Qui sono spiegati i criteri adottati dalla Grecia per individuare gli aeroporti delle zone considerare a rischio:
ALESSIO QUARANTA, NEL BOARD EASA
Grecia, l’italiano dell’ente Ue per la sicurezza aerea: «Non è una black list, sono gli Stati a decidere»
L’ultimo aggiornamento del bollettino dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea che la Grecia ha usato per la riapertura dei confini indica Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna come « zone rosse»
di Leonard Berberi
Il bollettino dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) che
la Grecia ha utilizzato per introdurre misure di prevenzione nei confronti degli italiani è un documento di quattro pagine e un elenco delle aree «con un alto rischio di trasmissione del Covid-19». Nell’ultimo aggiornamento, il 14esimo, le zone italiane «attenzionate» — e i relativi aeroporti — sono quattro: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Un tempo, e parliamo di fine marzo, c’erano anche la Toscana e le Marche. «Ma questa non è una black list, non prevede l’interdizione dei collegamenti da e per il Nord Italia», chiarisce al Corriere Alessio Quaranta, direttore generale del nostro Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) e membro del board direttivo dell’Easa. «Quella lista nasce per raccogliere
le informazioni provenienti dagli Statie per indicare quelle che in un dato momento sono le zone più a rischio: tutto questo viene poi comunicato alle compagnie e agli aeroporti perché possano fare le loro valutazioni».
Il bollettino viene modificato ogni settimana, di pari passo con l’evoluzione della pandemia, ed è passato inosservato, complice il quasi azzeramento del trasporto aereo. «La sua compilazione è imparziale — dice Quaranta —, avviene in maniera autonoma, non è frutto della negoziazione con i Paesi». A occuparsene è un comitato tecnico apposito. Semmai è un documento che suggerisce, se si vuole, di aggiungere una ulteriore verifica dei passeggeri in arrivo da certe località. Da Easa spiegano che l’inserimento o meno di una zona o di un aeroporto nella lista avviene soltanto attraverso l’analisi dei dati scientifico-statistici e incrociando alcuni indicatori: il numero di casi attivi in rapporto alla popolazione, i guariti, la progressione quotidiana delle nuove infezioni, il tasso di letalità, il numero dei tamponi, l’incidenza sulle aree urbane e su quelle extraurbane, le dimensioni e il numero delle piste nei dintorni.
Nella «lista degli aeroporti situati nelle aree con un alto rischio di trasmissione» del Covid-19, efficace dal 29 maggio, non ci sono soltanto gli impianti delle quattro Regioni italiane, ma anche «tutti gli scali del Belgio», dell’Île-de-France (tradotto: Parigi), Amsterdam, Madrid e Barcellona, Londra e Stoccolma. La Germania (una parte), inserita ad aprile, è fuori dalla soglia di attenzione. Ci sono anche i «Paesi terzi» dall’Afghanistan agli Usa. «Sulla questione coronavirus la decisione di aprire o meno gli spazi aerei dipende dalle autorità sanitarie locali, non da quelle aeronautiche», sottolinea Quaranta. Anche perché, fa notare, l’elenco «non previene le triangolazioni»: uno può partire da Milano e arrivare agevolmente ad Atene facendo scalo in una zona non a rischio.
Alessio Quaranta, nel board dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea: l'ultimo bollettino usato dalla Grecia per riaprire i confini indica Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna come « zone rosse»
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