frase profetica: «Un giorno compierò un gesto per il quale tutti ricorderanno il mio nome». Difficile a questo punto capire la posizione di Lufthansa e le possibili conseguenze per la società. Basterà la normativa tedesca, sulla base della quale non era tenuta a conoscere l’orrore in cui stava sprofondando la psiche di un suo dipendente, a limitarne la responsabilità? Secondo gli esperti interpellati dal Wall Stree Journal la compagnia tedesca potrebbe affrontare problemi legali non da poco: «La compagnia aerea ha una responsabilità illimitata, a meno che non possa provare di non aver commesso errori», ha detto al giornale americano Steven Marks, avvocato, esperto di aviazione per lo studio legale Podhurst Orseck.

Carsten Spohr, Ceo di Lufthansa, ha fatto fatica nei giorni scorsi a essere convincente quando ha ribadito l’orgoglio tedesco di sempre parlando dei sistemi di selezioni e addestramento: «I nostri piloti sono e continueranno a essere i migliori nel mondo». Resta però un buio costante nel rapporto tra l’azienda e il dipendente che ha portato alla morte i passeggeri dei quali era responsabile. Il Paese è comunque sconvolto, i media si interrogano sul mito dell’affidabilità, ma difficilmente riescono a farsene una ragione. In un lungo reportage sulla tragedia la Frankfurter Allgemeine Zeitung non nascondeva il disorientamento: «Chi avrebbe mai potuto immaginare che il nemico si sarebbe seduto alla cabina di pilotaggio e che un sistema di screening psicologico rigoroso come quello di Lufthansa, dove soltanto un candidato su quattro riesce a passare, si sarebbe rivelato inadeguato in questo caso?». Domande senza risposta. Per sintetizzare gesti simili i tedeschi utilizzano una parola di origine malese, Amok, furia omicida. Fa paura e rende superflua qualsiasi spiegazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


http://www.ilsole24ore.com/art/mond...o-tendenze-suicide-063826.shtml?uuid=ABY5g6HD
 

EY460

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Il suicidio del pilota in volo: un problema noto
Dr. Fabio Flenda
....
http://www.medicitalia.it/news/medi.../5578-suicidio-pilota-volo-problema-noto.html
Vorrei solo fare una considerazione. Nell'articolo vengono citati molti precedenti di suicidi di piloti, ma non si fa riferimento al piu' recente e secondo me piu' simile a quello della Germanwings: il 29 novembre 2013 il pilota di un E190 della LAM si chiude in cabina e fa schinatare l'aereo al suolo. In questo caso e' il co-pilota a non riuscire a rientrare in cabina a causa della porta blindata. E' stato fatto niente? L'incidente e' finito nel dimenticatoio.
 
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enrico

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Rapallo, Liguria.
Vorrei solo fare una considerazione. Nell'articolo vengono citati molti precedenti di suicidi di piloti, ma non si fa riferimento al piu' recente e secondo me piu' simile a quello della Germanwings: il 29 novembre 2013 il pilota di un E190 della LAM si chiude in cabina e fa schinatare l'aereo al suolo. In questo caso e' il co-pilota a non riuscire a rientrare in cabina a causa della porta blindata. E' stato fatto niente? L'incidente e' finito nel dimenticatoio.
Per la cronaca: http://avherald.com/h?article=46c3abde
 

gjangj

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Una riflessione molto generale che, personalmente, mi stupisce non sia stata fatta dal medico autore dell’articolo che, proprio perché trattasi di professionista, da lui mi sarei aspettata: un conto è il suicidio sull’impatto emotivo di un grosso shock (lutto, bancarotta, delusione sentimentale…) nei riguardi di persone “momentaneamente” fragili e che, se ne avessero la possibilità, probabilmente non ripeterebbero il gesto se accompagnati in un percorso di supporto adeguato, o se – miracolosamente – il motivo che li ha portati a compiere quel gesto dovesse rientrare. Un altro è la persona – e non mi sto riferendo al pilota Lubitz che potrebbe o non potrebbe rientrare in quest’ordine – che ha alle spalle una storia clinica decennale, dove il disturbo è insito nel suo DNA e non importa quale possa essere lo spunto perché il suo disagio nei confronti di sé stesso e del mondo si manifesti, per uno che va, un nuovo obiettivo verrà focalizzato nella sua mente.
Sono due situazioni che clinicamente non trovano significativi punti di contatto. Se il primo difficilmente avrai modo di fermarlo prima che compia il gesto perché i segnali di una depressione possono non essere così evidenti, o comunque possono essere compresi anche da chi ti sta accanto o lavora con te come naturalmente sintomatici di una lacerazione interiore in seguito ad un gravissimo dispiacere, il secondo no. Il secondo caso è francamente inaccettabile che non emerga. Succede, ma non trova giustificazioni se non nella mancanza di coordinamento, serietà e professionalità da parte di tutti coloro i quali sono coinvolti nei complicatissimi risvolti psichici di un paziente, ohibò, nato malato.
Trovo che l’associazione di tutti quelli che si sono suicidati in volo quasi a dimostrare che siano fatica, stress e vita privata da ciò inevitabilmente distrutta o quasi, quali cause, sia estremamente riduttiva e semplicistica. Errata, aggiungo, visto che il punto di partenza vuole essere Lubitz e quanto sino ad ora sembrerebbe emergere sul suo conto. Da un medico non me lo aspetterei.
Le vittime? I passeggeri e i restanti membri dell’equipaggio. Trovo retorico pensare che, in casi come questi, anche il suicida sia stato una vittima.
 

DusCgn

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Vorrei solo fare una considerazione. Nell'articolo vengono citati molti precedenti di suicidi di piloti, ma non si fa riferimento al piu' recente e secondo me piu' simile a quello della Germanwings: il 29 novembre 2013 il pilota di un E190 della LAM si chiude in cabina e fa schinatare l'aereo al suolo. In questo caso e' il co-pilota a non riuscire a rientrare in cabina a causa della porta blindata. E' stato fatto niente? L'incidente e' finito nel dimenticatoio.
È passato sotto silenzio in quanto coinvolgeva una piccola compagnia i pax non erano molti a bordo e probabilmente si aveva la presunzione di pensare che certe cose non succedono nella parte civilizzato del mondo.
Triste ma temo che queste siano state le ragioni.
Tra l altro Quell E90 della LAM aveva pochissimi mesi di vita
 

kenyaprince

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È passato sotto silenzio in quanto coinvolgeva una piccola compagnia i pax non erano molti a bordo e probabilmente si aveva la presunzione di pensare che certe cose non succedono nella parte civilizzato del mondo.
Triste ma temo che queste siano state le ragioni.
Tra l altro Quell E90 della LAM aveva pochissimi mesi di vita
Drammatico, io non ne sapevo nulla.
 

BGW

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È passato sotto silenzio in quanto coinvolgeva una piccola compagnia i pax non erano molti a bordo e probabilmente si aveva la presunzione di pensare che certe cose non succedono nella parte civilizzato del mondo.
Triste ma temo che queste siano state le ragioni.
Tra l altro Quell E90 della LAM aveva pochissimi mesi di vita
In generale dell'Africa, a meno che non siano coinvolti turisti occidentali, al resto del mondo non frega un fico secco
 

DusCgn

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Drammatico, io non ne sapevo nulla.
nell immediato si pensava fosse colpa del maltempo.

Poi passata la brevissima attenzione mediatica che l aveva archiviato come un "banale" incidente che non aveva nulla di interessante da dire per Studio Aperto gossip le indagini hanno evidenziato la verità.
ma a quel punto interessava solo a pochi siti specializzati, non ha avuto grande risonanza.
 

East End Ave

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su e giu' sull'atlantico...
In generale dell'Africa, a meno che non siano coinvolti turisti occidentali, al resto del mondo non frega un fico secco
quanti incidenti nell'area del sud-est asiatico trovano spazio solo nei trafiletti?
In questo frangente invece, non posso fare a meno di notare come l'asticella sia stata posta su due targets da impallinare:

- sicurezza delle low cost , e poi, quando la tesi e' sfumata miserevolmente,
- Lufthansa, sulla quale si stanno riversando vomiti accusatori senza precedenti, fino a darla in bancarotta

Chi spinge per questo? E come? O e' davvero solo follia giornalaia?
 

Spignecarrelli

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Un ascia è fra le dotazione di bordo, come già detto, nel caso ci sia bisogno di accedere dietro a qualche pannello in emergenza (fuoco? fumo?)
Nell'A320 è in cockpit, quindi il comandante non può averla usata dal di fuori
Stessa cosa sugli ATR di sicuro, ma credo che sia ragionevole pensare che sia così per tutti i modelli, altrimenti la sicurezza andrebbe a farsi benedire.
Una domanda ingenua. Ma su qualche tipo di mezzo e' facilmente accessibile a chiunque a bordo? Ovviamente la risposta sara' no, e ovviamente non mi sembra il caso di pubblicare ulteriori dettagli, anche se fosse un segreto di pulcinella. Mi incuriosiva solo quello che ad un profano sembra essere un altro gatto che si morde la coda per la sicurezza a bordo...Non dubito che sia stato strapensato nelle sedi opportune.
La Crash Axe è un equipaggiamento di bordo rigidamente regolamentato.
E' vero che negli aerei passeggeri di piccole dimensioni come i 320 (e solitamente tutti i Narrow Body) ne sia prevista solo una in cockpit.
E' altresì vero che nei Wide Body ne sia prevista una seconda.... e qui, ovviamente, mi fermo.
Consideriamo anche che, malgrado gli sforzi profusi, ancora oggi molti oggetti potrebbero rappresentare un'arma impropria...
Penso alle bottiglie di vino usate per il servizio, ad esempio...
In questo caso subentra il senso di responsabilità dell'equipaggio di cabina, che è appositamente addestrato per prestare un occhio alla sicurezza, prima ancora che a essere servizievole nei confronti del passeggero.
 

speedbird001

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Ho riflettuto abbastanza a lungo sulla questione porta o non porta, poi mi sono ricordato di un episodio avvenuto tanti anni fa, ovvero il pilota kamikaze della Jal.
Nel febbraio del 1982 un DC8 della Jal era in avvicinamento a Tokyo, a 200 piedi , sopra la baia, il comandante spinse deliberatamente giù il muso, ingaggiando contemporaneamente il reverse dei motori 2 e 3.
Nonostante i tentativi del secondo e del navigatore a bordo, l'aereo cadde nella baia uccidendo 24 persone.
Il comandante prese una delle prime zattere di salvataggio, si tolse l'uniforme e disse che era un passeggero scampato al disastro.
Successivamente venne scoperto e arrestato.
Venne fuori tuttavia che Seiji Katagiri, questo il nome del comandante , era stato posto in congedo per un anno a causa di problemi pschici e allucinazioni, inoltre più volte gli era stato richiesto di vedere uno psichiatra e sua moglie aveva avvertito che il marito aveva grossi problemi.
Nonostante tutto era al comando di un DC8.
Per colmo dell'ironia, venne assolto da ogni accusa perchè giudicato incapace di intendere e di volere.
Se ci pensate, se a 100 o 200 piedi in atterraggio , il pilota suicida spinge la cloche verso terra o verso l'acqua , c'è ben poco da fare, basta un attimo, ci siano uno o più piloti in cabina.
Pertanto, si, un membro in più in cabina , mentre il volo è livellato, possono costituire un deterrente, ma se uno va fuori di testa, può decidere di farlo in ogni momento.
Sono episodi che vanno al di là della umana comprensione, il deterrente sono i controlli clinici, ovvero prevenire prima che succeda, però è molto difficile.